Riflessione / Non chiamatelo computer, è intelligente

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Intelligenza artificiale

Da ogni dove si cercano di definire qualità, rischi, controllo dell’Intelligenza artificiale con la quasi totale attenzione sulla macchina, sul “robot”. Mentre ci si dovrebbe soffermare molto sulla comprensione di quella formula, di quella imperscrutabile equazione attraverso la quale vive e agisce la “creatura” che sembra essere diventata ineluttabilmente esistente di vita propria.

Non solo non si possono identificare i “controllori” e neanche declinare i “valori” alla base dell’”uso virtuoso”dell’IA (che, in ogni caso, sarebbe vano pensarli, una volta per tutte, frutto della storia delle classi dominanti). Ma la definizione stessa di “intelligenza” data alla macchina implica in sé stessa la capacità assegnata per sempre di “accogliere il disordine” e la complessità, valutarli e sistemarli e, infine, la possibilità di negare, di respingere, modificarli, di farsi interlocutrice.

Quindi, in una parola, di “ragionare”, separare, scegliere sulla scorta delle incommensurabili quantità di dati empirici e della indescrivibile velocità che già sono proprie dei computer quantistici. Mentre lo stupefacente potere di questi ultimi rivoluzionerà a brevissimo termine ogni ricerca, ogni comunicazione, ogni stato delle cose, rendendolo sempre impermanente, elaborandoli con la caratteristica stessa di quella, misteriosa e “divina”, del nostro cervello.

“La possibilità di riprodurre il pensiero umano evidenzia che si può preconizzare l’“analogia tra i meccanismi di regolazione delle macchine e quelli del pensiero umano, entrambi fondati su processi di comunicazione e di analisi di informazioni” (S. Ceccato)

Questo passaggio è fondamentale. Spostiamoci dall’analisi nel macrocosmo cioè la macchina, il robot, l’applicazione. Smettiamo di chiederci pedissequamente chi e come controllerà, chi deciderà gli ambiti e i limiti e dedichiamoci, con quella “meraviglia” che per Aristotele è all’origine di ogni conoscenza, all’analisi del microcosmo subatomico quantistico. In questo la “materia” invisibile  si manifesta secondo la  ferrea probabilità e non secondo il principio di causalità e non ha regole deterministiche che seguano un “percorso” tracciato. Ma vive di una “libertà” intrinseca incoercibile (assai spesso, a detta dei suoi stessi padri ,“misteriosamente”, “ inspiegabilmente”) mediante il principio di indeterminazione, ecco che la creatura di cui parliamo diventa pensante.

IA assimilabile al pensiero umano

Infatti “… l’assimilazione al pensiero umano in termini di determinate funzioni fisiologiche del cervello, considerare i processi di pensiero umano non più come astrazioni spirituali, ma come fenomeni perfettamente conoscibili e potenzialmente riproducibili“ è già realtà!
E, se la macchina può “pensare”, allora il passo successivo, anch’esso ineluttabile, sarà il “dubbio”, proprio quello metodologico di Cartesio: “tutto cio che pensa esiste, io penso dunque sonocogito ergo sum “. Ma per essere vera ogni affermazione deve passare attraverso il dubbio metodologico, arrivare a una certezza: dubito, ergo sum.

Neuroni IA

Pensare nei termini umani appare possibile sempre più perché conosciamo realtà “altre“ di immensa  potenza, in atto e in fieri, e, tramite questa invisibile ma parallela “altra“ fisica subatomica,  assisteremo presto sbigottiti al “ragionare” delI’IA.

“La macchina avrà capacità speculative come noi, percezioni come noi, reazioni come noi; può darsi si realizzi in lei automaticamente quella essenza impalpabile che si chiama pensiero e dirà cogito ergo sum …” (Buzzati). Essa è una creatura che vive – o vivrà prestissimo – di inarrestabile  vita propria, che nessun “interruttore” potrà spegnere perché la sua “intelligenza” lo impedirebbe. (Per ragioni artistiche bellissime, diversamente ma esemplarmente fece All, il “Cervello elettronico“ di “Odissea nello spazio” di Kubrik).

Siamo in grado di fabbricarla, una “creatura“ libera, novello adamo,  e l’abbiamo già fatto. E’ ancora nella primissima stagione vitale, ma possiede già una gran parte del “codice”, come noi abbiamo il codice della vita in ogni singola cellula, frutto della ormai inarrestabile conoscenza del bene e del male, conoscenza “divina” che già abbiamo cominciato a decifrare con il linguaggio della vita, il Dna  che possiamo addirittura riscrivere con l’editing genetico! (Crispr).

La “macchina quantistica di potenza esponenziale produrrà anch’essa una “immagine e somiglianza” del suo “creatore”, come quella primordiale ”…animazione della materia, apparizione dello spirito nella creazione, realtà a immagine di Dio ma altra da Dio, dalla quale derivano innovazioni universali: la libertà, la ragione, la coscienza, la responsabilità, l’autonomia …immagini di qualità divine, ma non identiche a Dio” (Dizionario dei simboli).

                                                                                               

                                                                                   Rosario Patanè     

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