Racconto / Nessuno può salvarsi da solo

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migranti, canarie

Il timone della Santa Maria era come ostacolato da qualcosa.
La nave andava a Sud-Ovest, anziché dritta a Ovest, di pochi gradi, ma su grandi distanze pochi gradi diventano molte miglia.
Il Capitano convocò sul ponte di comando prima il timoniere, poi il nostromo, i marinai, fino ai mozzi. In tutto erano 74, più lui, il Capitano, 75.

Rifecero i calcoli con bussola e sestante, provarono a orientarsi con le stelle, ma niente, la nave andava verso Sud-Ovest, di poco, ma verso Sud-Ovest.
Il timoniere studiò a fondo il problema (non troppo a fondo perché ancora non c’erano le mute, le maschere, le pinne e le bombole), poi sentenziò che il timone poteva essere incagliato, o vi si erano attorcigliati degli ammassi di alghe, o qualche tronco alla deriva vi si era incastrato. Comunque, anche se deviata, la rotta avrebbe portato lo stesso alle Indie, così la Santa Maria continuò la sua navigazione, seguita dalle altre due imbarcazioni.

1° giorno

Il primo giorno ebbero un po’ di mal di mare.
La nave, spinta da un vento sostenuto, oscillava da un lato e dall’altro; però bastava abituarcisi: era come una culla, e alla fine avrebbe potuto anche conciliare il sonno, se non ci fosse stato quel timone che ogni tanto sbatacchiava da una parte e dall’altra.

2° giorno

L’oceano era immenso, la terra non si scorgeva più, né all’indietro da dove erano partiti, né in avanti, e questo era più prevedibile, visto che li aspettava un  lungo viaggio.
Quel giorno c’era poco vento, le vele erano flosce, e la nave procedeva lentamente.
Ogni tanto qualche delfino nuotava e saltava sulla scia, e gli faceva un po’ di compagnia nelle giornate e nottate infinite.

3° giorno, o meglio notte

La notte eri lì, al buio, in mezzo al mare e non avevi punti di riferimento, se non la luna, che per fortuna era piena e splendeva sul mare, e le stelle, tantissime, che non potevi contarle, le costellazioni e la Stella Polare che indicava il Nord.
In superficie luccicava qualcosa: pesci o meduse fosforescenti, il mare liscio come l’olio sembrava uno specchio che rifletteva le stelle.

migranti
Illustrazione di Giulia Bella
4° giorno

Dopo i delfini, arrivarono i pescecani, e non si capiva come, in mezzo all’oceano, avessero fiutato qualcosa da mangiare. Come farà mai l’odore a spargersi nell’acqua? Il sapore sì, di sale, zucchero o aceto, ma l’odore nell’acqua che fa, entra nel naso dei pesci? E i pesci qualche volta starnutiscono?
Per fortuna dopo un po’ i pescecani si stufarono di restare a bocca asciutta (ma si può dire asciutta con un oceano di acqua salata?) e si allontanarono.

5° giorno

Di terra non si vedeva neanche un sasso, o uno scoglio.
Il vento era buono e le vele gonfie; la nave filava veloce, ma sempre verso Sud-Ovest.
Il sole picchiava e faceva molto caldo, ma l’acqua del mare era a temperatura giusta, almeno di giorno; di notte era fredda.
I marinai lassù cantavano e ballavano: doveva esserci una festa, un compleanno o una ricorrenza, ma ben presto tornarono tutti ai propri posti di manovra, compreso il timoniere che a dire il vero non si era allontanato più di due passi dalla ruota del timone, e che facendo un brindisi per l’occasione si augurava che il timone tornasse finalmente dritto.

6° giorno

Il sesto giorno non si ballava per la festa, ma per la tempesta.
Le vele erano state ammainate e il timoniere cercava di governare la nave, e di stare attaccato al timone senza finire in mare. Non si capiva se era lui a fare girare la ruota del timone, o se erano i movimenti del timone a fare girare la ruota.
Tutto girava e non era facile restare attaccati al timone e anche  i marinai non sapevano quanto avrebbero resistito.
Ma per fortuna le tempeste nell’oceano scoppiano all’improvviso e cessano all’improvviso, così tornò la calma in mare, sopra e sotto.

7° giorno

Sopra, sul ponte, si sentiva una grande baraonda; i marinai erano stanchi e stufi, e protestavano col Capitano, e c’era il rischio di un ammutinamento.
Il Capitano provò a rassicurarli: la rotta era giusta, e ben presto avrebbero scorto una terra.
Ma i marinai vedevano solo mare e onde, e non si fidavano.
Allora comparvero i gabbiani, all’inizio puntini in lontananza, poi si distinguevano le ali, le zampe, il becco.
Erano uno stormo, e andavano in formazione tutti in una direzione, evidentemente verso qualche terra.
I marinai si tranquillizzarono e si rimisero agli ordini del Capitano.
La rotta era giusta e si proseguiva, sperando che il timone non facesse ulteriori capricci.

8° giorno

Dopo i gabbiani fu la volta delle tartarughe. Le tartarughe marine, si sa, vanno a deporre le uova a terra, sulle spiagge sabbiose.
Ne comparve prima una, poi furono due, cinque, dieci, tantissime.
Anche loro andavano tutte verso la stessa direzione, come i gabbiani; nuotavano muovendo velocemente le pinne, immergendosi e riemergendo spesso per respirare.
I marinai erano entrati in agitazione, ma stavolta erano contenti; la vedetta sulla coffa aguzzava la vista, sperando di avvistare la terra.

9° giorno

Il mare sembrava essere diventato verde, per le alghe, un mare di alghe, una distesa verde che sembrava un enorme prato, ma senza fiori.
La nave solcava il tappeto erboso dividendolo in due, e le alghe si ricomponevano dietro la nave come se nulla fosse successo.
Il timone incontrava ancora più resistenza, si muoveva smuovendo la schiuma, frullandola da una parte e dall’altra.
Stavolta era fatta, la terra doveva essere vicina.

10° giorno

Passata la notte, all’alba si vide la terra. La vedetta, come da tradizione gridò: “Terra, terra!”
I marinai si abbracciarono, e festeggiavano.
Il Capitano stava a prua, per primo e vedeva la terra avvicinarsi, o meglio era la nave che si avvicinava alla terra.

Si intravedeva fra la nebbiolina che saliva dal mare, una cosa strana: il sole spuntava da dietro la nave, e non davanti. Al Capitano venne il dubbio che non avessero circumnavigato il globo fino ad arrivare alle Indie, ma che avessero scoperto una nuova terra.
Ammainarono le vele, gettarono l’ancora e salirono sulle scialuppe per arrivare a terra.
Il timone finalmente si era fermato.

11° giorno

Scesero tutti a terra, un viaggio dopo l’altro.
D’altronde sulla nave non c’era niente da fare, per il momento, e non c’era nessuno che potesse salirci e rubare qualcosa.
E poi tutti avevano voglia di fare quattro passi sulla terraferma.
Sulla spiaggia issarono la bandiera, col Capitano in testa e ognuno sfilò davanti al pennone e al Capitano.

Ma i conti non tornavano: ne aveva contati settantasette, con lui settantotto, anziché settantacinque.
Ce n’erano tre in più, ma come erano arrivati?
Il timoniere aveva un sospetto: e se fossero stati loro la causa della deviazione del timone?
Sembrava impossibile, come avevano fatto a non naufragare, a resistere al freddo, bagnati, dove si erano riparati, cosa avevano mangiato e bevuto?

No, non era possibile. Però erano lì ed era l’unica spiegazione.
I tre non erano riusciti a entrare a far parte dell’equipaggio ufficiale, e così si erano adattati, e non si sa come ce l’avevano fatta. E poi, visto come vivevano prima, non avevano niente da perdere e il Nuovo Mondo per loro sarebbe stato certamente meglio del Vecchio.
E probabilmente era merito loro, della piccola deviazione che avevano provocato al timone, se avevano scoperto un nuova terra.

Al ritorno il Capitano fu promosso Ammiraglio. Anche a tutti i marinai fu conferita un’importante onorificenza.
E i tre viaggiatori sul timone? Rimasero nel Nuovo Mondo? Tornarono (e stavolta non sul timone)? Furono promossi Timonieri, vista la loro esperienza? Furono puniti e rimpatriati a forza? O anche a loro fu conferita un’onorificenza, almeno per il loro coraggio?

 I tre Nigeriani  hanno viaggiato per undici giorni sul timone di una petroliera dal 17 al 28 Novembre 2022 per 5000 chilometri arrivando vivi alle Canarie.
In occasione della Giornata mondiale della Pace del primo Gennaio: Nessuno può salvarsi da solo, Papa Francesco

 Pippo Scudero

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