Una lantana può far riflettere su come ci si allontana dagli altri chiudendosi nella propria solitudine, incuranti di quello che ci circonda.
Più leggo i Vangeli e più mi sento affascinato e attratto da Gesù, il nostro salvatore, colui che abbraccia la più grande differenza immaginabile, quella tra l’uomo e Dio, nella sua unica persona.
“Si è detto che il sorriso non sfiorò mai l’imperiosa bocca del Redentore, ma con quale altra sfumatura all’angolo delle labbra e tra i sopraccigli si sarebbe potuto lasciare cadere certe parole? Certi apostrofi, certi interrogativi ai nemici, agli amici?” (Cristina Campo, Gli Imperdonabili, Adelphi pag. 100).
Mi sento di stare dentro a un particolare vortice che, contrariamente a quanto potrebbe far pensare, non mi distrae ma anzi mi porta a guardare con singolare attenzione a tutto quello che è nel mondo e che è il nostro mondo. Guardo da terrestre al terrestre, cominciando dai paesaggi, dai villaggi, dai paesi, dalle città. Dalle attraversate sul mare di Tiberiade, alle reti, ai pesci, alle strade polverose della Palestina; dai campi di grano alle vigne lussureggianti.
Dai melograni agli uliveti, dai gigli a tutti i fiori di campo; dalle colombe e tortore agli uccelli dell’aria. Dalle pecore ai lupi e alle volpi; dall’acqua al vino; dalle notti passate a vegliare alle albe che annunciano il nuovo giorno, al sole di mezzogiorno.
La predicazione del Rabbi di Nazareth
La predicazione itinerante del Rabbi di Nazareth è sempre imprevedibile, affascinante, particolare e universale al tempo stesso. Nessuno ha mai parlato prima, e dopo, come ha parlato Lui. Avendo girato in lungo e in largo la Palestina, con sapienza e semplicità divine, per farsi capire meglio da tutti, disse di sé: Io sono la porta delle pecore; il bel pastore; la vite e voi i tralci; luce del mondo; la strada, la verità e la vita; Io sono il vostro Maestro e Signore; Io sono re.
Davanti a Lui, colui che è ritenuto grande è reso piccolo, chi invece, non conta ed è disprezzato, da Lui è considerato suo prediletto. Bambini, donne, poveri, ammalati … sono incontri di tenerezza, di guarigione, di rinascite inaudite e impensabili.
Nel libro dei Vangeli, il cielo lo si può vedere in una mangiatoia e nel buio più fitto può risplendere la luce vera!
Per accorgersi delle cose divine basta semplicemente scrutare profondamente nel gran libro della creazione. Lì troviamo che la terra è in collegamento con il cielo e viceversa. “Tutto è puro per i puri” dirà in seguito Paolo di Tarso, il discepolo folgorato sulla via di Damasco.
Gesù usa un linguaggio comune
Quando Gesù parla di sé, della sua missione di Servo di Jahvè, secondo le Antiche Scritture, o di ciò che gli accadrà, non utilizza un linguaggio forbito, ad esclusiva comprensione di pochi, Ma fa ricorso al linguaggio comune, quello dei pescatori, dei contadini. La lingua che tutti conoscono perché ciò che è da sapere deve condurre tutti indistintamente al Regno dei cieli.
Nel capitolo XII del Vangelo di Giovanni, Gesù, volendo manifestare il compimento della sua vita e rispondere anche alla legittima richiesta alcuni greci che erano venuti a Gerusalemme per vederlo, con parole spiazzanti ma sapientissime dice:
“È venuta l’ora che il Figlio dell’Uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore”.
Chi dei Rabbi di quel tempo avrebbe osato utilizzare una simile similitudine? Un piccolissimo chicco di frumento diventa la metafora del significato della sua intera esistenza. E’ la risposta illuminante e, nello stesso tempo, sconvolgente al desiderio di conoscenza manifestato dai Greci.
Di fronte a tanta divina sapienza, ci stanno i nostri inutili e logorroici discorsi; le nostre parole afone, ridondanti ma vane. All’opposto della semplice, adeguata ed efficace predicazione di Gesù nei Vangeli, ci sono i nostri pulpiti di chiacchiere, fatte da persone che inesorabilmente diventano tessitori instancabili, ahimè, di ragnatele!
Una lantana può far riflettere
L’altra mattina mi sono soffermato ad un pensiero che fulmineamente voglio raccontare. Un semplice vaso di quella umile e generosa pianta che è la lantana, mi ha fatto il regalo più importante di questa strana, calda e quasi estenuante estate 2022. Io l’ ho tradotto con queste parole: “i fiori parlano e non mentono. Ti dicono le cose senza fingere e senza ferirti e all’occorrenza preferiscono pian pianino scomparire”.
La lantana, infatti, precedentemente piantata in un vaso, non essendo stata innaffiata, stava per seccarsi del tutto. Come misura di salvaguardia ha deciso semplicemente di accartocciarsi il più possibile, risparmiando così le sue ultime, residue, nascoste risorse, davanti a tutti i passanti che continuavano ad essere distratti e strabici! Ciò che stava capitando alla lantana, non è altro che ciò che avviene nel regno degli umani.
Nella distrazione sistematica nella quale passiamo solitamente le nostre giornate, molti, volontariamente, decidono di allontanarsi lentamente dagli altri, dalla comunità o dal vicinato, chiudendosi nella solitudine più spaventosa, lasciandosi andare e tagliando i ponti con tutto ciò che li circonda. E soprattutto disinteressandosi alla comunità di persone a cui appartengono. Le città, come anche i paesi, stanno diventando sempre più “un deserto sovrappopolato”, per usare un’ espressione del sociologo Zygmunt Bauman.
Aprirsi al prossimo e salvaguardare la bellezza intorno: lantana
“In zona Cesarini” sono riuscito a salvare quella bella lantana. E nello stesso istante mi sono venute alla mente le parole, direi quasi profetiche, che due turisti di Brescia, passando dalla Matrice, hanno scritto sul grande libro dei visitatori. “Lasciatevi ispirare dalla serenità di questi luoghi e curate la comunità”.
Di questo ho parlato col nuovo sindaco, avvocato Luca Stagnitta. Nel nostro paese di Linguaglossa, è necessario che tutti, nessuno escluso, riponiamo sulle belle cose che ci circondano uno sguardo rinnovato, per salvaguardarle, conservarle ma avere anche immaginazione per crearne di nuove.
Servirà soprattutto lo sguardo ed il cuore dei giovani e delle loro idee creative. Ricordo le parole che Papa Francesco, in occasione della giornata mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, nel 2013, rivolgendosi idealmente a ciascuno di loro, ha detto: “Il tuo cuore, cuore giovane vuole costruire un mondo migliore (…). I giovani nelle strade. Sono giovani che vogliono essere protagonisti del cambiamento. Per favore, non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! Voi… Attraverso di voi entra il futuro nel mondo”.
Solo una nuova e alta immaginazione ci potrà salvare. Una campagna di bellezza è quella che fa per noi. Ci sono troppi occhi spenti e strabici. E il cuore di tanti è ferito e sanguinante!
don Orazio Barbarino
Arciprete di Linguaglossa