Nel terzo fine settimana dei weekend de Le vie dei tesori, iniziativa culturale indetta ad Acireale dall’associazione Stoà sicula, parliamo della piacevole visita guidata alla scoperta delle antiche tradizioni dei Nivaroli e della granita siciliana presso la gelateria di via Musmeci, Riso paradiso.
Qui la modernità del locale rifinito con materiali ed ornamenti ricercati ed estrosi, si confronta con la tradizione di una ricetta dalle origini antichissime.
Durante la visita, il maestro Franco Patanè ha illustrato con passione il processo di produzione della granita siciliana e ne ha raccontate le origini.
“Dobbiamo questa antica ricetta – spiega Patanè – agli arabi, che la portarono in Sicilia durante i primi anni del seicento. Quando l’isola era sotto il loro dominio.
Ma ancora prima degli arabi, dobbiamo andare a ritroso nel tempo ed arrivare in oriente, in Cina. Si sa, infatti, che anche questo popolo si dedicava alla consumazione del ghiaccio aromatizzato nella maniera che noi oggi conosciamo come granita. E a Marco Polo si deve l’importazione del nitrito che era essenziale per il processo della salamoia della granita.
La granita secondo l’antica ricetta dei Nivaroli
In Sicilia, la tradizione riuscì ad avere terreno fertile grazie alla presenza dell’Etna che, tutto l’anno, dona ai Nivaroli la neve, per via della presenza delle mancuse sul versante nord, degli strati in cui la neve è presente per l’intero anno. E, cosa non da poco in Sicilia, anche in estate.
I Nivaroli, dunque, come fosse un demanio, possedevano il loro pezzetto di neve che portavano con i muli dalla montagna a valle, per commerciarla.
Il maestro Patanè racconta ancora di Carmelo Zingale, l’ultimo dei Nivaroli, originario di Randazzo, che ha dedicato l’intera vita agli studi sul freddo e ai processi ad esso correlati. E ha commerciato la neve fino al 1950, cioè fino all’avvento dei frigoriferi.
Sempre durante il tour della squadra acese di giovani archeologi, Patanè ha svelato l’antica ricetta utilizzata per produrre la granita secondo la tradizione dei Nivaroli. Ricetta che si avvaleva di un processo chimico coinvolgente pochissimi ingredienti: ghiaccio, frutta in un impasto con zucchero o miele, sale ed olio di gomito.
Dentro il contenitore viene posto del ghiaccio che porta la temperatura interna a meno diciotto gradi circa; a questo si alternano altrettanti strati di sale.
Si crea così una salamoia di ghiaccio sciolto e sale. Questa consente all’ impasto di granita postovi in mezzo, all’interno di un recipiente in acciaio, di ghiacciare, sfruttando il processo di raschiamento delle pareti in acciaio con un cucchiaio di legno. Il tutto viene coperto con un telo bianco, o anticamente con un sacco in iuta, che non fa “lievitare” la miscela al di sotto.
Questo processo di mescolamento manuale che avviene per via del graffiamento delle pareti di acciaio con il cucchiaio di legno è paragonabile a quello elettrico ed odierno delle moto gelatiere.
Il maestro Patanè ha illustrato con amore la sua passione verso questa antica tradizione. E ci ha insegnato che la pasticceria è un’arte lenta che richiede tempo, sapienza e dedizione.
Giulia Bella