25 aprile / Giarre ricorda il partigiano Antonino Garufi intitolandogli una strada

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Antonino Garufi

«I pidocchi passeggiavano in tutto il corpo, magari espatriavano sull’altro compagno. Non li disturbavamo, solo loro erano liberi». Sono parole di Antonino Garufi. Uno dei tanti che hanno vissuto sulla propria pelle e nella loro anima l’esperienza tragica della deportazione nei campi di concentramento nazisti. Di quella esperienza il Comune di Giarre ha voluto fissare la memoria con l’intitolazione al partigiano Garufi di una via cittadina, nel quartiere di Altarello, quello in cui egli visse, in occasione della celebrazione del 25 aprile, che ricorda la liberazione dal nazi-fascismo.

Nato a Giarre il 13 ottobre 1918, Antonino Garufi è deceduto a Catania il 22 dicembre 1997. Aveva appena conseguito la licenza elementare quando cominciò ancora ragazzino a lavorare come operaio. Arruolatosi come ausiliario nell’arma dei Carabinieri, ove prestò servizio nelle Legioni di Palermo e di Milano, dopo l’armistizio del 1943 aderì alla Resistenza in forza alla Brigata partigiana Osoppo in Friuli. I nazisti lo catturarono e lo internarono nel campo di concentramento di Dachau e poi in quello di Buchenwald.Svelamento targa nella strada per Antonino Garufi

Il libro di Antonino Garufi una testimonianza da ripubblicare

«Piangevo in silenzio – racconta ancora nelle sue memorie – preferivo che mi avessero fucilato per non vedere lo strazio inumano di una donna col bambino in braccio. Gli dava la mammella, ma latte non ne aveva, il bimbo gridava sempre più».

Quella drammatica esperienza è dettagliatamente descritta nel suo libro autobiografico “Diario di un deportato. Da Dachau a Buchenwald comando Ohrdruf”, pubblicato nel 1990.
Nel corso della cerimonia commemorativa è stata auspicata la ripubblicazione di questo testo. Esso costituisce non soltanto un importante elemento conoscitivo di quella drammatica pagina della storia contemporanea, ma anche una preziosa testimonianza per le nuove generazioni che, traendo ammonimento dalle atrocità naziste, contribuisce a formare una sana coscienza civile per non correre il rischio di piegarsi alle non ancora spente derive autoritarie e antidemocratiche.

Paolo Amato