Viagrande / Spunti dalla conferenza del Comune contro la violenza sulle donne

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Sabato 25 Novembre, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, il comune di Viagrande ha organizzato una conferenza sull’argomento presso i locali dei Viagrande Studios. L’evento è stato fortemente voluto dall’Assessora alle Pari Opportunità, Teresa Cristaldi, e appoggiato dall’intera amministrazione Faro. 

Viagrande / Conferenza contro la violenza sulle donne: i relatori

Il convegno ha unito la presenza di professionisti, che hanno inquadrato il problema ognuno secondo le proprie competenze ed esperienze. Hanno partecipato la giornalista Sarah Donzuso, Giorgia De Acutis, Comandante della Compagnia Carabinieri di Caltagirone, Giuseppe Ettore, Direttore U.O. Ostetricia e Ginecologia dell’ARNAS Garibaldi-Nesima, Vincenza Bifera, esperta di criminal profiling, vittimologia e volontaria nel centro antiviolenza Galatea, e Cettina Pollicino, volontaria psicologa al centro antiviolenza Galatea e psicologa penitenziaria. A chiudere l’incontro le testimonianze di Vera Squatrito e Giovanna Zizzo, madri di Giordana e Laura uccise dalla violenza maschile.  

La riflessione non ha potuto non prendere avvio senza ricordare l’uccisione di Giulia Cecchettin che ha tenuto l’Italia intera con il fiato sospeso nella speranza che questa storia, per una volta, potesse finire in modo diverso. E invece ci ha sbattuto in faccia quanto anche nelle generazioni più giovani l’idea della subalternità della donna sia difficile da eradicare e come a volte chi si macchia di questi crimini si celi dietro personalità insospettabili. L’incontro è stato aperto dalla Sarah Donzuso scrittrice, giornalista, insegnante e anche testimone in prima persona di atti di persecuzione da parte di un uomo.  

La sua analisi brillante pone subito l’accento su una caratteristica che verrà più volte ripresa anche dagli altri relatori. Tutte le storie di femminicidio si caratterizzano per il passaggio obbligato da una fase di violenza psicologica. La maggior parte delle volte quando le donne si sottraggono a quel regime di controllo da parte del partner e dichiarano la volontà di volersi da lui separare, questi ricorrono al ricatto psicologico che si manifesta in frasi del tipo “Senza di te non vivo” o “se mi lasci mi ammazzo”. Sfortunatamente nessuno di loro dà poi seguito a queste parole. 

 “Loro non hanno mai il coraggio di ammazzarsi ma sanno ammazzare” 

Quando si parla di femminicidi si sente dire spesso che la cultura è la sola arma che può combattere questa piaga ma è davvero così? Chiede Donzuso. La cronaca ci riporta molti episodi di femminicidi, non ultimo quello di Giulia, che avvengono per mano di uomini che appartengono alla fascia alta della società, provenienti da famiglie che inseguono e tramandano la cultura.  

Viagrande / Conferenza contro la violenza sulle donne: educare ai rapporti 

Secondo Donzuso, si tratta invece di una questione di educazione ai rapporti e all’affettività. Dello stesso parere Pollicino. Nella sua esperienza lavorativa ha avuto modo di chiedersi cosa intendono le giovani generazioni per amore. Sembra spesso che venga scambiato per attenzioni morbose e gelosia escandescente. I social poi non fanno altro che amplificare questa visione soprattutto perché, come sottolinea la Dottoressa, i ragazzi hanno delle vere e proprie identità parallele a cui gli adulti non hanno accesso.  

Viagrande / Conferenza contro la violenza sulle donne: il potere delle parole

Una questione in particolare è stata discussa a più riprese: qual è il modo corretto di raccontare una storia di femminicidio? Come spiegato da Vincenza Bifera, l’identità della donna e della vittima più in generale non è sempre stata centrale nella giurisprudenza. Basti pensare che il reato di stupro fino al 1996 era reato contro la morale, non esisteva il reato contro la persona e ciò significava cancellare completamente la centralità della vittima. Questo fenomeno oggi continua ad accadere nelle aule di tribunale e soprattutto nei giornali. Il meccanismo è lo stesso: “si cerca di far passare l’imputato per vittima e spostare l’accusa su quest’ultima. ScrivereL’ha uccisa perché l’amava troppo’ è un ossimoro non solo semantico ma anche logico.” 

“Uno dei miei compiti all’interno del centro antiviolenza – continua Bifera – consiste nel riscattare l’identità delle donne occupandomi della responsabilità etica del linguaggio. Quando un giornalista chiede perché delle ragazze sole stessero passeggiando a mezzanotte, noi possiamo ribattere riportando l’attenzione su quello che è il modo etico e corretto di raccontare una storia”. “Il linguaggio è importante perché è pensiero e il pensiero ci possiede. Uno stereotipo ci possiede”. 

Viagrande / Conferenza contro la violenza sulle donne: una cultura patriarcale  

Patriarcato è una parola che nelle ultime settimane è balzata in tendenza dando vita ad accese discussioni. Anche nella conferenza non tutti i relatori si trovano d’accordo nel descrivere la società italiana come patriarcale ma tutti convergono sull’esistenza di un problema culturale. In questa accezione il termine cultura indica i pensieri e le credenze di una società e quindi comprende stereotipi e aspettative di genere. Donzuso afferma che il motivo per cui molte donne finiscono per intraprendere relazioni sbagliate è perché “esiste una società complice di queste persone. Una società in cui quando raggiungi i 35 anni ti comincia a chiedere perché non hai un marito, perché non hai dei figli”.  Per soddisfare, quindi, queste aspettative ci si accontenta per non rimanere sole. 

Scardinare la cultura della donna oggetto

Bifera argomenta che bisogna andare oltre e “scardinare la cultura che oggettivizza l’identità della donna. Questo atteggiamento in criminologia ha un nome ben preciso: reificazione sessuale. Troppe le pubblicità e trasmissioni che usano la donna come oggetto sessuale da esporre in bella mostra. Le donne sono deprivate della loro identità e intelligenza. Se deprediamo un essere umano della propria identità, se trattiamo le donne come esseri umani di serie B il passo a trattarle come oggetti è breve. […] Come risultato di questo fenomeno si passa quello dell’eufemismo della colpa per cui nella società si diffonde l’idea che non è poi così grave [se le donne subiscono abusi]” 

A questo proposito è stato ricordato come fino a quasi dieci anni fa la parola femminicidio fosse un termine poco usato da giornali e non riconosciuto dalle istituzioni perché si pensava che l’omicidio comprendesse tutto e, forse, perché i tempi non erano maturi per venire a patto con la realtà di una società fondamentalmente maschilista. La teoria criminologica accetta il termine femminicidio perché è un omicidio che ci racconta il perché è stato commesso quel delitto: “L’uccisione di una donna in quanto donna. Il femminicidio è un omicidio annunciato in quanto la teoria criminologica rifiuta il termine raptus poiché in questi casi si tratta di una violenza in escalation. L’offender sonda fino a che punto si può spingere”. 

Viagrande / Conferenza contro la violenza sulle donne: quando preoccuparsi

Fra gli interventi da segnalare quello del Capitano Giorgia De Acutis, Comandante della Compagnia Carabinieri di Caltagirone, che parla della campagna di sensibilizzazione che l’Arma compie nelle scuole. Quello che il Comandante tiene a ricordare è che chi subisce atti di sopraffazione difficilmente li racconta e se lo fa li minimizza. La preghiera che facciamo da Carabinieri è di farci testimoni, di non colpevolizzare. Non bisogna pensare che la donna debba essere la persona che deve capire che sta subendo violenza e trovare il coraggio di denunciare. Dobbiamo aiutare come società, dobbiamo tendere le orecchie per quei piccoli segnali che nella vita di tutti i giorni a partire dall’ambiente scolastico possono essere spie di comportamenti abusanti”. 

In relazione a questo passaggio, Bifera racconta del percorso che viene intrapreso all’interno dei centri antiviolenza. La relazione vittima-carnefice è asimmetrica ed una delle prime cose che facciamo quando prendiamo in carico una vittima è ricostruire una fotografia del crimine. Questo perché le donne che non denunciano sono donne che hanno difficoltà a comprendere che stanno vivendo una relazione maltrattante perché all’interno di questa ciclicità, dopo l’atto abusante, il carnefice torna nella cosiddetta ‘fase della luna di miele’ dove si mostra pentito e innamorato. Questo genera confusione e solo la consapevolezza può aiutare a dissiparla. Proponendo una ricostruzione della ciclicità della violenza cerchiamo di far comprendere che anche quell’apparente ritorno alla normalità è violenza e manipolazione”.  

La teoria della triade oscura

“Nella teoria della triade oscura che traccia il profilo della personalità dell’offender notiamo che vi è una totale mancanza in questi individui di empatizzare con gli altri. La violenza, quindi, insorge quando in qualche maniera ci si sposta dal controllo del partner, la matrice è quella del possesso.”  Per questo motivo bisogna porsi le seguenti domande: Mi ama quando io sono compiacente? Mi ama perché sono io o perché sono un prolungamento del suo ego? Riesce ad amarmi quando ragiono con la mia testa e non lo accontento Rispondere a questi quesiti è importante perché chi ci ama non ci vuole trasformare e ci rispetta nella nostra identità”. 

Viagrande/ Conferenza contro la violenza sulle donne: le testimonianze di Vera Squatrito e Giovanna Zizzo conferenza femminicidio viagrande

Queste due donne dalla forza straordinaria collaborano da tempo con le scuole nell’opera di sensibilizzazione sul tema del femminicidio. Avevano già collaborato con l’istituto comprensivo Giovanni Verga di Viagrande e proprio a Viagrande sono ritornate stavolta rivolgendosi agli adulti. I temi affrontati sono quelli del senso di abbandono da parte dello Stato e di diritti negati. Come ricorda Giovanna Zizzo “i miei tre figli hanno visto loro padre uccidere loro sorella e lo Stato li non riconosce come vittime. Nemmeno mia figlia Marika che è sopravvissuta e che porta più di 80 punti lo è” 

Trovare una ragione di vita quando ti è stata strappata una figlia non è facile. Ma il percorso intrapreso con i ragazzi è sempre stato fonte di positività tanto da poter scacciare la negatività nei confronti di chi ha ucciso mia figlia. Il femminicidio non è soltanto Giordana, Giulia, Lauretta e tutta quella lista lunghissima di nomi. Il femminicidio siamo anche noi che restiamo e lo definisco femminicidio in vita”.

Queste le parole di Vera Squatrito, che continua: “Nessuno si interessa a noi ma gli assassini hanno psicologi, avvocati, difese perfette. Dove possono denigrare la donna e possono farlo perché non è diffamazione. Quindi noi siamo costretti a vedere le nostre figlie uccise nuovamente all’interno di un’aula di tribunale”. “Il vero ergastolo è il nostro, per noi non finirà mai. Siamo vittime invisibili”, afferma Giovanna Zizzo.

                                                                                                  Tania Sambataro

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