Negli ultimi anni, la questione dei pescherecci siciliani sequestrati dalla Libia nelle acque internazionali al largo delle sue coste è diventata una vera e propria emergenza per l’Italia. Con l’importanza economica che la pesca riveste per la Sicilia, l’accaduto rappresenta un duro colpo per i pescatori siciliani che vedono le proprie attività messe in pericolo. Tale fenomeno si è intensificato negli ultimi anni, creando tensioni tra i due paesi. L’area marittima contesa è quella delle acque internazionali al largo delle coste libiche e gli incidenti che coinvolgono i pescherecci siciliani vanno oltre la mera violazione delle norme internazionali, costituendo un grave pregiudizio per il settore della pesca siciliana. In questa sede approfondiremo la questione dei pescherecci siciliani sequestrati dalla Libia, analizzando gli episodi più recenti e le conseguenze che questi incidenti hanno avuto sul settore della pesca nella regione.
Pesca / Libia, una panoramica sui sequestri dei pescherecci siciliani
Non è difficile trovare dei pescatori che hanno vissuto in prima persona le disavventure di un sequestro in mare da parte di presunte autorità libiche. Infatti, negli ultimi anni ci sono stati 3 morti e 27 feriti da arma da fuoco. Oltre 300 pescatori fatti prigionieri. 150 pescherecci sequestrati, alcuni dei quali mai restituiti. Generalmente, l’accusa che fa capo ai sequestri è quella di sconfinamento in acque territoriali; si è parlato anche di contrasto alla pirateria, pesca illegale e molto altro. Quali sono i criteri per i quali la Libia può o meno sequestrare un peschereccio? Ma soprattutto, sono legittimi e riconosciuti, questi criteri?
Pesca / Pescherecci siciliani sequestrati dalla Libia: acque internazionali e territoriali
Le acque internazionali sono quelle porzioni dell’Oceano che si trovano al di fuori della giurisdizione di qualsiasi Stato. Sono considerate “patrimonio comune dell’umanità” e non possono essere rivendicate o controllate da nessun paese. Queste acque comprendono il mare aperto, le aree marine oltre i limiti della zona economica esclusiva (ZEE) di uno Stato e le regioni polari. Le acque territoriali, invece, sono le porzioni di mare che si estendono fino a 12 miglia marine dalla linea base della costa di uno Stato. All’interno di queste acque, lo Stato esercita sovranità esclusiva e il controllo su di esse, compresi i diritti di sfruttamento delle risorse. Le leggi e gli accordi che regolano le acque internazionali e territoriali sono stabiliti dal diritto internazionale del mare.
Principalmente dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) adottata nel 1982. Questa Convenzione definisce i diritti e gli obblighi degli Stati costieri e degli Stati senza litorale. Nonché le regole per la navigazione, la pesca, la ricerca scientifica, l’uso delle risorse naturali e la conservazione dell’ambiente marino. Le fonti che contribuiscono alla definizione e all’applicazione delle leggi sulle acque internazionali e territoriali includono accordi bilaterali e multilaterali tra gli Stati. Organismi internazionali come l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). Nonché la prassi riconosciuta a livello internazionale e le decisioni delle corti internazionali.
Pesca / Pescherecci siciliani sequestrati: perché la Libia li accusa di sconfinamento in acque territoriali?
Le acque territoriali della Libia sono definite dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Secondo la quale, le acque territoriali di uno Stato si estendono fino a 12 miglia nautiche (circa 22,2 chilometri) dalla linea di base costiera. Tuttavia, è importante notare che a causa della situazione politica e militare in Libia, diversi attori controllano diverse parti delle acque territoriali del paese. I confini marittimi e la sovranità sulle acque territoriali sono oggetto di controversie tra i diversi attori libici e sono conosciuti in modo diverso a livello internazionale. La legge specifica che stabilisce le acque territoriali della Libia è la Resolution No.19 del 1973, emanata dal Consiglio Rivoluzionario del popolo Libyan, che stabilisce i confini marittimi del paese sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982.
Proprio perché la Libia non è uno Stato realmente unito, tanto dal punto di vista governativo quanto per quello popolare, quelle che sono considerate le acque territoriali cambiano da fazione a fazione. Una parte della Libia riconosce le 12 miglia nautiche come acque territoriali, l’altra le estende fino a 70 miglia, in maniera del tutto arbitraria. Ciò causa dei problemi – anche diplomatici – con gli altri Stati e “legittima” illegalmente il sequestro dei pescherecci siciliani. Da ciò ne deriva che se un peschereccio si trova 50 miglia marine al largo della costa libica, per una parte di Libia si tratta di acque internazionali, per l’altra di acque territoriali.
Pesca / Due dei pescherecci siciliani sequestrati in Libia: l’Antartide ed il Medinea
Il 1° settembre del 2020 gli equipaggi dei due pescherecci, Antartide e Medinea, sono stati trattenuti a Bengasi per 108 giorni dopo essere stati fermati nel Mediterraneo durante una battuta di pesca. L’accusa contro i 18 uomini da parte del governo libico non riconosciuto del generale Haftar era quello di aver sconfinato in acque territoriali libiche. “Mio figlio mi ha chiamato e mi ha detto ‘papà, ci vogliono buttare a fondo…abbiamo la motovedetta sotto, ci sparano” – ha raccontato alla televisione nazionale il padre di uno degli armatori.
L’Antartide ed il Medinea erano due dei nove pescherecci che si trovavano a pescare al largo delle coste libiche quel giorno. Le coordinate esatte erano: 33°04’35″N / 23°14’25″E. Si trovavano a 28 miglia marine dalle coste libiche e a 16 miglia marine all’interno delle acque internazionali. Per il generale Haftar si trattava di sconfinamento in acque internazionali. Ma per il Sen. Gregorio De Falco (ex comandante della Guardia Costiera Italiana) si è trattato di “un atto ostile che ha le medesime caratteristiche di un atto piratesco, con l’unica differenza di essere riportabile ad uno Stato”.
Pesca / Pescherecci siciliani sequestrati in Libia: curiosità sui mezzi libici
Una cosa che ha destato non poco scalpore tra i cittadini italiani in merito ai sequestri dei pescherecci siciliani in Libia è il fatto che i mezzi utilizzati per i sequestri sembra che siano italiani. La Libia, infatti, possiede motovedette italiane perché l’Italia ha fornito equipaggiamenti, mezzi navali e dii sorveglianza per aiutare il paese a contrastare il flusso di migranti e combattere il traffico di esseri umani lungo le sue coste. Questo fa parte dui un accordo bilaterale tra i due paesi per affrontare il problema dell’immigrazione irregolare. Gli accordi attuali tra l’Italia e la Libia includono:
- Accordo di amicizia, partnership e cooperazione del 2008. Questo accordo ha stabilito la cooperazione politica, economica e di sicurezza tra i due paesi;
- Memorandum d’intesa del 2017. Firmato tra l’allora primo ministro italiano Gentiloni e il primo ministro libico Fayez al-Sarraj e riguarda principalmente la cooperazione sulla gestione dei flussi migratori e la lotta al traffico di esseri umani;
- Accordo tra il governo italiano e il governo libico sulla cooperazione in materia di sicurezza e contrasto alla criminalità del 2020. Quest’ultimo prevede la cooperazione nella formazione delle forze di sicurezza libiche, il monitoraggio delle frontiere, la lotta al traffico di droga e il contrasto al terrorismo.
Non è un caso, quindi, se nel 2009/10 (durante il governo Berlusconi) l’allora Ministro degli Interni Maroni ha regalato sei motovedette alla guardia costiera libica. E non lo è nemmeno se nel 2017/18 il governo Gentiloni ha consegnato alla Libia altre 2 motovedette, 10 pattugliatori e 2 imbarcazioni superveloci.
Pesca / Libia: è una zona ad alto rischio, ma non illegale
Potrebbe sorgere spontanea una domanda: “Perché i pescatori siciliani operano al largo delle coste libiche se corrono il rischio di essere sequestrati?”. Benché legittima, è una domanda che nega in qualche modo il diritto del pescatore di operare in acque in cui è autorizzato, per competenze e per licenze. La Libia è una zona marittima ad alto rischio, ma non esclusiva ai libici. Tuttavia, poiché da decenni si verificano sequestri con cadenza periodica (n.d.r. l’ultimo risale a poco più di un mese fa), nel 1959 è stato istituito il Vi.Pe (Vigilanza Pesca). Il Vi.Pe è un progetto di controllo della pesca creato dalla Marina Militare Italiana per supportare l’industria ittica italiana. Che è la terza più grande in Europa e la prima nel Mediterraneo, con oltre 12.000 imbarcazioni. L’attività si svolge nel Mar Mediterraneo, nello Stretto di Sicilia.
Le navi della Marina Militare hanno il compito di garantire ai pescatori italiani la libertà di esercitare la pesca in alto mare. Il tutto nel rispetto delle leggi nazionali ed internazionali. La sorveglianza e la difesa costiera nel contesto della Vigilanza Pesca sono affidate alle unità navali del Comando delle forze di Pattugliamento, in collaborazione con l’ala aerea della Stazione elicotteri della Marina di Catania. Nel 2019, le navi della Marina Militare hanno completato 20 missioni di Vigilanza Pesca, pattugliato per un totale di 5.200 ore e percorso più di 32.000 miglia per tutelare gli interessi nazionali. Il tutto in stretta collaborazione con il dispositivo aeronavale dell’Operazione Mare Sicuro. Dunque è vero che le acque internazionali al largo della Libia sono molto pericolose. Ma è vero anche che quando i nostri pescherecci si trovano lì non sono mai soli (o quasi).
Grazia Patanè