La notizia era nell’aria da anni. Era solo questione di tempo e, alla fine, è arrivato inesorabilmente l’annuncio di questa “inspiegabile morte”. Amara ironia, questa, per commentare il finale previsto per colui che era il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin, ritenuto quasi all’unanimità il diretto responsabile dell’accaduto. Ripercorriamo ora la vicenda umana e politica di Alexej Navalny in stretta e necessaria correlazione con le reazioni autoritarie del regime russo.
Alexei Navalny, tra politica ed attivismo
Navalny nasce il 4 giugno del 1976 a Butyn, poco distante da Mosca. La famiglia è di origini in parte ucraine ed il padre è un ufficiale dell’Armata rossa. Studia legge e lavora come avvocato in varie aziende. La sua attività politica inizia iscrivendosi al partito Jabloko, di cui divenne leader per poi essere espulso in quanto ritenuto da alcuni eccessivamente nazionalista, addirittura xenofobo. Nel 2011 dà vita al progetto RosPil tramite cui monitora abusi edilizi e appalti pubblici contro frode e peculato, a tutela dei cittadini che possono anche denunciare le irregolarità.
Nello stesso anno, sale alle cronache come dissidente anti – Putin dopo aver etichettato il partito Russia Unita, come un covo di ladri e truffatori. Un anno dopo, Putin è rieletto e Navalny organizza una manifestazione di protesta portando in piazza ben 30 mila persone. La sua visibilità in Russia e all’estero preoccupa il Cremlino. Ormai è divenuto il dissidente politico principale di Putin avendo mostrato la corruzione del suo regime ed essendosi opposto all’invasione dell’Ucraina.
La forte repressione tra avvelenamenti e condanne
Ad agosto del 2020, mentre viaggiava su un aereo, Navalny avvertì un malessere così importante da perdere totalmente conoscenza. Fu subito trasportato nella clinica di Berlino più vicina e, dopo pochi giorni, la medesima struttura conferma l’ipotesi di avvelenamento da novichok, agente nervino inserito negli slip dell’oppositore durante il soggiorno in un hotel. Nel 2021 fece ritorno in Russia e arrestato all’aeroporto di Sheremetyevo per non aver rispettato l’obbligo di firma per una precedente condanna.
Il 4 agosto 2023, l’ultimo sgarro: il tribunale di Mosca lo condanna a 19 anni di reclusione per il reato di “estremismo”. E lo rinchiudono nella colonia penale numero 3, nell’estremo Nord-Est della Russia, oltre il confine con il Circolo Polare Artico. La condanna, alla luce degli ultimi eventi, diventa a vita e si conclude con la morte del dissidente dal forte sapore di “uccisione”, se non effettiva, graduale, considerando le condizioni e le punizioni disumane a cui sarà stato sottoposto.
La versione di Mosca e le varie ipotesi
Mosca, dal canto suo, parla di un coagulo di sangue che avrebbe causato un ictus. Ma i medici vicini alla famiglia sono scettici in quanto non molto tempo prima non riscontrarono in Navalny alcun rischio di trombo embolia. Secondo i propagandisti di RT (Russia Today), la causa dell’ictus sarebbe da attribuire ad un nuovo avvelenamento, come avvenne nel 2020. Dimostrare tale tesi, però, sarà difficile, se non impossibile. La commozione e le ombre sulla morte dell’attivista russo hanno spinto centinaia di suoi sostenitori a riunirsi in manifestazioni in memoria del loro coraggioso leader. Ci sarebbero stati oltre 300 fermi in tutta la Russia, a conferma del clima di repressione in cui versa la nazione.
Le reazioni del mondo alla morte di Alexei Navalny
Ursula Von der Leyen sentenzia: “La sua morte ci ricorda chi è Putin”. Per Scholz, ha pagato il suo coraggio. Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, si dice scioccato per il triste evento. Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha attaccato Putin definendolo “un mostro”. Menzione speciale merita la dichiarazione del Presidente dell’Ucraina, Zelensky, il quale si dichiara sicuro del fatto che Navalny sia stato ucciso e che questo sia l’ennesimo crimine del Cremlino. Di tono più moderato i messaggi della leader Giorgia Meloni e del nostro Capo di Stato, Sergio Mattarella. Entrambi, infatti, esprimono il loro cordoglio e si augurano che si possa fare presto piena luce sull’accaduto. Dal canto loro, i Russi replicano: “contro di noi accuse indiscriminate e infondate”.
L’Odissea della madre di Navalny
La madre di Navalny Lyudmila Navalnaya si è recata con un legale a Salekhard, dove secondo le autorità era stata conservata la salma, ma non è riuscita a vedere il corpo del figlio. Il legale ha chiesto la consegna del corpo alla famiglia, ma quando hanno visitato l’obitorio, questo era chiuso. L’avvocato ha poi fatto sapere di aver chiamato l’obitorio e gli è stato detto che il corpo di Navalny non si trova là.
“Sindrome da morte improvvisa”, un altro termine vago e riconducibile a patologie cardiache, è la causa addotta dai dirigenti della colonia penale per la morte del dissidente.
La scomparsa del corpo di Navalny, così come la sua sottrazione a un’autentica autopsia, potrebbero significare che non si saprà mai la vera causa della sua morte.
La totale mancanza di trasparenza, abituale per il Cremlino, suonerebbe come una conferma per chi pensa che l’abbiano ammazzato in tre anni di prigionia in condizioni disumane, o in una notte.
A conclusione di questa giornata difficile, i commenti dei familiari del dissidente sono colmi di amarezza. La moglie Yulia: “Putin è responsabile della morte di mio marito, sarà punito”.
La madre del dissidente russo: “Era allegro e in buona salute quando lo abbiamo visto per l’ultima volta quattro giorni fa, non voglio sentire condoglianze”.
Considerazioni conclusive
Ognuno di noi si sarà sicuramente fatto un’idea su cosa possa essere effettivamente successo. Il lavoro giornalistico impone però il rispetto del principio d’imparzialità.
Mi auguro (ma non è così scontato) che si possa fare piena luce sulla scomparsa di un uomo colpevole soltanto di aver espresso il proprio dissenso con coraggio, fino al sacrificio estremo della vita, lottando contro un sistema che non ha a cuore la democrazia né tantomeno contempla la libertà di pensiero di ognuno. La certezza è solo una: si è spenta per sempre la voce coraggiosa di un uomo libero.
Giovanna Fortunato