Memoria anti mafia / L’omicidio di Marcella Di Levrano

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Marcella di Levrano

Marcella Di Levrano, vittima di mafia, nasce a Mesagne il 18 aprile 1964. La madre si chiama Marisa Fiorani. Il padre era un uomo violento e a causa dell’indole di quest’ultimo, la donna decide di trasferirsi insieme alle figlie a Torchiaiolo. Marcella, dopo le medie, decide di frequentare l’istituto magistrale nella città di Brindisi, che in quegli anni conosce un grave incremento delle attività di spaccio di stupefacenti. Marcella era una ragazza intelligente e solare ma, nella nuova città, il suo spirito positivo sembra svanire sempre di più. Di fatto, la sua morte si configurerà come un omicidio di matrice mafiosa, ordito dalla SCU (Sacra Corona Unita), organizzazione mafiosa di connotazione pugliese. Nel luglio del 2022 infatti, con decreto ministeriale, lo Stato ha riconosciuto ufficialmente la ragazza quale “vittima innocente di mafia”. Ma andiamo con ordine.

Marcella Di Levrano / L’improvvisa scomparsa e la droga

Un giorno, mentre frequentava il secondo anno delle Superiori, esce senza più fare ritorno a casa. A ritrovare la ragazza, drogata da varie sostanze stupefacenti, fu la madre Marisa due giorni dopo. In quel periodo Marcella frequentava ragazzi che evidentemente le consentivano di procurarsi droga. La madre cercava in tutti i modi di far uscire la figlia dal tunnel della dipendenza, ma tutti i suoi sforzi furono vani: Marcella, nonostante cercasse di uscirne, alternava momenti di lucidità e voglia di cambiamento a fughe e intossicazioni, ricoveri e dimissioni. Il tunnel della droga fu interrotto quattro anni dopo, quando scoprì di essere incinta. Questa gioiosa notizia le diede una spinta significativa e, per questo, riuscì a prendere le distanze da quel mondo fatto di droga e mafia.

Marcella Di Levrano / La ricaduta nella tossicodipendenza

Dopo la nascita della figlia, però, Marcella non voleva che la sua piccola crescesse, come lei, senza un padre. Pertanto lo andò a cercare ma, sentendosi ripetutamente rifiutata, ricadde di nuovo in quel mondo che con fatica aveva abbandonato: si rifugiò nuovamente nella droga, stavolta eroina, come risucchiata. La famiglia, comprensibilmente disperata, cambia più volte paese nella speranza di allontanarla da quel giro, ma senza risultati. Di lì a poco i servizi sociali le tolgono intanto l’affidamento della piccola. Marcella, senza sua figlia, si sente ovviamente persa: sa che l’amore che la lega a lei è troppo forte e che non può vivere lontana da lei. Decide allora di riprendere in mano la sua vita, per poter salvare sé stessa e dare dignità a sua figlia. Dal giugno del 1987 inizia così a collaborare con le Forze dell’Ordine.

Marcella di Levrano

Marcella Di Levrano / Testimone anti mafia 

Essendo stata vicina ad ambienti legati alla SCU, decise di indicare nomi e cognomi di coloro che si occupavano dello spaccio di droga. Con tutto quello che inizia a raccontare, diventa una persona scomoda. Doveva essere la prima testimone nello storico maxiprocesso che poi si sarebbe tenuto contro la Sacra Corona Unita, a novembre del 1990. Ma non si presentò mai in quell’aula del Tribunale di Lecce. Di fatto, scompare l’8 marzo del 1990. Il suo corpo sarà ritrovato solo il 5 aprile successivo, parzialmente occultato tra foglie e rami secchi, nel bosco dei Lucci, tra Brindisi e Mesagne. Così muore una mamma di 26 anni.

Marcella Di Levrano / La morte per mano della SCU 

Nella richiesta di archiviazione dell’inchiesta, si possono trovare le parole di cinque collaboratori di giustizia che affermavano che Marcella fu vittima della mafia. Secondo questi, la SCU uccise Marcella perché aveva scelto di rivelare agli inquirenti i fatti della SCU sanguinaria, spietata e bramosa di denaro. La donna era diventata personaggio scomodo: per la SCU sapeva e parlava troppo. Il 5 aprile 1990, fu trovato il suo corpo nel Bosco dei Lucci, fra Mesagne e Brindisi. Morì a ventisei anni, lasciando da sola una figlia di soli sei anni. Fu lapidata, colpita da continui e violenti colpi di pietra: secondo il “codice d’onore” della Sacra Corona Unita, la morte destinata ai traditori. Il procedimento penale relativo all’omicidio fu archiviato nell’aprile del 1992. Le dichiarazioni di Marcella erano riportate nella sentenza del Maxiprocesso di Lecce, il processo che confermò l’esistenza della Sacra Corona Unita.

Il procedimento penale era stato riaperto nel 2011, ma nel dicembre del 2019 il pm Alberto Santacatterina ha fatto richiesta di archiviazione, accolta dal Gip di Lecce il 5 marzo 2020. L’unico esecutore individuato è morto nel 2000. “Di certo – ha dichiarato Alberto Santacatterina, pubblico ministero nella richiesta di archiviazione – la collaborazione di Marcella appare oggi ancora più meritoria per essere stata totalmente disinteressata nonché per essere avvenuta in un periodo nel quale nessun beneficio era previsto o anche lontanamente ipotizzabile. Che poi Marcella Di Levrano fosse “contigua” agli ambienti criminali mafiosi, lungi dallo sminuire il valore della sua collaborazione, rende ancora più encomiabile, anche a distanza di tanti anni, la decisione di allontanarsene rompendo la logica di omertà e di intimidazione che li caratterizzava”.

Marcella Di Levrano / Le parole della madre Marisa Fiorani

Dopo la morte della figlia, Marisa Fiorani ha affermato: “Spero di sapere tutta la verità, anche se cinque pentiti hanno raccontato chi e perché mi ha strappato mia figlia. Per un processo è troppo tardi, ormai. Ma per la verità no. Serve a recuperare la nostra storia, a ritrovare i luoghi cari. Mi fa piacere quello che accade, le iniziative in sua memoria. Mi dà la speranza che si possa cambiare. Il senso di questa tragedia, se un senso può avere, è tutto qui”.

                                                                                                       Clara Bonvissuto