Ocse: la scuola italiana promossa con riserva

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Ma la contrazione della spesa non può durare in eterno

Il nuovo rapporto Ocse, “Education at a glance”, offre una serie di spunti per riflettere sulla nostra scuola e sul Paese. Il primo riguarda il calo ben noto di risorse a disposizione del sistema scolastico italiano. L’Italia, unico Paese nell’area Ocse, dal 1995 al 2010 (per 15 anni, dunque) non ha mai aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria. In sostanza – e si sa – il nostro Paese non investe sulla scuola. Anche il sistema universitario soffre. Vero è che negli ultimi 15 anni – continuano dall’Ocse – la spesa per studente è cresciuta del 39% (+15% sulla media Ocse), tuttavia, tale aumento è ampiamente riconducibile a quello dei finanziamenti provenienti da fonti private. Nonostante questa situazione – e per restare alla scuola – l’Ocse segnala che la scuola italiana continua a garantire performance stabili in materia di apprendimento. In particolare, gli esiti per gli studenti quindicenni nella valutazione Pisa 2009 sono risultati stabili in lettura e addirittura sono migliorati in matematica e in scienze. E questo anche considerando che proprio nelle secondarie tra il 2005 e il 2011, l’Italia ha significativamente aumentato il numero di studenti per insegnante, avvicinandosi alla media internazionale e realizzando così una serie di risparmi per il sistema, che hanno compreso anche un moderato aumento del numero di ore annue d’insegnamento per gli insegnanti e una simultanea diminuzione delle ore d’istruzione per gli studenti. Risparmi che non hanno avuto conseguenze negative sui risultati di apprendimento e mostrerebbero invece una migliore efficienza nell’uso delle risorse. Ci sarebbero poi i dati sugli insegnanti, in media più anziani e meno pagati dei colleghi dell’area Ocse. Fermandosi a questi pochi cenni, verrebbe da pensare che una inversione di tendenza nella politica sparagnina di questi anni potrebbe abbastanza in fretta “dare una sistemata” alle criticità sostanziali del sistema scolastico che, nonostante le tante critiche raccolte, mostra una capacità di adattamento e di tenuta forte. E il corpo docenti – così spesso criticato – una qualità forse inaspettata. Il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, commentando i dati Ocse, ha auspicato “che si possa aprire al più presto, compatibilmente con il progressivo miglioramento dei nostri conti pubblici, una vera stagione di riparazione e innovazione in cui nuove risorse possano essere destinate alla valorizzazione della professione dei docenti, all’edilizia scolastica, al diritto allo studio e al sostegno del successo formativo”. Non è solo una questione di soldi. Ridare slancio alla politica scolastica del Paese, mostrare in concreto, anche con stanziamenti significativi, che nell’istruzione ci si crede, vuol dire promuovere una visione di futuro. E di questo hanno bisogno i giovani italiani, che mostrano, invece, ad esempio, in rapporto alla speranza di laurearsi, una preoccupante demotivazione (dati Ocse: tra il 2003 e il 2009, i quindicenni italiani che speravano di conseguire una laurea sono scesi dal 52 al 41%). Eppure mancano laureati e cresce il numero di giovani che non studiano e non lavorano. Questi sono gli orizzonti all’interno del quale muoversi. Rilanciare la scuola vuol dire rilanciare il Paese.

Alberto Campoleoni

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