Tra le sedi reali più importanti dell’area metropolitana di Catania è consuetudine menzionare il Palazzo Riggio Carcaci di Aci Sant’Antonio. Una struttura in stile barocco costruita per ospitare don Stefano Riggio, Principe di Campofranco e Campofiorito, che durante la seconda metà del XVII secolo acquistò le terre di Aci Superiore. Assumendo inoltre il titolo di Principe di Aci S. Antonio e S. Filippo con privilegio Reale conferitogli a Madrid. La villa fu poi acquistata da Paternò Carcaci del Castello e da quel giorno cambiò il suo nome da Villa Riggio a Villa Carcaci ospitando fino al 1944 la famiglia reale Paternò-Castello. La villa si trova al centro del comune di Aci Sant’Antonio. Il sito sopra il quale sorge si affaccia ad est, offrendo un notevole panorama che, dal verde pendio del vulcano, degrada verso il mare.
Catania / Palazzo Riggio Carcaci: progettazione e risultato dei lavori
Nel 1702 il Principe di Campofiorito fece costruire una magnifica villa, acquistata poi alla sua morte. I lavori della struttura iniziarono nel 1672 sotto la guida di Carlo Mano Saneta. La prima ristrutturazione avvenne nel 1693, successivamente al terremoto, per mano del figlio del Principe, Luigi. Quello che invece abbiamo l’occasione di vedere oggi è il risultato dei lavori compiuti nel 1702, anno in cui si aggiunse un’ala del castello.
Ancora oggi è possibile osservare, oltre a balconi e finestre, il maestoso arco all’ingresso del palazzo con due scalinate ai lati. È invece andato in rovina l’antico giardino con viali e gradinate. Al giorno d’oggi questa residenza è a rischio di crollo. Nel giardino dietro il Palazzo vi è un pozzo talmente profondo da far paura. Che appartenesse a famiglie nobili si può notare dai mosaici e ornamenti rimasti, stanze e bagni pieni di decorazioni da lasciar senza fiato. Inoltre, vi è un’uscita segreta, probabilmente d’emergenza, la quale consentiva ai nobili di fuggire dal retro del palazzo senza esser notati. Un’altra entrata è celata dentro un armadio, infatti aprendone un’anta ed entrandovi ci si ritrova davanti enormi scale che scendono per metri in profondità.
Domenico Chiarenza