Seguendo i flussi d’immigrazione verso l’Europa, la presenza dei migranti provenienti dallo Sri Lanka interessa particolarmente l’Italia, la Francia e la Svizzera. Con una lieve disparità tra la presenza in percentuale degli uomini (52,8%, nel 2022) e quella delle donne (47,2%), la comunità srilankese nel nostro Paese non è una realtà nascosta. Infatti, i singalesi rappresentano circa il 2,9% degli stranieri in Italia.
Immigrazione / Migranti dallo Sri Lanka all’Italia nella storia
Le immigrazioni dallo Sri Lanka hanno definito la formazione di una delle prime comunità straniere in Italia. Risalenti alla seconda metà degli anni Settanta, lo spostamento fu probabilmente favorito dai contatti tra le due istituzioni cattoliche dei due Paesi. I primi membri della comunità furono le donne. Arrivate per compensare la carenza di personale nel settore dei servizi alla persona, esse furono tra le prime rappresentanti della manodopera straniera nel lavoro domestico e di cura in Italia.
Fino a quegli anni, quest’ambito d’inserimento lavorativo era difatti quasi sconosciuto nel nostro Paese. A partire dagli anni Ottanta, la fragile economia dello Sri Lanka fu ulteriormente indebolita dalla guerra civile tra la maggioranza etnica singalese e la minoranza tamil. Iniziato nel 1983, il conflitto causò la morte di 80.000-100.000 persone e si concluse solo nel 2009. Fin dall’inizio, questo sanguinoso contesto diede impulso ad ulteriori flussi migratori verso l’esterno.
L’Italia accolse allora anche gli uomini srilankesi. Di cui la maggior parte era dipendente di imprese italiane nell’isola di provenienza. Le ragioni di questa ondata risiedevano anche nelle maggiori possibilità d’ingresso in Italia rispetto ad altri Stati occidentali. Così, dopo aver ricevuto il rifiuto alla domanda di entrata in altri Paesi, gli emigranti si spostavano nel nostro. La conseguenza fu, dunque, un bilanciamento della presenza femminile singalese con quella maschile.
Questo compenso fu sicuramente favorito dall’entrata in vigore in Italia della legge n.286/98 sul ricongiungimento familiare. L’atto normativo riconosce l’unità familiare come diritto fondamentale che, in quanto tale, deve essere tutelato dall’ordinamento italiano. Conseguentemente, esso è pienamente riconosciuto agli stranieri che desiderino riunirsi ai propri familiari. Il ricongiungimento familiare ha così consentito il raggiungimento di un maggiore equilibrio socio-culturale, primo passo verso una sempre crescente integrazione degli immigrati nello Stato.
Immigrazione / Migranti dallo Sri Lanka: matrimoni misti e cittadinanza
Come rilevato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in effetti la presenza di lunga data della comunità srilankese le ha permesso di stabilizzarsi nel tessuto socioeconomico italiano. Gli indicatori di integrazione sono principalmente cinque. Matrimoni misti, acquisizioni di cittadinanza. Inserimento scolastico dei minori, partecipazione sociale e partecipazione sindacale. Questi sono importanti strumenti di lettura del processo di inserimento e integrazione delle comunità straniere.
I matrimoni misti, pur attenendo alla sfera privata, hanno inevitabili implicazioni anche nella vita pubblica. È misura del livello di multiculturalismo di una società. Nonostante la presenza non sia recente, i singalesi non sembrano essere ampiamente coinvolti nei matrimoni misti. Insieme alla comunità bangladese, quella srilankese rappresenterebbe infatti l’ultima per incidenza di matrimoni con cittadini italiani (0,2%).
Seguono le acquisizioni di cittadinanza. Nonostante la severa legislazione italiana nel campo, il numero di nuovi cittadini italiani aumenta progressivamente. E la comunità cingalese si posiziona tredicesima per concessione di cittadinanza. Per oltre la metà dei casi, l’acquisizione è trasmessa dai genitori o l’elezione al 18° anno (53,6% dei casi, nel 2020). In altre situazioni, le motivazioni sono legata alla naturalizzazione (40,6% circa) e al matrimonio con un cittadino o una cittadina italiani (5,8%).
Immigrazione / Migranti dallo Sri Lanka: scuola, vita associativa e sindacale
Alla scuola spetta il compito dell’inserimento nel sistema educativo. Attraverso l’avvicinamento alla nuova cultura, gli ambienti scolastici favoriscono quindi le relazioni sociali degli stranieri. La comunità srilankese in Italia conta una forte presenza di minori. Questi ne rappresentano la classe prevalente con un’incidenza del 23%. Con riguardo all’anno scolastico 2021/2022, gli studenti iscritti sono stati 14.633. Pari al 2,1% della popolazione scolastica non comunitaria totale.
In particolare, la percentuale più alta di studenti è accolta dalla scuola Primaria. Allo stesso modo, in ambito universitario sono stati 478 gli studenti srilankesi ad essersi immatricolati all’anno accademico 2021/2022. Va però considerato che il tasso di NEET (non attivi in istruzione, lavoro o in formazione) di srilankesi con età compresa tra i 18 e i 24 anni, è leggermente superiore alla media non comunitaria. Tra le principali collettività non comunitarie, quella singalese è quinta per tasso di NEET.
In più, il livello di partecipazione sociale e politica è determinato dall’esistenza di 9 associazioni della diaspora srilankese. Tra le finalità: preservare la cultura e la religione del Paese d’origine, contrastare le discriminazioni e favorire l’integrazione. A stimolare l’inclusione in ambito lavorativo, è invece il numero di iscritti ai tre sindacati italiani della CGIL, CISL e UIL. Con 9.302 tesserati nel 2021, la comunità cingalese si posiziona al sedicesimo posto tra le collettività extra UE.
Immigrazione / Migranti dallo Sri Lanka: l’undicesima comunità extra UE in Italia
Il 54,8% dei cittadini singalesi in Italia si concentra nel Nord Italia, nello specifico in Lombardia (31,3%). Seguono due regioni con percentuali identiche: Veneto e Campania (13,2%). Si aggiungono un 11,2% in Lazio e il 10,7% in Sicilia. Si identifica, dunque, una distribuzione diffusa della comunità su tutto il territorio italiano. Bisogna infine considerare che la collettività srilankese si colloca in terz’ultima posizione per squilibrio di genere (5,5%).
L’incidenza femminile è del 47,2%. Gli uomini costituiscono il restante 52,8%. Un bilanciamento equilibrato e inverso a quello degli anni Ottanta e Novanta, quando la presenza più forte era quella delle donne. Divisi tra cattolici e buddhisti, anche la religione diventa un fattore di influenza nell’integrazione della rete sociale italiana. Un inserimento che, in virtù dell’identità straniera, oscilla tra la conservazione di un’appartenenza lontana e quella di un’appartenenza presente.
Roberta Lazzaro