Don Arturo Grasso, direttore dell’Ufficio delle Comunicazioni Sociali scrive ai sacerdoti della Diocesi di Acireale. Il testo della sua lettera.
Nel giorno della solennità dell’Ascensione del Signore, domenica 24 maggio, cade la 54esima giornata, dedicata ad un’ampia riflessione sul mondo delle comunicazioni sociali.
“Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10, 2) – La vita si fa storia – è il tema che papa Francesco ha affrontato nel suo messaggio per una sempre più attenta e capillare comunicazione. Il fattore cruciale sta nella capacità di discernere la grande quantità di informazioni che oggi vengono veicolate e dal pericolo deepfake.
“Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita”, così l’incipit della lettera del Santo Padre e continua “Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”.
L’uomo, bisognoso di raccontare se stesso, si scopre e si arricchisce vivendo nel contesto in cui vive. La storia si forma giorno dopo giorno davanti ai nostri occhi. La Storia delle Storie, ovvero la Sacra Scrittura, ci presenta, infatti, Dio creatore che forma, ma anche Dio narratore, perché racconta la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità, che Cristo porta a compimento.
“Non si tratta perciò di inseguire le logiche dello storytelling, nè di fare o farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio”, creature amate e redente chiamate a intrecciare di misericordia le trame dei giorni. Atteniamoci ad informazioni verificate, “non ripetiamo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, perché così non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità”, privandolo della memoria della sua storia.
La comunicazione si può considerare pastorale estroversa. Tale concetto si scontra con la pastorale classica che mantiene tutto ben fermo e paralizza le relazioni con il mondo. Bisogna ripartire dalla missione e quindi Chiesa in uscita (E.G.24), intesa come comunità di credenti che prende l’iniziativa, si relaziona con il Mondo, costruisce la storia dell’umanità, mantiene viva la memoria per abitare il presente e alza gli occhi verso il cielo.
Una riflessione va compiuta riguardo alla fase emergenziale dovuta alla diffusione epidemiologica da SARS-Cov-2. La crisi ha velocizzato il processo di informatizzazione e digitalizzazione, già in corso da anni, con celebrazioni eucaristiche in diretta streaming, catechesi, app per pregare ed iniziative varie; ci ha permesso di stare vicini anche a distanza.
La maggior parte dei fedeli ha trovato nella tecnologia un supporto per conservare lo spirito di comunità. Tale contesto ha reso evidente questo bisogno ed ha stimolato la maggior parte delle nostre realtà parrocchiali ad attrezzarsi in tal senso. L’esserci di presenza e l’esserci online di fatto non sono intercambiabili, perché la bellezza dell’incontro e della celebrazione dei sacramenti sono il fondamento della relazione dialogica con Dio e con gli uomini.
A fronte di questo, “Quella che stiamo vivendo – parole profetiche pronunziate dal Santo Padre lo scorso anno – non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca”. Ciò non impedirà che alcune soluzioni e pratiche intraprese saranno utili anche dopo l’emergenza. La storia ci mostra che in ogni tempo la fede ha conosciuto modi di approccio e pedagogie diverse, basandosi sempre sulla roccia solida “Gesù Cristo, che “non è un patrimonio del passato, è la nostra storia, sempre attuale”.
Acireale, 21 maggio 2020
Don Arturo Grasso
direttore