“La Civiltà Cattolica”, la rivista più antica d’Italia, si rinnova. Nuova impaginazione grafica, cambio della copertina, nuovo carattere dei testi e nuove gabbie interne. I gesuiti scelgono di scrivere i loro testi in cardo, un font open source in uso in ambito accademico. La versione digitale sarà a dsposizione di tutti i tablet con applicazioni su iPad, iPhone, Android, Kindle Fire e Windows 8. Tutti i lettori con un solo abbonamento potranno leggerla sia in formato cartaceo sia in quello digitale. Inoltre, grazie alla collaborazione di Google, saranno resi fruibili su web tutti i fascicoli pubblicati dal 1850. Sono previste anche forme instant book digitali che raccolgono articoli pubblicati nel corso degli anni su alcuni argomenti significativi per offrire al lettore una panoramica esaustiva di come è stato trattato.
“Non intendiamo semplicemente seguire e commentare eventi culturali o riflessioni già formulate – ha dichiarato il Direttore padre Antonio Spadaro s.j. ai giornalisti accreditati in sala stampa vaticana – per quanto ci è possibile vogliamo intuire ciò che sarà, anticipare le tendenze e i fenomeni, prevederne l’impatto, tenere desta l’attenzione dei nostri lettori”.
Per ciò che concerne la struttura della rivista, scompaiono le “cronache” per lasciar posto ai “focus”, approfondimenti critici sulla contemporaneità di carattere politico, conomico, internazionale, di società, di diritto. La riflessione ulla Chiesa avrà un posto fisso al centro della rivista; appaiono anche nuove rubriche mobili quali il “Profilo” e l’“Intervista”. Aumenterà anche la presenza di firme internazionali di padri gesuiti e la varietà degli argomenti trattati.
L’obiettivo di questi cambiamenti, afferma l’editoriale de La Civiltà Cattolica: “resta quello sintetizzato da Papa Francesco: ‘raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del nostro tempo’ e ‘offrire gli elementi per una lettura della realtà con ‘una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza”‘.
La rivista dei gesuiti italiani si apre anche al digitale e sarà fruibile in formato digitale su tutti i tablet.
Abbiamo chiesto al gesuita padre Francesco Occhetta, consulente ecclesiastico dell’Ucsi e scrittore del Collegio de “La Civiltà Cattolica” di spiegarci il perché di questa scelta.
– Perché una nuova veste grafica per “La Civiltà Cattolica”?
La “fedeltà creativa” è una caratteristica dei gesuiti, fedeli allastoria che ci ha fatto nascere, “creativi” per stare sulle frontiere della cultura e accompagnare le grandi domande di senso della cultura. Questa audacia ha caratterizzato i primi gesuiti della rivista che furono innovatori, immaginando l’uso della stampa che era il mezzo stesso di cui si servivano i rivoluzionari, i liberali e gli anarchici. È anche per noi naturale che il nostro messaggio sia diffuso anche su supporti digitali sottoforma di «applicazione» su iPad, iPhone, i tablet Android, Kindle e quelli Windows 8. Con occhio molto attento al passato, grazie alla collaborazione di Google, renderemo disponibili in forma digitale tutti i fascicoli pubblicati sin dal 1850. La rivista ha accompagnato l’Italia a nascere e continua ad essere fonte inesauribile di ricerca per i giovani universitari, i ricercatori e coloro che fanno cultura o sono impegnati nella politica, nel sociale o nella ricerca storica. La riforma cartacea si è ispirata su due direttive, la luce e la croce. La gabbia della cover e quelle interne sono basate sulla croce, mentre la luce è data dalla nitidezza del carattere della testata e degli articoli che hanno più aria e nitidezza. Tecnicamente la testata è rimasta in Bodoni (vero filo conduttore dalla fondazione a oggi), ravvivata con eleganza dalla presenza del colore bordeaux. Anche tutti i titoli interni sono rimasti in Bodoni. È cambiato, invece, il carattere interno, mutando dal Simoncini Garamond al Cardo, font più “tondo” e chiaro, per favorire ai nostri lettori una lettura più riposante. Ad accompagnarci in questa avventura è stata una società di comunicazione esperta ed internazionale, Aleteia Communication, che ha messo a disposizione del progetto un gruppo di lavoro coordinato da Giovanni Parapini – Partner e Managing Director di Aleteia – e Turi Distefano – Art Director – che ha curato l’aspetto grafico creativo del progetto. Siamo stati anche accompagnati dall’ufficio tecnico della Pontificia Università Gregoriana, dall’ing. Gianfranco Fattorini, il responsabile, e dall’ing. Giovanni De Giorgi.
– Nasce la nuova rubrica “Focus”. Significa maggiore attenzione alle idee che muovono la società?
Il “Focus” sarà una rubrica “ponte”, di riflessioni, di valutazioni critiche, anche sulla contemporaneità più attuale di carattere politico, economico, internazionale, di società, di diritto. La riflessione sulla Chiesa avrà un posto fisso al cuore, cioè al centro, della rivista. Appariranno nuove rubriche mobili quali il «Profilo» e l’«Intervista». Scompaiono le «cronache» in un mondo in cui la cronaca è affidata ai quotidiani, e oggi anche ai blog e ai tweets in tempo reale. Queste erano nate nel 1960 con il p. De Rosa. Considerata la velocità dei tempi dell’informazione e i sistematici ritardi della consegna da parte di Poste italiane, le cronache arrivavano al lettore che erano ormai pezzi di storia.
– Ha influito, sulle scelte, l’elezione di un Gesuita al soglio pontificio?
In senso tecnico no, la riforma ha avuto una gestazione di quasi un anno. In senso esistenziale sì; vedere coincidere la riforma con l’inizio del nuovo Pontificato è per noi motivo di gioia e stupore. Papa Francesco parla la “lingua dei gesuiti”, siamo stati formati alla stessa scuola, abbiamo gli stessi riferimenti. Ma detto questo non è il “nostro” Papa è della Chiesa universale e noi intendiamo obbedirgli come abbiamo fatto con i suoi predecessori da Pio IX che ha fatto nascere la rivista in poi. Ascoltando il messaggio di Papa Francesco ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale riuniti il 16 marzo nell’Aula Paolo VI ci hanno colpito alcune espressioni che sembrano definire la vocazione del giornalista così come noi ci sentiamo chiamati a viverla: «Voi avete la capacità di raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del nostro tempo, di offrire gli elementi per una lettura della realtà. Il vostro lavoro necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza».
– Quali sono le caratteristiche che rendono ‘unica’ “La Civiltà Cattolica”?
a) Anzitutto che può essere scritta solamente da gesuiti, eccetto le recensioni dei libri. b) Rimane la rivista più antica d’Italia con un gruppo di giovani scrittori gesuiti che cercano di guardare al futuro. c) La linea la decide la redazione. A differenza delle altre riviste, il responsabile è il Collegio degli scrittori (la redazione), il direttore è un primus inter pares. La “Civiltà Cattolica” resta l’espressione del lavoro di una équipe, e dunque di una ricerca e di una fatica condivisa: ogni articolo prima della sua pubblicazione è sottoposto al giudizio del gruppo ed è il frutto di un dialogo interno. Noi scrittori siamo, come ci scrisse Leone XIII nel «breve» Sapienti consilio, «uniti in comunanza di vita e di studi». Il direttore coordina il lavoro collegiale. Ovviamente questa attività coinvolge anche gesuiti che non fanno parte del Collegio ma che danno il loro contributo a questa opera dai cinque continenti, inviando testi che vengono tradotti in lingua italiana. Tutti i redattori sono corresponsabili in solidum di tutto ciò che si pubblica. Come si legge nelle Memorie della Civiltà Cattolica del 1854, «tutto in certo modo è opera di tutti». d) Il nostro servizio nasce da una scelta, il nostro voto di obbedienza al Papa e dalla speciale sintonia che ci lega alla Segreteria di Stato. Per La Civiltà Cattolica essere fedele alla Chiesa significa sostanzialmente avere a che fare con queste «questioni dibattute» e così rispondere all’appello dei Pontefici rivolto alla Compagnia di Gesù. e) Accoglienza di un binomio che è priorità per la Compagnia di Gesù: il servizio della fede e la promozione della giustizia. f) Un modo particolare di entrare in dialogo con i nostri lettori che si trasmette di generazione in generazione e che da oggi coinvolgere il lettore anche nell’ambiente digitale. Questo particolare modo nasce da un pensiero che i gesuiti de “La Civiltà Cattolica” formularono nel 1851 e che resta attualissimo: «Tra chi scrive e chi legge corre una comunicazione di pensieri e di affetti che tiene molto dell’amicizia, spesso giunge ad essere quasi una segreta intimità: soprattutto quando la lealtà da una parte e la fiducia dall’altra vengono a raffermarla». g) Le proposte di alcuni padri scrittori ricordati nella storia. Il p. Curci, il primo direttore, ha innovato il modo di fare giornalismo nella Chiesa. P. Taperelli d’Azeglio sulle pagine della nostra rivista ha anticipato la formazione delle Nazioni Unite. Padre Liberatore contribuì a scrivere la prima enciclica sociale, la Rerum novarum. P. Bresciano era un dei più grandi letterati del tempo. Il p. Enrico Rosa ha arginato il modernismo e rimane famosa la sua polemica contro Bonaiuti. I padri Messineo e Lener scrissero tre bozze di Costituzione d’Italia che Dossetti aveva letto e portato alla Costituente. I padri Tucci e Caprile furono i protagonisti del Concilio Vaticano II, in quel tempo le cronache della Chiesa erano le cronache sul concilio corretto da Papa Giovanni XXIII e da Paolo VI. I padri Sorge, De Rosa e Federico Lombardi hanno accompagnato la stagione politica dei cattolici nella DC. Poi è storia contemporanea: i 26 anni di direzione del p. Salvini, gli studi storici del p. Sale, quelli sulla letteratura americana del p. Spadaro, di psicologia del p. Cucci, ecc.
– La riforma è legata solamente alla rivista cartacea e alle sue applicazioni?
No. La riforma non “maschera” con il trucco le rughe dell’età, ma rilancia il battito di un cuore giovane che unisce sapienza e tradizione con l’innovazione, questo binomio è il nostro concepirci nel mondo. Nell’editoriale che apre il nuovo numero scriviamo: “Chi venisse a visitarci avrebbe forse l’impressione di un «monastero» dove i gesuiti studiano e scrivono nelle loro stanze. Eppure questa apparente calma nasconde invece un confronto continuo tra di noi in occasioni formali e informali. Ma la nostra calma apparente è densa di contatti col mondo che ci circonda, anche grazie alla Rete. Inoltre spesso i gesuiti della rivista partono per conferenze e incontri in Italia e nel mondo e tornano arricchiti e pronti per tradurre in articoli le loro esperienze e le loro riflessioni. La nostra casa ospita dibattiti e seminari da noi organizzati. E’ la nostra «piazza» nella quale invitiamo i «mondi vitali» della cultura”. La Civiltà Cattolica è dunque una piazza vitale attraverso le conferenze del terzo sabato del mese, dei gruppi di giovani che vengono a fare scuola di politica, di seminari di studio che dibattono di letteratura o di politica estera. È anche il luogo che ha fatto nascere il gruppo dei giornalisti dell’Ucsi (Unione Stampa cattolica italiana) che continua a riunirsi da noi per esempio per portare avanti l’Osservatorio di Mediaetica nazionale. In una parola è il tentativo che sin dall’editoriale del primo fascicolo del 1850 la nostra rivista ha interpretato se stessa: «Una Civiltà cattolica non sarebbe cattolica, cioè universale, se non potesse comporsi con qualunque forma di cosa pubblica». È questo dunque lo spirito della rivista: comprendere come essere cattolici oggi significhi non chiudersi dentro un recinto ma essere aperti al mondo, alle culture e a ogni dimensione pubblica della vita degli uomini.
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