Saggio / Verso il voto Usa: riuscirà Biden ad essere convincente in politica interna?

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Joe Biden

Mentre il sistema delle elezioni “Primarie” americane, va avanti e si snoda con tutti i suoi riti – Primarie che via via avanzano verso i diversi Stati da esaminare fino ai verdetti finali, rappresentati dalle quote necessarie per le nomination dei due rispettivi candidati – si sviluppa purtuttavia anche il dibattito, attraverso i Media, sulla condizione generale del Paese.

Le contraddizioni nell’economia

Durante il mandato presidenziale di Joe Biden, il PIL statunitense ha sopravanzato il PIL europeo del 3,3%. Nonostante gli altri parametri economici siano soddisfacenti, c’è purtuttavia tra gli elettori una sensazione o una valutazione generale d’insicurezza sul futuro. Quale dunque l’origine di questo apparente paradosso?  Sta di fatto che i consumi delle famiglie vanno bene. I redditi crescono e vanno altrettanto bene. Hanno superato bene il periodo della Pandemia del COVID 19 che ha intaccato le due presidenze di Trump e Biden.

Il mercato del lavoro è nella piena occupazione. I portuali, i camionisti e i metalmeccanici hanno assistito ad un aumento della domanda dei loro prodotti. Il dato registrato è stato quello della ricchezza salita per famiglia-tipo di circa il 37%. Ma c’è un serpeggiante malumore per Biden. Monta su il timore e subentra il pessimismo per l’inflazione, non del tutto domata. E si sono verificate pure delle vere e proprie cadute verticali nei sondaggi d’approvazione del capo della Casa Bianca e della sua popolarità.

L’insicurezza è dovuta solo all’inflazione?

Di sicuro non è soltanto l’inflazione in cima alle preoccupazioni del contribuente statunitense. Vi sono altri problemi, percepiti dalla maggioranza dell’opinione pubblica, come vere e proprie emergenze. Analizziamone rapidamente il dettaglio.

In testa alle preoccupazioni per il futuro del sistema of life c’è la criminalità. Essa si esprime oggi – soprattutto nelle grandi metropoli – con rapine e razzie ai supermercati. Tali attività, indubbiamente vandaliche e criminali, hanno portato a conseguenze abbastanza serie e non certo sottovalutabili. Molti esercizi hanno preferito chiudere i battenti, ed hanno recato involontariamente anche gravi disagi alla popolazione. Anche le farmacie e le rivendite di medicine hanno subìto lo stesso trattamento vandalico. Di fronte a tale sfrenata azione malavitosa però, la risposta della polizia e della magistratura è sembrata scarsamente adeguata. Sia sul lato del fenomeno repressivo, sia su quello tipicamente più specifico della formazione di un argine ad esso.

La chiusura degli esercizi pubblici ha portato con sé un chiaro ed evidente segno di allarme sociale che appare ormai diffuso tra la popolazione. Chi non ha chiuso le proprie attività, si è comunque trasferito in altri luoghi più accettabili attendendo invano segnali di sostegno e solidarietà dalla Casa Bianca di Biden. Questa è dunque la prima emergenza che – insieme all’inflazione – il popolo Americano vorrebbe fosse ben evidente nell’agenda politica del presidente in carica.

Il controverso tema degli immigrati

Anche sul tema degli immigrati – molto importante per i problemi che pone al corpo elettorale – Biden è in verità apparso incerto e contraddittorio. Sotto la spinta della sinistra del suo Partito, è sembrato in un primo tempo incline a favorire l’immigrazione. Forse sottovalutando i problemi di sicurezza che essa pone, nei casi in cui sia scarsamente controllata, organizzata o autorizzata. Problemi di sicurezza nelle grandi città, veramente importanti. Poi sembra che il presidente sia ritornato sui suoi passi. Dichiarandosi disponibile alla costruzione di un muro, lungo la frontiera tra il Texas ed il Messico, per arginare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Gli immigrati creano indubbiamente problemi di sicurezza ma causano anche problemi economici di mantenimento. Soprattutto ai sindaci ed ai governatori degli Stati.

Quelle, infatti, non sono spese federali ma locali. E i sindaci ed i governatori sono tenuti a provvedere nell’ambito dei loro bilanci statali o comunali. Il tema dell’immigrazione è delicato per l’Esecutivo. Se soddisfa la sinistra del suo Partito e si mostra condiscendente da un lato, dall’altro si scopre con avversari che sono posti a destra del suo stesso schieramento politico. E viceversa, se accontenta la destra, con la costruzione del muro, perde voti importanti alla sua sinistra. È un tema che – qualora non ben organizzato da Biden – gli potrà provocare la fuga degli elettori delle grandi città che rifiuteranno di sostenerlo alle elezioni di novembre.

Joe Biden alle Primarie
Foto Ansa/Sir
L’emarginazione sociale: le droghe pesanti e gli homeless

Un altro pressante problema – che viene addebitato alla leadership democratica – è quello dell’emarginazione e del degrado sociale. Negli anni ’60, esso si presentava o si produceva con la contestazione contro la guerra in Vietnam nei più prestigiosi luoghi di cultura. Fu denominata “la contestazione con la chitarra ed il mandolino e col fumo della marijuana”. Poi c’erano le zone degradate delle grandi città, che interessavano sostanzialmente le minoranze e la popolazione afroamericana. Oggi il degrado sociale investe perfino la classe media e non fa sconti tra bianchi e neri. Le droghe nuove risultano assai più pesanti della marijuana.

Il fenomeno dei senza-tetto chiama in causa la carenza di alloggi a prezzi accessibili. Non vogliono andare nei centri di assistenza e chiedono di auto-governarsi. È un problema dello Stato sociale, ovvero una grave carenza di esso.
Il Paese si misura con problemi seri, forse sottovalutati dall’Esecutivo: l’enorme quantità di tossicodipendenze, le malattie mentali (in aumento dopo gli effetti della Pandemia del Covid 19), le carenze di alloggi a prezzi accessibili ai bassi salari. Ritorna sempre nel Paese il contrasto tra gli estremi: ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più ai margini della realtà statunitense. Gli ambientalisti si oppongono alla costruzione di nuove abitazioni. Un dilemma, apparentemente irrisolvibile.

Anche in politica estera Biden pecca di sottovalutatazione?

In politica estera il presidente in carica ha pure là collocata qualche seria questione. Intanto, il ruolo della NATO: deve continuare ad abbracciare l’Alleanza Euro – occidentale, o dovrà invece occuparsi prevalentemente del Medio e soprattutto Estremo Oriente? Insomma, in due parole: l’Europa ancora sotto l’ombrello strategico della NATO, o dovrà invece provvedere da sola alla sua sicurezza? E, se dovrà provvedere da sola, dovrà essere denuclearizzata?

Problemi dunque urgenti e pressanti, che Biden lascerà in eredità al suo successore. In particolare, sembrerebbe che in Medio Oriente, Biden abbia preso sottogamba l’Iran. Se così fosse, avrebbe commesso il medesimo errore di Jimmy Carter, che nel 1979 bruciò le sue chances elettorali con i sequestri di persona all’ambasciata americana di Teheran, a quel tempo occupata dagli studenti e soprattutto con il sostegno dell’ayatollah Khomeini.
Carter non diede all’elettorato del Partito Democratico una buona prova e fu costretto a soccombere di fronte al Repubblicano Reagan.

Biden e Carter, lo stesso errore?

I commentatori politici formano una esatta correlazione tra Carter e Biden. L’ipotesi è allora quella dei terroristi di Hamas, sostenuti o finanziati dall’Iran, che sequestrano gli ostaggi israeliani, così come fecero nel 1979 gli ayatollah con Carter presidente?  Sotto un altro profilo, sul piano strettamente della politica interna, non va sottovalutata la rabbia di Hamas ed i sostegni che essa può coagulare e raccogliere negli stessi Stati Uniti.

Occorre rilevare anche le divisioni all’interno dei Democratici. Per esempio, nel mondo accademico e della cultura in genere, Hamas è visto come un movimento libertario (e non terroristico) ed ha ricevuto ampio spazio di solidarietà. Dalle maggiori Università – da Harvard a Berkeley – il sostegno ad Hamas è stato evidente e chiaro. Israele è stato visto – a causa della politica di Netanyahu – come la personificazione del male. Tutto dunque serve a mettere in imbarazzo la Casa Bianca, a causa certo della non impeccabile politica di sostegno, fiero ed irriducibile, a Gerusalemme.

Insomma, in una parola, Biden contestato sia da destra (troppo morbido con l’Iran) sia da sinistra (troppo poco a favore dello Stato palestinese). Sembra una elezione in salita, ma non solo per motivi strettamente economici e politici.

L’importante ruolo del  candidato indipendente Kennedy jr

Un importante avvenimento ha indubbiamente costituito l’ingresso in lizza, direttamente come candidato indipendente, dell’uomo di cultura statunitense ed avvocato Robert Francis Kennedy jr. Figlio del Senatore di New York barbaramente ucciso a Los Angeles il 5 giugno 1968, subito dopo la proclamazione della decisiva vittoria alle elezioni Primarie del Partito Democratico per la California, e nipote del grande Presidente della “Nuova Frontiera”. Ricorda molto bene nell’aspetto fisico e nel volto aperto e cordiale quelli che da sempre sono stati i segni caratteristici della Famiglia Kennedy.

Sarà allora Bob jr a fare la differenza nell’incerta lotta tra Biden e Trump a novembre? Certamente si. Robert Kennedy jr in tutti questi anni, trascorsi dalla tragica scomparsa dello zio e del padre, ha portato avanti la grande fiaccola della speranza in un mondo migliore. Ha abbracciato con convinzione, calore, tenacia ed abnegazione importanti temi sul fronte dell’equilibrio ecologico ed ambientale, contro la guerra Russo-Ucraina, contro il vaccino del Covid 19 (No Vax).

Ha un’importante influenza politica sulla sinistra di entrambi i partiti, sia il democratico come il repubblicano. Si è dichiarato favorevole alla denuclearizzazione dell’Europa centrale ed alla riduzione del ruolo della NATO in Europa. Proprio la medesima politica che aveva intrapreso il presidente John poco prima di Dallas. Bob Kennedy jr attualmente è accreditato di un giudizio elettorale favorevole di almeno il 15% circa. Data l’ampiezza dei suoi interessi culturali, il rendimento politico effettivo alle elezioni di novembre potrà essere anche ben superiore alla stima attuale.
In effetti, la candidatura di Robert Francis Kennedy jr, alla fine potrà danneggiare Biden più di Trump.

Sebastiano Catalano
Giovanna Fortunato

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