Da sempre e dovunque le relazioni tra gli uomini sono state regolamentate dai “valori” e, tra i valori, la vita è stata considerata il valore assoluto, a cui tutti gli altri valori hanno fatto riferimento e sono stati collegati.
I “valori” sono stati alla base del diritto, che stabilisce le regole delle relazioni nella società dei cittadini tra loro e dei cittadini con lo Stato e gli Organi che ne tutelano il rispetto delle regole, uguali e universali, valide per tutti gli uomini.
C’era una volta il “rispetto” verso tutto ciò che madre natura generava di sua spontanea volontà. E si amava dire che non bisogna mai andare contro la natura, perché la natura si vendica, ti fa pagare a suo tempo ciò che le è stato deturpato, ciò che ha violato le sue leggi intrinseche. Il cambiamento climatico ne è già una prova evidente ai giorni nostri.
Il mondo vegetale e animale ha rispetto della vita
Questo “rispetto” è ancora valido e imperante nel mondo vegetale e animale. Ogni specie rispetta i propri ritmi di crescita e di autonomia senza creare lacerazioni e senza distruggere ciò che crea. Anzi trova il modo migliore per proteggere e fare evolvere ogni suo membro.
Vediamo come le piante si intrecciano senza confondersi, si creano un loro spazio per svilupparsi e vivere. Così anche gli animali, si riproducono e proteggono i loro cuccioli, in modo così naturale e istintivo da fare da maestri anche ai più saggi degli umani, che ne ammirano l’istinto di sopravvivenza e la cura materna.
Il denaro non rispetta il valore della vita
Nel tempo della post – modernità, pare che sia emerso un “valore” antico, riconosciuto da quando l’uomo vive sulla terra e affermato come forma di potere sovrano, il denaro.
Oggi, il denaro ha fatto passi avanti enormi, avanzando fino al primo posto assoluto la vita, e oltrepassarlo. Tanto è vero che oggi, osiamo dire che con il denaro si è onnipotenti. “Hai denaro? Tu puoi tutto, sei onnipotente! Ti puoi comprare un posto sulla terra, sul mare, perfino sulla luna e un viaggio su Marte. Ma pure una vita umana, che puoi prenotare a tua scelta in quanto a sesso, intelligenza, aspetto fisico”.
Non si garantisce ancora se il nascituro sia capace o no di amare. Ma questo delicato compito è affidato agli “acquirenti”, che si presume siano specialisti dell’arte genitoriale, tanto che non esitano a portare via una creatura appena nata dal suo mondo e tagliare irrevocabilmente le radici da cui si è formata e nutrita.
Lo vedremo in futuro. Quando il bambino diventerà uomo/donna e chiederà delle sue origini, del suo evolversi con gli anni. Ma forse ci dirà qualcosa anche la mamma, a cui è stata strappata una vita, che magari ha trattenuto le lacrime al momento della separazione ma che ha vissuto con il trauma di una perdita e non saprà mai chi è diventato beneficiario del suo parto.
Che valore dare a una vita?
Mi riesce proprio difficile comprendere come si possa dare un prezzo, fare diventare “cosa” ciò che prezzo non ha, la vita stessa. Quanto vale una vita? Come si può dare un valore monetario a ciò che supera ogni capacità d’inventiva che l’uomo possa avere?
Un mistero nel mistero ridotto a merce, a un contratto: Quanto vali? Valgo una vita.
Una vita nata da un’estasi d’amore, da un desiderio di prolungare la propria esistenza e donare al mondo un nuovo uomo, una nuova donna. Assicurarci il futuro con la loro esistenza, esserci ancora negli anni attraverso i nostri figli.
L’unione di un uomo e una donna dà valore, generandola, ad una nuova vita
Anche se non sai mai quando l’unione di un uomo e una donna genererà una nuova vita, il rivelarsi di essa nel seno della donna rievoca l’incontro con il partner, l’ebbrezza dell’amplesso, le emozioni e i sentimenti che l’accompagnano e che a rievocarli segnano ancora sentimenti ed emozioni nuove. Una vita che cresce dentro un’altra vita, una simbiosi unica tra madre e feto, come osi separarla? Perfino il fiuto del bambino appena nato sa riconoscere le sue origini e ne reclama il “diritto”, chiedendo di essere allattato a quel seno che già l’ha custodito ininterrottamente per nove mesi.
Avete mai conosciuto bambini cresciuti senza la mamma, perché deceduta per postumi da parto o quando il bambino è ancora molto piccolo? Quanto dolore! Quanta fatica a sollevare dalla tristezza, da quella recisione voluta da un fatto per noi inaccettabile e irrevocabile, qual è la morte!
Non hanno alcuna importanza i legami di sangue quando solo i ricordi e i racconti sono per il bambino, man mano che cresce, motivo di gioia, di orgoglio, di conoscenza della sua appartenenza, da cui nasce il vanto di essere il figlio di … ? E l’orgoglio del genitore nel vantare le somiglianze genetiche e poter dire “come suo padre”, “come sua madre”. Che equivale a dire: “Ecco chi sei, io sono le tue radici, tuo padre e questa è la tua culla, tua madre!”. Non ha alcuna importanza il Dna, il diritto a riconoscere le proprie radici?
Riconoscere le proprie radici è dare valore alla vita
Oggi, con tante malattie genetiche, avere certezza del proprio patrimonio biologico è molto importante. Non sappiamo ancora – per i limiti che il tempo solo può rivelare – quali effetti si riproducono sul bambino che viene staccato dal suo nido. E che non saprà e non potrà mai riconoscere in futuro – quali danni psicologici, affettivi, relazionali, … si siano verificati.
E la madre? Non sentirà nessuna amputazione allontanandosi dal figlio, anche se non lo vedrà nemmeno al momento del parto? O ancor più se lo vedrà e ne sentirà il vagito?
Lasciamo umano ciò che è umano, e soprattutto, in una società così individualista, ricordiamoci reciprocamente che ogni adulto di per sé stesso è un educatore e un modello, ovvero è un genitore non solo per i propri figli ma per ogni figlio della società in cui vive, dove ogni giorno ci sono figli trascurati e genitori distratti o impossibilitati ad esercitare il loro ruolo di genitori.
Quanti sono i genitori che possono dire di passare qualche ora libera con i loro figli? Giocare con loro, andare a cinema con loro, passare del tempo insieme? Non sarebbe una bella società quella in cui ogni adulto si prendesse cura dei minori del suo contesto sociale e condividesse il progetto educativo, di custodia e di crescita dei figli, anche se non sono i nostri, ma sono “figli”, che necessitano della cura di noi adulti.
Forse anche gli adulti diventerebbero più responsabili e più felici, vedendo il frutto del loro impegno e della loro cura, come garanzia di una società migliore per il futuro, che oggi vediamo così nero. Costruiamo insieme uno stile di vita che renda a ciascuno il “diritto” di vivere felice.
Teresa Scaravilli