Opinioni / Costituzione, la proposta governativa di riforma mina il sistema democratico

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Parlamento

La presentazione del testo di cosiddetta “riforma” costituzionale, presentato dal governo di destra, travalica oltremodo lo spirito e la sostanza della Costituzione italiana. E ne appalesa tutto lo strumentalismo, peraltro di bassissimo livello, in funzione del miserrimo accaparramento del consenso.

Proporre una siffatta “modifica costituzionale“ rovescia del tutto la profonda e articolata struttura parlamentare voluta dalla Costituzione. Comprendendo nel contempo la declassazione della figura e dei poteri sommamente regolatrici e di salvaguardia del Presidente della Repubblica. Non ha neanche un superficiale valore giuridico-costituzionale. Si può considerare un tentativo di colpo di Stato.

Infatti, il voto diretto per l’elezione del presidente del Consiglio non modifica, ma stravolge l’assetto della Costituzione. Non solo nella fondamentale divisione dei poteri, ma anche in tutta una fitta e virtuosa rete di pesi e contrappesi che ne regolano, come in nessun’altra Costituzione, la diffusione massimamente voluta dai Costituenti.
In sostanza sarebbe come se, per “restaurare” o “rinfrescare” un edificio, lo si abbattesse e si costruissero nuove “fondamenta”.

Parlamento italiano
(Foto Agensir)

Una riforma che salvaguardi la Costituzione

La Costituzione prevede bensì, in se stessa, la possibilità della propria modifica purché rigorosissimamente attuata con l’ineludibile “procedimento aggravato”. Vera salvaguardia, questo, della Costituzione e della volontà di chi mirabilmente la concepì e la creò. E ribadendo con estrema chiarezza che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.” (art. 139)

Se formalmente la “forma repubblicana“ non viene messa in discussione, va bensì considerato che bisogna tener in conto della intelaiatura e delle relazioni istituzionali di essa. Come sono stati storicamente e peculiarmente individuati e connessi.

Ma, se essa restasse solo una “forma”, di fatto sarebbe il suo superamento oligarchico. Massimamente nel punto cruciale delle figure del “premier” eletto direttamente e del Presidente della Repubblica che è eletto, invece, dal Parlamento in seduta comune.

Sergio Mattarella presidente Stato italiano
(Foto Agensir)

Va da sé che si configura, così, un depotenziamento della rappresentanza del capo dello Stato e un’abnorme concentrazione di potere. E il nostro Paese ha avuto di questo dolorosissima esperienza storica non molto lontana.

La riforma della Costituzione mina il sistema democratico

Per parte mia, non so se essere più sbalordito di tanta ignoranza, che non si cura neanche della consapevolezza e anzi cerca in ogni modo di mascherarla, o dell’attacco assai ferale alla Repubblica parlamentare. Perdipiù quando questa è già indebolita moltissimo da decenni di ignavia e inanità della Rappresentanza parlamentare, ridotta ormai a mero elenco di nominati dalle oligarchie partitiche.

Occorre spiegare e spiegare, per essere consapevoli che si gioca una “partita” decisiva per le sorti dell’equilibrio fondamentale della Repubblica, con la scandalosa proposta che sembra volere creare uno Stato autoritario, che avrebbe la copertura meramente formale del nominalismo pseudodemocratico dell’esaltazione del voto popolare e del suo “potere” indiscutibile.

Vero è che il suffragio popolare diretto universale è, sì, una condizione necessaria ma non sufficiente perché non ripara il Sistema dall’occupazione del potere da parte della maggioranza (qualunque essa sia). Quando invece solo il Costituzionalismo, normando il peso e il contrappeso diffuso del potere e dei poteri, può garantire.

Ci aspetta una dura stagione di lotta in qualsiasi luogo nel quale il Popolo vive la sua quotidiana esistenza, per attuare una vigorosa pedagogia sociale, assai difficile ma indispensabile e rigorosa.
Noi del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale confidiamo nei                  banchetti e nella relazione umana reale e siamo pronti alla bisogna.

                                                                           Rosario Patanè

                                               Coordinamento per la Democrazia Costituzionale