Il termine giapponese “ikebana” (fiori viventi), antica arte giapponese della cura dei fiori, deriva dall’unione di due parole: “ike” (lasciare in vita) e “bana” (fiore). Consiste nel realizzare e collocare accuratamente i fiori all’interno di appositi vasi. Creando composizioni floreali che abbiano un preciso significato e un preciso peso nell’ambiente che li ospita. L’obiettivo è quello di ottenere una disposizione in cui confluisca il proprio istinto naturale, dando sfogo all’emotività. Questo tipo di composizione floreale rappresenta l’armonia dell’uomo con l’universo. Sono infatti di solito presenti tre rami: quello più lungo e verticale significa la vicinanza al cielo, quello più corto la terra e quello intermedio l’uomo. L’ikebana è una vera e propria dedizione nei confronti della natura. Una sorta di devozione spirituale che consente all’uomo di recuperare un rapporto più intimo con sé stesso e con il mondo circostante.
Ikebana / Origini e composizione
L’ikebana ha origini orientali antichissime. In India, Cina e Giappone, dove ha trovato la sua fama nel tempo. Inizialmente quest’arte era conosciuta come Kadõ. Solo successivamente prese il nome di Ikebana. Le origini di questa disciplina artistica risalgono al VI secolo d.C., quando il Giappone cominciò a beneficiare del buddhismo e dell’usanza di questa religione di donare delle offerte floreali. Inizialmente l’Ikebana era una tecnica ad appannaggio solo dei ceti più alti e colti, come le classi nobiliari o i monaci buddhisti. Fu solo in seguito che si diffuse. Si traduce nella disposizione di vasi di fiori recisi che insieme a rami, muschi, pietre e pezzi di corteccia creano vere e proprie composizioni artistiche di forte impatto estetico e spirituale.
L’arte dell’Ikebana si basa sull’utilizzo di elementi di natura organica, come foglie, erba, fiori o rami disposti molto spesso in forma di triangolo. Per poter realizzare questa antica tecnica bisogna ricordarsi che ogni composizione floreale deve esaltare la nascita della vita e lo spirito del luogo di origine. È bene preferire boccioli o fiori che non siano ancora schiusi, rami con foglie non ancora germogliate, e possibilmente una vegetazione sia autoctona. A differenza dei paesi occidentali, dove i vasi propongono composizioni già fiorite e prossime al decadimento. L’ikebana è un’arte che celebra la vitalità e, proprio per questo, più giovane e immatura è la vegetazione che lo compone, meglio è.
Ikebana, arte giapponese dei fiori / Tecnica e filosofia
Per la realizzazione delle composizioni possono essere utilizzati tutti gli elementi del mondo vegetale, non solo i fiori. Per questo non è corretto paragonare questa pratica al floral design. Nella disciplina giapponese della disposizione dei fiori tutto deve simboleggiare senso di equilibrio e di armonia, in accordo con l’ambiente circostante. Per questo si studiano colori e forme, creando una danza in grado di suscitare sensazioni e sentimenti.
Nonostante la possibilità e l’invito a lasciare spazio alla propria creatività, una composizione deve comunque rispettare alcune regole.
Si parte sempre dal vaso, che può essere di ceramica o di altro materiale, come un tronco d’albero, un pezzo di legno o una pietra, purché non sia trasparente. Per tenere i vari elementi in posizione, si può usare una mattonella di mousse artificiale, di quelle per creare bouquet o un pezzo di legno forato. La tradizione permette di utilizzare rami, fiori, foglie ed erba. Sarebbe meglio sceglierli di stagione: nodosi rami di ciliegio, mandorlo o nocciolo e alcuni bellissimi fiori a grande corolla. Si possono sostituire i rami con fogli di vario tipo e forma, dalle diverse texture e altezze, da comporre in modo personale.
Ikebana, arte giapponese dei fiori / Elementi necessari e tradizionali
L’elemento dominante è sempre il triangolo: questo significa che deve esserci un raccordo di vertici, ciascuno dei quali ha uno specifico significato. Lo stelo più alto rappresenta il Cielo (Shin), ed è l’elemento chiave e principale dell’intera composizione. Lo stelo di media altezza rappresenta invece l’Uomo (Soe). Generalmente ha una lunghezza pari a 2/3 dello stelo più alto e viene sistemato sempre in maniera inclinata, tendente verso il Cielo. Lo stelo più basso rappresentante la Terra (Hikae) e viene posizionato davanti agli altri due o in posizione completamente opposta. Tutti gli elementi sembrano nascere da un unico tronco, per questo vanno sistemati su un supporto stabile.
Una volta definito il triangolo, la composizione può essere arricchita di altri elementi della natura. Le piante, inoltre, sono scelte in base al messaggio che si vuole trasmettere; ad esempio, il bambù simboleggia la prosperità, mentre i fiori di pesco sono un inno alla femminilità. Per la scelta dei fiori e delle foglie, vengono generalmente preferiti i boccioli appena schiusi. Questo perché inserire un fiore o una foglia già sbocciati impedisce a chi osserva di poter ammirare il processo della nascita. Al contrario, un fiore giunto a maturazione, si avvia già verso la decomposizione, evocando quindi il senso della morte.
Stili / Rikka, Shoka, Nageire e Chabana
Il primo stile, piuttosto elaborato, fu il Rikka: è lo stile più conosciuto ed antico, proveniente probabilmente dalla scuola Ikenobo. Il termine “rikka” significa letteralmente “fiori in piedi“ ed è caratterizzato per le composizioni molto grandi, che sin dall’inizio furono impiegate per decorare i templi o le case dei nobili. La sua composizione comprende la presenza di sette elementi, i tre rami principali e i quattro secondari. In seguito si diffusero: Shoka, che comparve dopo il Rikka.
Era il XVII secolo e si iniziava a sentire l’esigenza di semplificare l’arte, permettendo alla pianta di poter emergere nella sua semplicità. Questo filone difatti si caratterizza per l’estrema sobrietà; Nageire che privilegiava vasi molto alti e composizioni particolarmente semplici e minimal. Questo stile fu fondato da Sen-no-rikyu (Maestro della cerimonia del tè), nella seconda metà del XVI secolo; Chabana, uno stile tipico e classico, che ritroviamo durante il rituale del Tè. Si basa sull’utilizzo semplice di un solo bocciolo con accanto alcune foglie verdi.
Moribana, Jiyubana o stile libero / La fama di Makoto Azuma
Moribana, significa letteralmente “ammasso di fiori” e difatti si basa sull’impiego di vasi molto bassi, ricchi di fiori grandi. Questo stile comparve verso la fine del XIX secolo ad opera del Maestro Unshin Ohara; Jiyubana o stile libero, nacque al termine della Prima Guerra Mondiale, periodo fertile nel mondo delle arti. Dal 1930 in poi, iniziarono a comparire numerose scuole. Con l’occupazione degli Americani inoltre, molte mogli dei soldati si avvicinarono a questa disciplina e la esportarono al rientro in patria. Questo ha fatto sì che oggi tale arte abbia raggiunto un po’ tutto il mondo. Anche in Italia difatti sta lentamente prendendo piede, trovando grandi sostenitori. Uno dei più interessanti interpreti di oggi è il giapponese Makoto Azuma, una star internazionale conosciuta anche al di fuori del Giappone per le sue composizioni quasi futuristiche.
Rebecca Charamah