Imprenditoria / Il modello di Adriano Olivetti: tra avanguardia ed impiego femminile

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Adriano Olivetti è l’uomo simbolo per eccellenza dell’imprenditoria italiana votata ad un’economia a misura di persone. Ma è resta tutt’ora un esempio di avanguardia sia tecnologica che nell’impiego di forza lavoro tutta al femminile. Scopriamo insieme la figura visionaria dell’imprenditore simbolo di un’Italia cui il mondo della tecnologia guardava come riferimento planetario.

Imprenditoria / Adriano Olivetti: tra avanguardia ed impiego femminile

Adriano Olivetti nasce nel 1901 e nel corso di una vita relativamente breve diventa pioniere dell’avanguardia tecnologica non solo d’Italia, ma di tutta Europa. Diplomatosi nella sezione fisico-matematica dell’Istituto tecnico di Cuneo, nel 1924 conseguì la laurea in ingegneria chimica al Politecnico di Torino. Dopo un soggiorno di studio negli Stati Uniti insieme a Donato Burzio (Direttore tecnico della Olivetti), durante il quale poté aggiornarsi sulle pratiche di organizzazione aziendale, entrò nel 1926 nella fabbrica paterna. Lì, per volere del padre Camillo, fece le prime esperienze come operaio. Divenne direttore della Società Olivetti nel 1932, anno in cui lanciò la prima macchina da scrivere portatile chiamata MP1. Lo storico e filosofo della politica Danilo Campanella traccia una relazione tra personalismo e olivettismo, postulando che Olivetti fu un personalista economico.

Olivetti: il simbolo dell’avanguardia italiana 

Nel secondo dopoguerra, Olivetti riuscì a creare una realtà imprenditoriale estremamente all’avanguardia. Un’esperienza di fabbrica nuova e unica al mondo. Il periodo storico in cui questo è accaduto non è da ignorare. Il suo impegno e lavoro come presidente dell’Olivetti corrisponde al periodo in cui le due massime potenze internazionali si stavano fronteggiando orientando due precise ideologie economiche: il comunismo e il capitalismo. L’Italia all’indomani della fine del conflitto mondiale era sì sotto l’ala d’influenza statunitense capitalista, ma allo stesso tempo il Partito Comunista Italiano era forte, legato anche a quello socialista. Per cui il connubio delle due idee era necessario. 

Olivetti credeva che fosse possibile creare un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto. Infatti l’organizzazione del lavoro comprendeva un’idea di felicità collettiva che generava efficienza. Gli operai vivevano in condizioni migliori rispetto alle altre grandi fabbriche italiane: ricevevano salari più alti, vi erano asili e abitazioni vicino alla fabbrica che rispettavano la bellezza dell’ambiente e i dipendenti godevano di convenzioni.

Olivetti Imprenditoria Macchina da scrivere

Le Fabbriche Olivetti 

Le fabbriche Olivetti erano innovative e a misura dei lavoratori. All’interno della fabbrica l’ambiente era diverso: durante le pause i dipendenti potevano servirsi delle biblioteche, ascoltare concerti, seguire dibattiti. Non c’era una divisione netta tra ingegneri e operai, in modo che conoscenze e competenze fossero alla portata di tutti. L’azienda accoglieva anche artisti, scrittori, disegnatori e poeti, poiché l’imprenditore Adriano Olivetti riteneva che la fabbrica non avesse bisogno solo di tecnici ma anche di persone in grado di arricchire il lavoro con creatività e sensibilità.

Adriano Olivetti credeva nell’idea di comunità, unica via da seguire per superare la divisione tra industria e agricoltura, ma soprattutto tra produzione e cultura. L’idea, infatti, era quella di creare una fondazione composta da diverse forze vive della comunità: azionisti, enti pubblici, università e rappresentanze dei lavoratori, in modo da eliminare le differenze economiche, ideologiche e politiche. Il suo sogno era di riuscire ad ampliare il progetto a livello nazionale, in modo che quello della comunità fosse il fine ultimo.

Olivetti e Mattei: visione ed eccellenza dell’imprenditoria italiana

Sia Olivetti che Enrico Mattei, presidente dell’ENI crearono modelli urbanistici e servizi sociali avanzati, creando collaborazioni con le università. Ambedue diedero spazio alla cultura e ai giovani economisti. Proverbiale poi la loro attenzione alle tecniche direzionali e di strategia aziendale. A questo non poteva mancare l’interesse per il mondo della ricerca.

Adriano Olivetti Enrico Mattei imprenditoria

L’Olivetti con i calcolatori, la divisione elettronica, gli edifici e per quanto riguarda l’ENI il campo chimico-mineriario, le reti gas, l’interesse all’edilizia. Entrambi figli di quella che vine ricordata l’Italia migliore, una generazione di volenterosi che hanno drasticamente cambiato il Paese.

Imprenditoria / Adriano Olivetti: tra avanguardia ed impiego femminile

Le fabbriche Olivetti sono state un esempio ed una guida anche per ciò che concerne le lavoratrici. In seguito alla seconda guerra mondiale si era dimostrato necessario che le donne iniziassero a lavorare e contribuire alla famiglia, specialmente al nord Italia, nelle grandi Italia come Milano. Al sud purtroppo la figura della donna era ancora stigmatizzata.

Un giornalista francese, Michèle Aumont, face proprio un confronto tra le fabbriche francesi e quelle Olivetti in cui venivano assunte molte donne. “Le condizioni del lavoro femminile in Olivetti sono ben diverse da quelle descritte per l’industria parigina. Gli ambienti di lavoro sono assai più moderni e gradevoli; l’organizzazione dei processi produttivi è abbastanza flessibile e attenta alle esigenze personali delle lavoratrici.
In fabbrica non si segnalano particolari discriminazioni tra lavoro femminile e maschile, mentre l’articolato sistema dei servizi sociali offerti dall’Azienda contribuisce a migliorare la condizione del lavoro della donna, offrendo una più facile soluzione dei vari problemi legati alla maternità e all’infanzia”.

Oltre l’imprenditoria: da antifascista alla collaborazione col Duce 

Ancor prima di assumere il ruolo della presidenza dell’Olivetti, ruolo che poi lo consacrerà all’Olimpo Italiano dell’imprenditoria, Adriano Olivetti era un fervente anti-fascista. La sua opposizione al fascismo era particolarmente attiva. Si era già espresso immediatamente dopo il ritrovamento del cadavere di Giacomo Matteotti nella manifestazione che promosse, insieme al padre, al teatro di Giocosa di Ivrea, luogo di nascita di Adriano nel 1924. Inoltre partecipò con Carlo Rosselli, Ferruccio Parri e il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini alla liberazione di Filippo Turati.

Fu nel 1931 che questura di Aosta definì il giovane Olivetti un sovversivo. Sposatosi con Paola Levi si trasferì a Milano, dove il suo modo di vedere le cose mutò profondamente. Nel  capoluogo lombardo poté incontrare quell’intellighenzia che lo avvicinò in seguito all’architettura, all’urbanistica, alla psicologia e alla sociologia. L’incontro con due architetti vicini al Duce fece in modo che in qualche Adriano Olivetti chiese e ricevette la tessera al PNF, Partito Nazional Fascista. Non solo, ma fu ricevuto da Mussolini a Palazzo Venezia, dove l’industriale eporediese presentò il suo piano al Duce. Nonostante questo periodo, dopo la guerra in Africa e la Seconda Guerra Mondiale, Olivetti riprese il suo antifascismo. Proprio per la sua aperta condanna, Badoglio lo accusò di gettare ombre sull’Italia. Per questo motivo si ritirò in Svizzera e da lì si tenne in contatto con la Resistenza.

Adriano Olivetti: l’avanguardia Italiana

Per tutelare e promuovere la figura di Adriano Olivetti e il suo pensiero è stata costituita la Fondazione Adriano Olivetti con sede a Roma e a Ivrea per volontà di familiari, amici e collaboratori, con l’intento di raccogliere e sviluppare l’impegno civile, sociale e politico che ha distinto l’operato di Adriano Olivetti nel corso della sua vita.

Vittoria Grasso