Anche il tema più importante e delicato, in questo momento, mentre impazza la guerra dovuta all’ occupazione russa in Ucraina, rischia di perdere ogni interesse dinanzi ai morti e alla distruzione indiscriminata.
Così è per il grande tema della parità uomo-donna nella famiglia e nella società, che presenta aspetti storici problematici irrisolti, anche se si notano deboli segnali di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di un lento processo di parificazione.
Alla vigilia dell’8 marzo, in cui si celebra la Festa della donna, abbiamo intervistato Margherita Ferro, consigliera di parità per la Sicilia.
Con quale animo, mentre si esce faticosamente dalla pandemia e si combatte una terribile guerra nel cuore dell’Europa, i cui effetti, non solo psicologici, si fanno sentire anche in Italia e nella nostra isola, si appresta a celebrare la prossima “Festa della donna”?
Con animo triste, anzi affranto, ma confortata dalla constatazione che sono proprio le donne ad affrontare, ancora adesso, con coraggio e grandi sacrifici la pandemia e oggi l’immane tragedia della guerra nel cuore dell’Europa.
Proprio le donne, infatti, hanno alleggerito, per quanto possibile, alle famiglie le conseguenze della pandemia e delle conseguenti restrizioni, caricandosi di maggiori impegni, lavoro e responsabilità. E oggi, per parlare solo delle donne italiane, e siciliane in particolare, sono in prima fila nella campagna di solidarietà per l’Ucraina. E, soprattutto, per quanti abitano o hanno parenti in Sicilia.
Si terranno celebrazioni particolari?
No, forse come non mai, questi tempi sono consoni più alla riflessione e all’impegno che alle feste.
Ci sono stati miglioramenti, nell’ultimo anno in Sicilia, nel processo di parificazione?
Sostanzialmente no, l’equivalenza di genere resta un obiettivo da raggiungere. In effetti si sono registrate le solite numerose dichiarazioni, e anche tanti impegni più o meno solenni; ma niente di veramente concreto.
In Sicilia, per le elezioni regionali, non è previsto il doppio voto di genere. Non pensa che sia umiliante, dato che la nostra è l’unica regione italiana che non prevede l’obbligo della preferenza uomo-donna?
Direi umiliante e miope perché, con poche donne in Assemblea regionale, la Sicilia perde l’opportunità di mettere a disposizione della comunità isolana le grandi risorse di quante dimostrano ogni giorno grandi capacità politiche, manageriali, amministrative in parte strettamente legate al “genio” femminile.
Quali normative si devono modificare per spingere verso la parità?
Basterebbe applicare appieno la Costituzione, appunto, negli articoli che trattano dei diritti civili e della equivalenza di genere nella società. Qualche segnale positivo, in effetti, si registra proprio nella società. Anche se una recente ricerca conferma che, nella nostra isola, le donne manager sono sempre poche rispetto agli uomini. Mentre si registra un dato opposto che fa gridare al miracolo: in provincia di Enna, le donne manager sono più numerose degli uomini.
Cosa si può fare, a livello legislativo ma anche nei Comuni e negli organi associativi e di rappresentanza privati, per affrettare il cammino verso la parità?
Una grande occasione è il “Recovery Fund”, che prevede ben 27 miliardi e 600 milioni di euro per il capitolo della inclusione sociale. Nella quale occorre investire nella formazione, nella ricerca e nei servizi socio-sanitari. Prioritario è un piano di occupazione femminile che, con il lavoro vero, assicuri la crescita.
Fondamentale è la cultura paritaria per la quale importanti sono, oltre che le iniziative legislative, le azioni di tutti gli agenti educativi e di formazione. In particolare, con l’assistenza alle donne vittime di violenza, si dovrebbe avviare anche quella dedicata agli uomini maltrattanti.
Quale augurio si sente di porgere alle donne in occasione dell’8 marzo 2022?
Sarebbe semplicistico augurarsi di non perdere la speranza. Preferisco augurare di non perdere la voglia di lottare per la parità di genere, consapevoli che ci si batte per una società migliore.
Maria Pia Risa