Si conclude l’avventura del governo Renzi, trionfa il “NO” al referendum con oltre il 59% ed una straordinaria affluenza superiore al 68% ed innesca la reazione a catena prima annunciata e poi smentita nel corso della campagna referendaria dal premier. “Mi dimetto, anzi no”: la sintesi del pensiero di Renzi, nel corso della campagna per il SI al referendum è tutta qui. Un referendum che era stato trasformato in una sorta di richiesta di fiducia popolare al governo più che un interrogativo sulla riforma costituzionale e che ha visto il premier puntare tutto e quasi confondendo l’elettore che alla fine ha votato più per levare la poltrona al premier che per la riforma stessa. Un’ora dopo la chiusura delle urne il premier si presenta di fronte alle telecamere per un messaggio di chiusura: un saluto spettacolarizzato ed un in bocca al lupo al suo successore. Peccato che la notte tra il 4 ed il 5 dicembre racconta la scelta del popolo in merito alla riforma costituzionale e non la scelta di un nuovo governo, ergo non vi è un successore o un’alternativa fisica al governo attualmente in carica. «È stata una grande festa della democrazia, una festa segnata da un contesto in cui tanti cittadini si sono comunque avvicinati e riavvicinati alla carta costituzionale e questo è molto significativo. Sono fiero ed orgoglioso che il parlamento abbia dato possibilità al popolo di esprimersi. Il NO ha vinto in modo straordinariamente netto. Questo voto consegna onori e oneri insieme ad una grande responsabilità. Tocca a chi ha vinto portare avanti proposte serie e credibili. Agli amici del SI vorrei consegnare un abbraccio forte ed affettuoso, abbiamo dato una chance di cambiamento ma non ce l’abbiamo fatta. Mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta. Ho perso io. Quando uno perde non fa finta di nulla, com’era evidente e scontato l’esperienza del mio governo finisce qui. Domani pomeriggio riunirò il Consiglio dei Ministri e salirò al Quirinale dove consegnerò le mie dimissioni». Le forze politiche che hanno puntato sul “NO” spingono per andare di corsa alle elezioni, Movimento 5 Stelle e Lega in primis: ultime scorie di un referendum che per toni, messaggi e conclusione tutto è stato fuorchè una proposta di riforma costituzionale.
Andrea Viscuso