Ancora sangue, ancora odio. Non si placa la guerra a Donetsk, la città messa a ferro e fuoco dalle artiglierie dei separatisti e delle truppe governative nella regione orientale dell’Ucraina a confine con la Russia. Il 22 gennaio è il giorno in cui l’Ucraina celebra la festa dell’unità nazionale. Ma l’orgoglio nazionale si è bagnato di sangue in questa parte dimenticata dell’Europa: un colpo di artiglieria ha centrato un autobus di linea. Secondo i testimoni oculari citati dall’agenzia “Dan-news Info”, la fermata sarebbe stata colpita da cinque colpi di mortaio mentre stava passando un filobus, che ha preso fuoco, insieme ad un’auto di passaggio. Sono almeno 13 le vittime e decine i feriti. Le immagini trasmesse dalla tv Rossia 24 mostrano devastazione, vetri rotti, fumo e cenere, cadaveri dappertutto, sull’autobus, per strada. Il massacro segna purtroppo solo il culmine di 24 ore di violenze che hanno provocato la morte di decine di persone a Gorlivka, altre nella battaglia per il controllo dell’aeroporto di Donetsk e altre ancora a Lugansk. È di pochi giorni fa la notizia di un altro attentato contro un autobus nella città dell’est di Volnovakha, in cui hanno perso la vita altre 13 persone. E più il bollettino di guerra si fa duro, più intenso si fa il rimpallo delle responsabilità: secondo i filorussi gli attentati sarebbero stati messi a segno dalle forze di Kiev mentre sui social media circolano immagini di soldati ucraini presi prigionieri dai filorussi condotti in parata sul luogo dell’attentato, alcuni picchiati selvaggiamente in pubblico. La guerra è così: uccide, devasta. E tutto è ricoperto da una coltre di fumo.
“L’Unione è la forza del popolo ucraino”. Il Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk non smette di ricordarlo dal giorno in cui l’Ucraina sta combattendo la sua battaglia per l’integrità del suo territorio. E per la festa dell’Unità nazionale che si celebra nel giorno in cui nel 1919 si firmò l’atto di unificazione che dette vita alla Repubblica Popolare Ucraina, il vescovo si è recato nella piccola cappella ecumenica in legno costruita dopo la rivoluzione di Maidan a Kiev in via Institytutska ed ha celebrato una liturgia esortando le persone di buona volontà e tutti i fedeli della Chiesa greco-cattolica a rimanere in preghiera e digiuno per il paese. “Oggi – ha detto – non dobbiamo indebolire le nostre preghiere. Perché questa preghiera comune che viene recitata in diverse parti dell’Ucraina, ci unisce davanti a Dio ed è la chiave della nostra vittoria”.
L’aeroporto di Donetsk. Sono ore cruciali per l’Ucraina. Dopo mesi di combattimenti, il ministro della difesa ucraino conferma che i militari di Kiev sono dovuti indietreggiare di fronte all’avanzata ribelle ed hanno abbandonato l’aeroporto di Donetsk, ormai completamente distrutto dai bombardamenti. È il drone della “Army SOS”, un’organizzazione umanitaria vicina alle forze governative ucraine, a trasmettere le immagini aeree dello scalo mostrando che dell’aeroporto non resta praticamente più nulla. E pensare che era il fiore all’occhiello del Paese: è costato più di 500 milioni di euro e la sua ristrutturazione, tutta all’insegna dell’efficienza e della più aggiornata modernità architettonica, è stato uno dei vanti che l’Ucraina ha potuto esibire al mondo, quando si sono disputati gli europei di calcio del 2012, organizzati congiuntamente con la Polonia. Questo accadeva solo tre anni fa. “L’epopea della difesa eroica dell’aeroporto – scrivono oggi su Fb i militari filogovernativi – è durata 242 giorni, cioè più della difesa di Stalingrado e di Mosca durante la guerra patriottica (la Seconda Guerra Mondiale, ndr). Speriamo che passi un po’ di tempo, dopo il quale la bandiera nazionale ucraina torni a sventolare sull’aeroporto”. E mentre in Ucraina si combatteva, a Berlino, in un vertice tra Ucraina, Russia e Francia guidato dal ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, si è raggiunto un accordo per la deposizione delle armi pesanti da parte di entrambi gli schieramenti. Ma le immagini dei droni e delle tv dimostrano quanto sia ancora lontana la piena attuazione dei negoziati di pace avviati a Minsk nel settembre del 2014.
“Per noi ucraini”, ha detto Sua Beatitudine Shevchuk, il termine “unità” ha un alto significato. “Il nostro popolo nel corso della storia era diviso tra diversi imperi” e l’atto di unificazione del 1919 ha unito “tutti coloro che volevano vivere in una Ucraina unita, libera e indipendente”. Da qui il significato di celebrare il Giorno dell’unità con la preghiera in un luogo simbolo della nuova Ucraina che sta cercando di rinascere dopo i fatti di Maidan, e cioè nella piccola chiesa di legno sulla strada Institutsk. “Abbiamo sentito – ha detto il vescovo – che l’unità non è un solo un dato geografico o astratto. È la forza del popolo ucraino”.
Maria Chiara Biagioni