Dagli anni ’60 la città di Gela convive con le attività industriali della vicina raffineria, che oltre a garantire per decenni occupazione a tutta l’area, è preoccupante fonte di inquinamento. Questo prezioso lavoro si è infatti trasformato in più casi in fonte di malattia. I cittadini gelesi rischiano di ritrovarsi le conseguenze ambientali e sanitarie generate dalla raffineria nel corso di più di mezzo secolo. Le attività del polo industriale di Gela hanno comportato una progressiva contaminazione dell’ambiente.
Inquinamento / La raffineria di Gela, tra lavoro e malattia
Con livelli estremamente elevati di inquinamenti tossici e persistenti. Al deterioramento del quadro ambientale, si aggiungono le conseguenze che gli abitanti della località siciliana continuano a subire sulla propria pelle. Malformazioni agli organi genitali e altre malattie come asma, tumori ai polmoni e allo stomaco sono alcune delle patologie che colpiscono gli abitanti di Gela in numero superiore alla media.
Dal 2014 cambia il rapporto tra Eni e la città di Gela
Dunque la città siciliana, sede di una grande raffineria dell’Eni che portava lavoro, ora ha lasciato danni e continua ad ammalare. Nel 2014, il colosso Eni scelse di chiudere uno dei suoi tre poli petrolchimici ubicati sul territorio nazionale: la Raffineria di Gela, con conseguente impatto economico-sociale. Non si parla solamente di vittime del degrado ambientale dovuto dall’industria ma ci si riferisce a gran parte dei gelesi ritrovatori senza lavoro.
Il 6 novembre 2014, con il protocollo d’intesa, sottoscritto presso il MISE dalla Regione Sicilia e dai principali sindacati dei lavoratori, Eni rinnova la relazione di convivenza sinergica tra impresa e territorio con la città di Gela. Eni puntava a far fronte alla crisi dello stabilimento di Gela riconvertendo la realtà industriale della raffineria in attività “green”. Parliamo della creazione di un nuovo polo della chimica verde in Sicilia, con un aumento nel territorio della produzione di idrocarburi liquidi e l’incremento della produzione di gas naturale. Nel 2015 ci fu lo spegnimento definitivo della raffineria.
Inchiesta sull’attività della raffineria di Gela
Nel 2009 iniziò un’inchiesta. L’assunto di partenza consisteva nei problemi di disastro ambientale e danneggiamento di aree coltivate e boschive. Ma anche di inquinamento di suolo e sottosuolo delle aree dello stabilimento, abbandono dei rifiuti e svezzamento di idrocarburi. L’Istituto Superiore di Sanità nel 2009 pubblicò dei dati riguardo diversi inquinanti finiti nel suolo e nell’acqua delle falde.
Nel 2016 iniziò il processo. Processo per 12 dirigenti di Raffineria e Eni Rewind. Il giorno della prima udienza, la camera del tribunale non riusciva a contenere il numero di cittadini e associazioni che volevano assistere. Per la fase dibattimentale, l’udienza è stata fissata per il 13 dicembre davanti al giudice del tribunale di Gela. Gli indagati rischiano fino a 12 anni di reclusione.
L’ENI nega da sempre il nesso causale, che effettivamente non è ancora riscontrabile su una prova scientifica, tranne per alcune patologie. Sono peraltro ancora molti coloro che preferiscono non dare importanza alla questione sollevata, per la necessità di lavorare. Il fatto però che l’inquinamento sia stato e sia tutt’ora causa di tumori, anche infantili, come di malformazione nei neonati, rimane un’ipotesi purtroppo più che plausibile.
Inquinamento / La raffineria di Gela, tra lavoro e malattia: i bimbi malformati
Questo angolo di Sicilia ha tra le percentuali più alte di Italia ed Europa per malformazioni congenite. Qui, nell’arco di meno quindici anni, sono nati almeno 450 bambini malformati, uno ogni 166 abitanti. Un numero enorme se si pensa che a Taranto, una delle aree più inquinate, in rapporto alla popolazione ne sono nati due volte di meno, uno ogni 331 abitanti. Cifre comunque approssimative perché non c’è mai stato un monitoraggio costante delle malformazioni delle nascite nelle famiglie che vivono a Gela.
Sebastiano Bianca, Genetista dell’ospedale Garibaldi di Catania incaricato nel 2012 dalla procura gelese di fare uno studio sulle malformazioni neonatali, ha affermato: “il risultato è che da anni non si contano con esattezza i nati malformati in questa città. Ma quando li abbiamo contati, ed è accaduto soltanto una volta, i casi erano abnormi, troppo alti rispetto ad altre parti del paese e dell’Europa”.
Sofia Terranova