Grande è la devozione che gli acesi nutrono per la sacra immagine del Cristo alla colonna, pregevole opera seicentesca in cartapesta che si venera nella Basilica dei SS.Pietro e Paolo (primo altare a sinistra, guardando dal presbiterio). La tradizione vuole che la statua – potentemente espressiva della tensione di dolore che percorre il corpo di Gesù, legato alla colonna – trovò in questa chiesa più degna sistemazione, dopo essere stata casualmente ritrovata nello scantinato di una casa privata, in cui si trovava abbandonata.
Il ritrovamento si ipotizza essere avvenuto nei primi anni del Settecento, dato che il 10 aprile 1722 venne ufficialmente fondata la Congregazione del SS.Cristo alla Colonna, una delle sette confraternite che un tempo avevano sede in basilica. Il culto si radicò ben presto, tanto che nei momenti di calamità e di pericolo gli acesi si sono ritrovati attorno alla statua del Divinissimo – così viene comunemente denominato il nostro Gesù flagellato – per cercare motivi di conforto e ragioni di speranza. Ad Acireale, pur essendo molto viva la devozione, soprattutto nei venerdì di Quaresima, non esiste una processione ordinaria del Cristo alla colonna. Il venerato simulacro non è stato condotto per le vie della città, se non in occasioni del tutto eccezionali.
La prima processione che si ricordi è quella del 16 aprile 1780, realizzata, a seguito di alcuni eventi sismici che interessarono le nostre zone, per impetrare la protezione divina contro tale calamità naturale. Oltre sessant’anni dopo, il 29 marzo 1844, Venerdì di Passione, la statua fu portata nuovamente in processione; in tale occasione per invocare la divina intercessione contro la grave siccità che si era registrata in quei mesi. Miracolosamente, la sera stessa della funzione, nelle campagne acesi cadde abbondante pioggia, mentre nella piana di Catania perdurava ancora la siccità. Sempre per lo stesso motivo, un alto sacro corteo ebbe luogo domenica 31 marzo 1867, in un clima storico-sociale, però, assai diverso, viste le frizioni post-unitarie tra autorità civili e religiose.
Le cronache del tempo narrano che una tremenda siccità affliggeva le nostre zone, tanto da far temere come ormai inevitabile lo scoppio di una grave epidemia, al pari di quella che tante vittime aveva provocato nell’estate dell’anno precedente. I fedeli e le autorità religiose decisero, quindi, di condurre per le vie della città l’immagine miracolosa. Si narra che, nel momento in cui la statua apparve sulla soglia di San Pietro sotto il baldacchino di broccato rosso(verso le ore 21), la folla radunata in piazza Duomo cadde in ginocchio (“come un immenso sospiro si levò incontro al Cristo: preghiere, lacrime, amore e suppliche, invocazioni e gemiti il popolo di Aci spandeva davanti al Simulacro miracoloso”). Non appena prese avvio la processione, scoppiò, improvviso, un temporale e i fedeli furono costretti a riparare (con la statua) nella vicina chiesa di San Benedetto, in via Davì. Anche in quella circostanza si gridò al miracolo.
Per una singolare coincidenza, lo stesso giorno, il 31 marzo, del 1935 (vescovo mons. Salvatore Russo) il Cristo alla colonna venne nuovamente condotto in processione per celebrare la chiusura dell’Anno Giubilare della Redenzione, indetto da Papa Pio XI. La stessa commozione e la stessa pietà di sessantotto anni prima invasero i cuori e piegarono le ginocchia dei fedeli acesi. Il settimanale diocesano La Buona Novella, in un ampio servizio di prima pagina, riportò la cronaca degli eventi: “I figli non immemori han ripetuto il gesto, han rivissuto il sentimento dei Padri. Il popolo di Acireale ha voluto […] vedere ancor per le sue vie la pietosissima Immagine, per invocarne su tutti pioggia larga e feconda di grazie, di benedizioni, di sicure promesse e di gaudi”.
In tempi a noi più vicini, il 14 aprile 1984 (in occasione dell’Anno giubilare della Redenzione, indetto da papa Giovanni Paolo II), sotto l’episcopato di mons. Giuseppe Malandrino, si rinnovò, a quasi cinquant’anni di distanza, questa sacra tradizione, quel gesto “significativo di una pietà, antica e sempre nuova; gesto che impegna alla conservazione e all’approfondimento della fede, alla coerenza della vita cristiana, alla testimonianza di amore verso i fratelli, specialmente per i più bisognosi e sofferenti”. Profetiche – e ancora attuali – queste altre parole del messaggio composto per l’evento: “Anche nell’oggi che incalza con minacce nucleari e fremiti di angoscia, si rinnova il gesto di pietà, nutrito dalla tradizione di ieri, nell’invocazione di un domani più ricco di bontà e di pace”.
Successivamente, il 14 aprile 2000, in occasione della giornata cittadina del perdono e della purificazione della memoria, si tenne l’ultima processione del Cristo alla colonna, che nel pomeriggio prese le mosse dalla Basilica dei SS.Pietro e Paolo, mentre i fedeli attendevano in silenzio l’inizio della via crucis, realizzata lungo il corso Umberto, la via Paolo Vasta e il corso Savoia. Il corte fece ritorno in piazza Duomo, dove il vescovo del tempo, mons. Salvatore Gristina, rivolse brevi parole di riflessione, a cui fece seguito un momento di preghiera secondo lo schema usato quello stesso anno, nel mese di marzo, dal Santo Padre al Colosseo. La celebrazione si concluse con la benedizione finale impartita dal vescovo, unitamente a mons. Ignazio Cannavò (arcivescovo emerito di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela ed archimandrita emerito del SS.Salvatore), oriundo della nostra diocesi.
Sei processioni, dunque, in duecentotrent’anni, a cui ne va aggiunta un’altra, che avvenne nel 1884. Si tratta di un episodio davvero singolare, tramandatoci dal canonico Vincenzo Raciti Romeo: “Nella siccità de 1884 monsignor Gerlando Genuardi, vescovo di Acireale, ordinò un triduo di preghiere in S.Pietro al Cristo alla Colonna e in una domenica di quella quaresima fu eseguita la processione di penitenza nelle forme consuete con l’intervento del Vescovo, del Capitolo, del clero e del popolo devoto; ma senza la statua del Cristo”.
Guido Leonardi