L’Eremo di Sant’Anna dalla metà del ‘700 è un luogo di meditazione, silenzio, fede e, dal 29 luglio 2023, è anche sede della mostra permanente di antiche icone.
L’inaugurazione della mostra si apre in chiesa, con il canto e con la preghiera recitata da don Ezio. Subito dopo prende la parola mons. Antonino Raspanti che sottolinea l’idoneità di queste mura per accogliere le preziose icone della collezione Fortunato Calleri. L’Eremo- dice Raspanti – arricchisce chi lo frequenta, e le icone aiutano i visitatori ad affinare lo sguardo nella ricerca di Dio.
“Vedere l’immagine significa farsi imprigionare da essa, farsi affascinare da essa” – prosegue il prof. Fortunato Calleri, docente all’Università di Catania, appassionato di arte e cultura siciliana dal medioevo al ‘900, collezionista, e ideatore del museo che porta il suo nome. Attualmente, come si legge nella presentazione del museo, le collezioni Calleri sono diffuse sul territorio, ed ospitate, nel Palazzo Vigo di Torre Archirafi, nel Palazzo e nella chiesa dell’Agonia a Randazzo, e ora anche nell’Eremo di S. Anna che, pur appartenendo al Comune di Acicatena, dai più viene associato a Valverde, al cui centro cittadino è più vicino.
Le collezioni Calleri frutto di studi e ricerche
Il prof. Fortunato Calleri è un “sognatore” – così lo definisce mons. Raspanti – capace però di concretizzare i suoi sogni e di offrirli alla comunità, grazie alla ricerca, allo studio e alla raccolta di testimonianze pittoriche e letterarie: “La Sicilia è una terra, anche con riferimento al passato, che ha avuto un fermento culturale invidiabile”.
Prima di concludere il suo intervento, il prof. Calleri, cita il teologo Nicola Cusano(1401-1464) a proposito della concordia fra le religioni monoteiste. “La verità è unica, la Chiesa cristiana nasce come religione globale che dalla Palestina si diffonde ad est e ad ovest.
Non c’è che una sola religione, nella varietà dei riti. E questo concetto è testimoniato dalle icone realizzate sin dall’inizio del cristianesimo in Etiopia, Egitto, Grecia e, successivamente in Bulgaria, Romania, Russia ecc. Dialogo interreligioso testimoniato anche da Giotto nella Basilica di Assisi, nell’affresco dal titolo “San Francesco davanti al Sultano”.
La relazione di mons.Gallaro sulla mostra di icone
L’incontro prosegue con la relazione di mons. Giorgio Demetrio Gallaro, segretario emerito del Dicastero per le Chiese orientali, e già vescovo di Piana degli Albanesi. In Sicilia, per la cronaca, ci sono 18 Diocesi di cui una di rito bizantino.
Il suo intervento è centrato sulle icone, “finestre sul mistero, capaci di far entrare il credente in contatto con il soprannaturale, ricevendone una risposta esauriente”. E, a questo proposito, cita il filosofo e teologo russo Pavel Evdokimov (1901 – 1970), autore del libro “la Teologia della bellezza – l’arte dell’icona”.
L’icona, dal greco immagine, è dipinta su una tavola di legno stagionato, trattata con gesso e colle di coniglio. Su questa base viene abbozzato il disegno da realizzare, secondo canoni ben precisi. Le figure che si possono realizzare sono: Cristo Pantocratore, la Madonna senza o con bambino, profeti dell’antico testamento, il martirio dei santi.
I colori, tutti ottenuti da sostanze naturali, seguono una precisa simbologia. L’oro è simbolo della luce e dello splendore divino, il rosso porpora è il colore della regalità, il verde è quello della vita; il blu rappresenta la trascendenza, il bianco simbolo di purezza e così via.
Nessuna icona è firmata dall’autore, perché l’iconografo, in genere un asceta, opera per “conto di Dio”.
La rappresentazione del divino si deve a Gesù. “Il verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” – conclude mons. Raspanti. Da quel momento in poi, nei secoli, è stato possibile raffigurare Dio, e specie fra gli artisti della religione cattolica, c’è stato un moltiplicarsi di rappresentazioni e di interpretazioni, che da Cartesio in poi, ha fatto esplodere il soggettivismo artistico.
Eremo Sant’Anna, 70 icone in mostra
Concluse le relazioni, i presenti si trasferiscono al primo piano dell’Eremo, per ammirare la collezione delle icone. Sono circa 70 quelle esposte, sono state realizzate fra il XVIII e XX secolo, e provengono da varie nazioni: Russia, Grecia, Bulgaria, Romania ecc.
Si tratta senz’altro di mostra di alto livello, che per la bellezza e complessità del tema, richiede però la presenza di un esperto in grado di far apprezzare, stili, simbologie, significati visibili e invisibili. In mancanza, potrebbe essere utile corredare le icone di un inquadramento storico e geografico, di didascalie semplici e chiare sui personaggi, con la descrizione delle interessanti e simboliche singole fasi del processo da seguire nella realizzazione di un’icona, sull’uso dei colori e relativi significati.
Se l’icona è una finestra sul mistero, da oggi l’Eremo di S. Anna, si arricchisce di una nuova opportunità per andare oltre, e per dialogare con il trascendente.
Rosa Maria Garozzo