Mentre le donne e gli uomini del nostro tempo si apprestano a programmare e vivere questi giorni di vacanze, che vedono in calendario le festività dell’1 e 2 novembre, organizzando viaggi, feste notturne e altri momenti che favoriscano il divertimento e forse anche il riposo, la Chiesa invita a fermare l’attenzione di tutti fissando lo sguardo su quegli orizzonti di speranza che proprio a partire da questi due giorni si schiudono dinanzi ai nostri occhi.
L’orizzonte sconfinato del cielo è “luogo teologico” in cui abita Dio e quanti sono giusti. Pieni di buona volontà, dal tratto umano sincero e trasparente, che hanno seminato amore a piene mani… e tra tutti questi, coloro che si sono lasciati abbracciare dalla tenerezza di Dio, innamorandosi di lui tanto da potergli somigliare e così realizzare il suo progetto che è pienezza di umanità. Questa pienezza si è soliti chiamare felicità.
1 Novembre, felicità è santità
Chi non conosce la fatica nel raggiungerla e, talvolta per i più scettici, l’illusione di averla raggiunta per poi perderla nuovamente in un dinamismo che sovente si ripete nelle stagioni della vita. La felicità è realizzazione della propria vita, accettare l’essenza della propria esistenza e metterla nelle mani e nel cuore di chi ci ama.
Per questo la Chiesa, che traduce la bellezza della trascendenza di Dio nella concreta immanenza delle ordinarie giornate dell’uomo, afferma con chiarezza che felicità è santità. Perché pienezza di vita è santità, in quanto realizzare il progetto di Dio su ogni creatura umana è conseguire la santità.
Un recente documento del magistero di Papa Francesco, l’esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate”, può aiutare a comprendere ancor di più il fascino della santità che Dio sogna per l’umanità. Offrendo gli strumenti necessari affinché quotidianamente ognuno possa fare un passo in avanti nel conseguirla.
“Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente”, afferma il Papa.
A ben pensarci, riflettendo seriamente e chissà… forse per alcuni con un pizzico di umano opportunismo, perché preferire la mediocrità, la zavorra del basso profilo più diffuso come “low profile”, l’opacità alla luce, la bruttezza alla bellezza? Ecco la santità! E perché non sembri una meta a numero chiuso, sempre Francesco ricorda “che siamo circondati da una moltitudine di testimoni che ci spronano a non fermarci lungo la strada. Ci stimolano a continuare a camminare verso la meta… e tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine”.
1 Novembre, il percorso per la santità
Ma, allora, come si può raggiungere la santità? Ecco un possibile percorso. Santità è essere trasparenza dell’essere creati immagine e somiglianza di Dio. È un invito rivolto e accolto dagli uomini, basti vedere gli elenchi di uomini e donne, ragazzi e giovani, chierici e laici. Quindi, se alcuni ci sono riusciti, perché altri non dovrebbero? Si radica nel battesimo, che ci unisce per sempre al Signore, e si esprime nella ordinarietà della vita. Non esiste una santità preconfezionata. Ma è l’abito su misura che Dio, attraverso il suo Spirito, cuce su ciascuno, con tutte le imperfezioni e i tagli da operare. Trasuda concretezza e quotidianità.
Afferma il Papa: “siamo chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione”. A compendio di tutto, il pensiero di un santo contemporaneo, Josemaría Escrivá: “Vuoi davvero essere santo? Compi il piccolo dovere d’ogni momento: fa’ quello che devi e sta’ in quello che fai”.
Don Gio’ Tavilla