Lo spostamento dei migranti tra l’Egitto e l’Italia ha costituito, nel tempo, un flusso d’immigrazione significativo in entrambi i sensi. Da un lato, stando ai dati del 2022, la comunità egiziana rappresenta la settima collettività straniera nel nostro Paese. Dall’altro, gli italo-egiziani sono una realtà fortemente radicata in Egitto. Si tratta di due presenze che, nel corso della storia, hanno accompagnato i rapporti tra i due Paesi in un fenomeno migratorio in costante crescita.
Immigrazione / Migranti dall’Italia all’Egitto: chi sono gli italo-egiziani
Il movimento dei migranti italiani verso l’Egitto, inverso a quello seguito dagli egiziani rivolti in Italia, è il prodotto dei rapporti secolari tra i due Paesi. Le relazioni tra questi due mondi sono sempre state influenti e significative. Dagli scambi commerciali e culturali nell’antichità, passando per il periodo coloniale e fino ai tempi moderni. Favoriti dalla vicinanza geografica e dall’appartenenza ad una comune radice mediterranea, la prova della solidità dei rapporti tra l’Egitto e l’Italia è proprio la comunità italo-egiziana.
Stabilitasi nel Paese nel Nord-Africa fin dal XIX secolo, questa collettività ha raggiunto il suo picco demografico a ridosso dell’esplosione della seconda guerra mondiale. Da quel momento, gli oltre 55.000 membri ne fecero il terzo gruppo etnico egiziano. Il numero iniziò a ridursi drasticamente subito dopo il conflitto e con l’avvento al potere del leader Nasser. In particolare, la maggior parte degli italiani fece ritorno in patria tra il 1950 e il 1960.
Immigrazione / Migranti dall’Egitto all’Italia nella storia
Proprio in questo stesso decennio del Novecento, i primi egiziani iniziarono invece a stabilirsi nel nostro Paese. Precisamente, quando alcuni studenti dall’Egitto si trasferirono in Italia per frequentare l’università e istituti di istruzione superiore. Contestualmente, un flusso limitato di lavoratori si trasferiva temporaneamente in suolo italiano per svolgere lavori stagionali o specifici progetti. Solo durante gli anni Settanta l’immigrazione egiziana iniziò ad aumentare in modo significativo.
Il principale fattore di spinta fu la crisi del 1973, seguita alla Guerra del Kippur. In questa occasione, molti egiziani emigrarono in cerca di migliori opportunità. Una buona parte, composta prevalentemente da uomini, fu attratta dalle prospettive economiche e culturali offerte dall’Italia. Il nostro Paese si trasformò così in una delle mete più ambite per chi ricercava condizioni di vita migliori.
I flussi migratori egiziani continuarono poi a crescere nel corso degli anni Ottanta. In questo periodo, la situazione politica in Egitto era particolarmente instabile. Erano tangibili le tensioni e le continue rivolte seguite all’uccisione del presidente egiziano Anwar al-Sadat, nel 1981. Questo contesto, segnato dalle crescenti difficoltà economiche, spinse ulteriormente i cittadini a ricercare nuove possibilità altrove. Conseguentemente, gli anni Novanta e Duemila hanno visto una progressiva presenza egiziana in Italia. Con l’aumento demografico della comunità d’Egitto nel nostro territorio, vennero istituite diverse organizzazioni e associazioni culturali. Lo scopo era quello di facilitare l’integrazione dei nuovi arrivati e fornire loro assistenza nelle questioni burocratiche.
Immigrazione / Comunità d’Egitto in Italia: distribuzione geografica
Secondo i dati del 2022, la comunità egiziana d’Italia è la più grande dell’Unione Europea. Seguita da quella tedesca e quella francese. La grande maggioranza degli egiziani residenti in Europa si è infatti stabilita nel nostro Paese, registrando ormai una marcata anzianità migratoria. Nello specifico, l’82% circa della comunità risiede in Italia settentrionale. La Lombardia è la prima regione per presenze egiziane, con il 67,6% dei membri della collettività.
Al secondo posto, il Lazio con il 12,8%. Mentre, in terza posizione, il Piemonte ospita il 6,6% dei cittadini egiziani regolarmente soggiornanti nel nostro Paese. La comunità è caratterizzata da una scarsissima presenza nel Mezzogiorno, con una percentuale pari al 2%. L’elevata presenza nelle regioni del Nord deriva da un processo di stabilizzazione connesso alle opportunità, in termini di reddito e occupazione, messe a disposizione da questi territori. Dove la necessità di manodopera è stata sempre costante.
Immigrazione / Comunità d’Egitto in Italia: composizione
Lo squilibrio di genere in seno alla comunità egiziana in Italia è piuttosto marcato. Le donne costituiscono solo il 33,3%. Ciò significa che solo un membro della comunità su tre è donna. Infatti, la collettività in questione è la sesta per il più alto squilibrio di genere (33,5%) tra le comunità straniere nel nostro Paese. La distribuzione per classi d’età, rileva invece una forte incidenza di giovani. Con un’età media di 29 anni. Decisamente superiore alla media non comunitaria è, poi, la presenza dei minori.
Con un’incidenza del 32,8%, essi rappresentano la classe d’età prevalente della comunità. Il dato è da collegare all’elevato tasso di natalità della stessa (18%). Al contrario, la quota over 60 (3,6%) è nettamente inferiore alla media dei non comunitari. Queste percentuali, nel complesso, rivelano una comunità estremamente giovane, seconda a quella nigeriana per la minore età media: 29,1 anni. Ulteriore tratto distintivo, è infine la forte presenza di minori non accompagnati. L’Egitto, con 4.899 minori, è la seconda nazione di provenienza dei minori stranieri non accompagnati in Italia.
Immigrazione / Comunità d’Egitto in Italia: cultura, tradizioni e integrazione
La comunità egiziana in Italia ha mantenuto con orgoglio le proprie tradizioni, costumi e lingua araba. Le celebrazioni di festività religiose, come Ramadan ed Eid al-Fitr, sono momenti di importante condivisione. Si aggiungono le moschee e i centri culturali egiziani. Questi, offrendo luoghi di preghiera, istruzione ed eventi culturali, preservano l’identità e la religiosità della collettività d’Egitto. Nonostante la difesa delle tradizioni e delle origini, gli egiziani in territorio italiano hanno da sempre mostrato una grande volontà d’integrazione. Contribuendo a vari settori, molti hanno avuto successo nell’imprenditoria, aprendo attività commerciali, ristoranti e negozi tipici egiziani.
Alcuni hanno invece intrapreso carriere nel campo della medicina, dell’ingegneria, dell’insegnamento e delle arti. Apportando una preziosa diversità culturale al tessuto sociale italiano. È chiaro che, come per molte comunità migranti, anche l’integrazione dei cittadini egiziani ha conosciuto numerose sfide. La lingua e le differenze culturali possono costituire importanti barriere, ma l’interazione con società italiana e il sostegno reciproco all’interno della comunità hanno facilitato il loro l’inserimento nel panorama nazionale. Questa collettività rappresenta, dunque, un esempio di successo di integrazione e coesione sociale. Le radici culturali profonde, unite alla determinazione nel costruire una vita migliore, hanno consentito agli egiziani di contribuire in modo significativo alla nostra società.
Tra l’Italia e l’Egitto: la ferita ancora aperta dell’omicidio di Giulio Regeni
I recenti rapporti tra l’Italia e l’Egitto, in realtà, hanno incontrato non poche complicazioni. A partire dall’ancora aperta questione relativa all’omicidio dell’italiano Giulio Regeni, commesso in suolo egiziano. Regeni, 28 anni, era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge. Rapito al Cairo il 26 gennaio 2016, fu ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nei pressi di una prigione dei servizi segreti egiziani. Torturato prima di essere ucciso, le indagini sul caso sono state aperte immediatamente, fra l’assenza di collaborazione dell’Egitto e i continui depistaggi.
Incidente, omicidio passionale, spaccio di droga. Questi i moventi citati dal Cairo. Fino all’ipotesi, elaborata dai Pm italiani, secondo cui Regeni sarebbe stato ucciso perché ritenuto una spia dei servizi segreti inglesi. Supposizione che, nonostante la continua reticenza della Procura del Cairo nell’aiutare l’Italia, è stata confermata da un supertestimone nel 2019. Secondo il Parlamento Europeo, l’omicidio di Giulio Regeni non è un evento isolato. Sarebbe da collocare in un contesto di torture, morti in carcere e sparizioni forzate che negli ultimi anni hanno interessato l’Egitto.
Su questa scia, ad essere accusati sono stati quattro 007 egiziani. Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Questi i nomi degli accusati di sequestro di persona. A cui si aggiunge, per Abdelal Sharif, anche l’accusa di lesioni e concorso nell’omicidio. Il 3 aprile scorso, la Procura di Roma aveva richiesto l’invio degli atti alla Corte costituzionale per superare la stasi dovuta alle mancate notifiche ai quattro imputati. Sostenendo la mancata collaborazione dell’Egitto. Nel frattempo, la famiglia continua a cercare giustizia in nome di una ferita ancora aperta.
Tra l’Italia e l’Egitto: l’epilogo del caso Zaki
Altra situazione fonte di ulteriori dibattiti politici e diplomatici tra l’Italia e l’Egitto, riguarda il giovane egiziano Patrick Zaki. Attivista egiziano e studente all’Università di Bologna, fu arrestato e torturato non appena atterrato al Cairo. I capi d’accusa del suo arresto, avvenuto il 7 febbraio 2020, sono stati cinque. Minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Secondo l’informazione governativa egiziana, Zaki sarebbe stato attivo all’estero per scrivere una tesi di laurea sull’omosessualità e per incitare contro lo Stato egiziano.
La sua storia può essere sviluppata seguendo delle tappe precise. Dall’arresto nel 2020, passando per il carcere in Mansura e poi in quello di Tora, al Cairo. Dopo vari rinvii di udienze, a causa del Covid-19, il 14 settembre 2021 la Procura suprema per la sicurezza dello Stato ha sostenuto un’unica accusa al processo. “Diffusione di false notizie dentro e fuori il Paese.” Il riferimento riguardava un articolo in cui Zaki riportava alcune persecuzioni e discriminazioni subìte dalla comunità copta egiziana.
Dopo qualche mese, nel dicembre dello stesso anno, il tribunale ordina la scarcerazione del giovane ricercatore. Concedendogli la libertà durante tutta la durata del processo. Ma, il 18 luglio 2023, è stata emessa la condanna definitiva a 3 anni di carcere. Anche in questa giornata, la premier Giorgia Meloni ha mantenuto la posizione assunta fin dall’inizio della vicenda. Rassicurando sul fatto che avrebbe rinnovato il suo impegno nel raggiungimento di un’epilogo positivo. E, in effetti, a poco più di 24 ore dalla condanna è arrivata la notizia della grazia concessagli dal leader egiziano Al-Sisi con effetto immediato.
Roberta Lazzaro