Lumen Fidei: Papa Francesco esorta a vivere la fede “pubblicamente”

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Il laicismo e l’individualismo del nostro tempo hanno diversamente gravato sulla vita del credente. Il primo ha condotto a sminuire le manifestazioni pubbliche della fede personale, proibendo che si manifesti attraverso segni riconoscibili; l’altro, sulla medesima scia, togliendo al credere la sua cittadinanza nel vivere sociale, lo ha ridotto ad un fatto privato, ma anche soggettivo. Il risultato? Il credente non dovrebbe manifestare in pubblico le proprie convinzioni, ma tenerle per sé e, ancora, ormai chiuso in se stesso, ciascuno sceglierebbe che cosa credere o no e come vivere.

Lumen Fidei. La prima Enciclica di Papa Francesco sulla fede
Lumen Fidei. La prima Enciclica di Papa Francesco sulla fede

Se questa è la situazione in cui tante volte si trova il credente oggi, si capiscono bene le parole della “Lumen fidei”, l’enciclica sulla fede: “La fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione soggettiva, ma nasce da un ascolto e destinata a pronunciarsi e a diventare annuncio” . Parole che intendono ridare alla fede la sua dimensione pubblica di testimonianza per il bene del mondo e la sua dimensione comunionale: non si crede da soli e non si è il metro delle verità di fede. Qualcuno ha parlato del credente come di colui che si costruisce da sé il patrimonio della fede, attingendo verità e credenze un po’ ovunque, anche da altre religioni.

Papa Francesco
Papa Francesco

Tante volte il risultato è quello di un insieme di convinzioni personali, ritenute originali, ma poco significative in ordine all’intera esistenza, specialmente al “dopo”, una fede poco influente sul vivere quotidiano. Davanti a questo “fai da te”, la prima enciclica di Papa Francesco ricorda tutto un altro orizzonte, iniziando dall’origine. Credere è imparare a vedere se stesso nella figura di Cristo: egli è la risposta alle grandi domande di senso, che attraversano l’esistenza – da dove vengo? Che senso ha vivere? Che cosa c’è dopo questa vita? Chi sono? – ed è lo specchio in cui scoprire la propria immagine, l’immagine dell’uomo in pienezza. Infatti, chi segue Cristo l’uomo vero, diviene pure lui più uomo. “E come Cristo abbraccia in sé tutti i credenti, che formano il suo corpo, il cristiano comprende se stesso in questo corpo, in relazione originaria a Cristo e ai fratelli nella fede”. Il primo passo è dunque quello di riconoscere una relazione originaria a partire da cui si può credere e questo legame è contemporaneamente con Cristo e con i fratelli. I credenti sono uniti in modo vitale a Cristo: “La fede cristiana è centrata in Cristo, è confessione che Gesù è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti (cf. Rom. 10,9)” (15). Nel Figlio unigenito si manifesta pienamente l’affidabilità di Dio. La sua vita appare come il luogo dell’intervento definitivo di Dio e la suprema manifestazione del suo amore per noi. In Cristo il Padre ha dato tutto se stesso e ha rivolto la Parola definitiva, che rassicura l’uomo. Così “la fede coglie nell’amore di Dio, manifestato in Gesù il fondamento su cui poggia la realtà e la sua destinazione ultima”. Ma c’è ancora qualcosa: Cristo non è solo Colui in cui crediamo, perché manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche “Colui al quale ci uniamo per poter credere” (18). Egli conosce le cose meglio di noi, pertanto è affidabile: è come l’architetto che ha costruito la nostra casa e che ci rassicura quando vi entriamo e vi dimoriamo. Sì abbiamo bisogno di qualcuno che sia affidabile ed esperto nelle cose di Dio: Gesù ci spiega i misteri del Padre e ci indica come vivere la relazione filiale. La relazione originaria si vive poi nei confronti degli altri, con i quali si forma un unico corpo. Anche l’unione con i fratelli è vitale per la fede, che possiede così, oltre la dimensione cristologica, quella ecclesiale: si confessa all’interno del corpo di Cristo, come comunione concreta dei credenti e si vive insieme agli altri.

MARCO DOLDI

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