Le nuove dimensioni dello spazio si sono spostate in un universo parallelo. Oggi è possibile approdare sull’Avaterra, un luogo non luogo situato nel Metaverso o Metaverse. Per i neofiti, il Metaverso è un universo digitale, ossia un connubio di elementi tecnologici: video, realtà virtuale e realtà aumentata. Questo luogo è accessibile da parte di utenti, mediante visori 3D. Nel Metaverse, inoltre, è possibile vivere appieno esperienze virtuali. Gli utenti, internauti, possono persino creare avatar realistici e interagire con altri avatar/utenti.
In più, in questa realtà alternativa, i soggetti possono creare oggetti o possedere proprietà virtuali. In tale contesto, si possono frequentare lezioni anche in aule virtuali e ricevere, per paradosso, una formazione didattica più fisica virtualmente. Peraltro, in questo Metaverso è possibile creare economie, lavoro, convegni; viaggiare; partecipare ad eventi, sfilate, concerti, etc. Insomma, andare nell’Avaterra significa immergersi in una realtà virtuale o VR o Virtual Reality, ambiente nativo del Metaverso.
A proposito di paradossi, scendendo i gradini per raggiungere la cattedra del sapere, cara agli habitué di Internet, si incontrano affini saperi di stampo sociologico. Infatti, la tematica è strettamente correlata ad un nuovo modo di vivere socialmente o a-socialmente inteso.
Il sociologo Pira sul Metaverso
Secondo il sociologo Francesco Pira, associato di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi all’Università di Messina, si vive per paradosso dentro la società degli algoritmi. Così, nell’era delle piattaforme, la società si ricrea in base ad un ecosistema gestito da Big Five (Apple, Microsoft, Google, Amazon, Meta). Oggi, essere presenti mediante le piattaforme è sinonimo di popolarità e soprattutto di visibilità. Difatti, nasce l’esigenza di approntare nuovi studi inerenti agli aspetti comportamentali sui viaggiatori della rete. Anche i medesimi processi comunicativi subiscono movenze e dinamismi dettati da uno specifico funzionamento degli algoritmi, che oramai normano le relationship virtuali/reali.
Ancor di più, è possibile sperimentare un processo di smaterializzazione, che orienta verso una nuova tipizzazione del sé. Difatti, frequentando ambienti virtuali, anche immersivi e, concependo per ulteriori viaggi virtuali, un proprio avatar, si erode di fatto la peculiare soggettività identitaria a favore di quella fittizia. Qualora si venga etichettati come frequentatori del web, tale ri-creata identità, spesso, diviene sempre più preminente, quasi si sostituisce a quella reale.
Il rischio di perdere l’effettiva identità
Nondimeno, tutto ciò deve leggersi come il rischio di perdita effettiva d’identità e della singolarità che rende unico ciascun individuo. Infatti, nel voler rappresentare se stessi, in un mondo virtuale, si rischia di approssimarsi a stereotipi preordinati e ben classificati, così da ri-crearsi in uno stock omologante e ad assomigliare a prodotti di massa. Ma un altro rischio può essere in agguato. Può scadere la medesima volontà personale, assoggettabile a un credo predeterminato, nel quale non è necessario avere un pensiero personale e/o ragionare in maniera critica e singolare. Bensì viene a incardinarsi una nuova religione da perseguire: quella del flusso e dell’online e di futuri ragionamenti. Stilemi di pensiero e comportamentali che rimano con uniformità ai generi e alle tipizzazioni, catalogate in questo mondo virtuale.
Ancora, secondo il sociologo Pira, la realtà virtuale è governata dal potere della tecnologia, si può parlare, invero, di una nuova forma di controllo o “Controllocrazia”. Più di tutto, sono a rischio i rapporti umani e il rapporto uomo-ambiente. La società tradizionale rischia il tracollo e si situa spontaneamente in uno specchio d’acqua alla deriva. Così, diviene necessario far riemergere l’individualità sopita dal pantano in cui si è immerso l’uomo. Il fine è renderlo consapevole di quella originalità di cui è possessore, e farlo divenire nuovamente artefice di azioni reali/concrete e cosciente di quelle virtuali.
La necessità di intelligere
Tale consapevolezza è importante per discernere compiutamente l’interazione sociale da manifestare sul web e fin dentro il mondo virtuale. Ma, al contempo, la persona deve detenere il potere del controllo nell’esperire, con effettività e reale socievolezza, le relazioni umane. L’idea da trasmettere è, dunque, rimanere consci del proprio intelligere, nonché possessore di quella unicità che rende unico e persino libero il proprio pensare.
È giunto il tempo di perseguire un cambio di rotta, al fine di ri-filmare il pensiero di Zygmut Bauman, secondo cui “oggi non siamo felici ma siamo più alienati, isolati, spesso vessati, prosciugati da vite frenetiche e vuote, costretti a prendere parte a una competizione grottesca per la visibilità e lo status”.
Luisa Trovato