Come molti ben sanno, si può fare risalire l’embrione della lingua italiana, allora volgare, a metà del XIII secolo in Sicilia per merito della Scuola Poetica Siciliana fondata da Federico II di Svevia. Al momento dell’unità d’Italia, tra le tante questioni, vi era anche quella linguistica. In passato l’Italia era variopinta di dialetti, con una scarsa diffusione di una lingua unitaria che potesse essere riconoscibile al di sopra dei dialettismi. La questione che durò secoli si concluse quando Alessandro Manzoni propose di utilizzare un dialetto, il toscano, come base per la lingua italiana. Ma, come appena detto, questo è solo l’ultimo tassello di una storia durata secoli e non iniziata affatto in Toscana.
Scuola Poetica Siciliana / Le origini della lingua italiana
Non che non ci fossero alcuni testi posteriori in lingua volgare, ma in maniera predominante fino all’avvento della scuola poetica siciliana la lingua colta in Italia era il latino. Ciò era dovuto principalmente all’enorme influenza della chiesa. Nello specifico la scuola poetica siciliana prende tale denominazione nel linguaggio comune grazie a Dante, il quale la ribattezzò così nel suo De Vulgari Eloquentia.
Era un circolo cui facevano parte per lo più funzionari della corte del regno di Sicilia, oltre allo stesso Federico II e il figlio Enzo. I membri furono Giacomo da Lentini, Cielo d’Alcamo, Rinaldo d’Aquino, Cecco Angiolieri, Stefano Protonotaro da Messina e altri ancora. La scuola fu attiva dal 1230 al 1266, legandosi quindi molto alle vicende della dinastia Sveva e alla sua tragica conclusione dopo la morte di Federico II e la successiva fine della dinastia Hohenstaufen, avvenuta con la morte di Manfredi nella battaglia di Benevento.
Scuola Poetica Siciliana / Gli esponenti
Il principale esponente fu Giacomo da Lentini, il quale è ritenuto ad oggi il capo della scuola poetica siciliana oltre che l’inventore del sonetto. La sua opera, affine e ispirante per gli altri appartenenti alla scuola siciliana, e anche successivi, parlavano pressoché dell’amore. Ciò era dovuto perché la scuola era molto legata alla corte del regno, e quindi difficilmente poteva parlare di temi politici o di altro tipo. E anche perché la stessa scuola prendeva vari richiami dalla letteratura trobadorica provenzale da cui traeva ispirazione la stessa scuola cui faceva parte.
Egli così diffuse, assieme agli altri appartenenti della scuola, il canone tematico dell’amore. Spesso tradotto come un rapporto di sudditanza tra l’amato e la donna amata che veniva nobilitata dalla composizione poetica. Le composizioni più utilizzate erano la canzone e la canzonetta. Oltre allo stesso sonetto d’invenzione del Notaro (così Dante battezzò Da Lentini nella Divina Commedia). Di singolare utilizzo la forma del contrasto, cui l’esempio principale è Rosa fresca aulentissima di Cielo d’Alcamo. Tutte le composizioni erano accomunate dalla presenza di un linguaggio raffinato ripreso dal volgare siciliano depurato però dei suoi dialettismi, con infine l’apporto che i testi erano fatti in gran parte solo per la lettura e non per essere cantati e ballati, cosa invece tipica dei trovatori provenzali.
Scuola Poetica Siciliana / Testi perduti ma non dimenticati
Dell’opera dell’intera scuola però rimane poco, o almeno in lingua originale (di cui uno dei pochi testi sopravvissuti in tal modo è Pir meu cori alligrari di Stefano Protonotaro), poiché la gran parte dei testi originali sono andati perduti mentre ci rimangono le traduzioni in volgare toscano, di cui l’opera più importale che li racchiude integralmente è il Canzoniere Vaticano latino 3793. Dei vari membri, a parte lo stesso Federico e i suoi familiari, si sa ancor meno della stessa lingua da loro usata. Ma nonostante ciò il riconoscimento di tutte queste personalità e del loro contributo alla creazione della prima lingua italiana scritta è attestata già a Dante Alighieri, il quale riconobbe tali meriti nella Divina Commedia e, soprattutto, nel già citato De Vulgari Eloquentia.
Per concludere, sebbene la scuola siciliana convenzionalmente si concluse nel 1266, essa si trapiantò in Toscana ispirando vari autori, definiti siculo-toscani, i quali portarono poi metrica e tematiche (sia pure con volgare toscano) siciliane e fungendo da base principale per lo stilnovismo, la corrente letteraria dove si formarono le principali opere cui si deve la creazione della lingua italiana.
Giuseppe Emanuele Russo