Acireale / Sarà intitolato al puparo Emanuele Macrì il teatro di via Alessi

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pupi siciliani

La Città di Acireale ricorderà Emanuele Macrì, a cinquant’anni dalla sua morte,  intitolandogli il teatro di Via Alessi. E’ un segno di stima e gratitudine verso una delle figure più incisive della cultura e delle tradizioni popolari acesi.

Il teatro di via Alessi- si legge in una nota stampa –  nel 1983 è stato dichiarato dalla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Catania “testimonianza di rilevante interesse culturale. In quanto unico esempio di teatro stabile la cui attività rimane legata alla tradizione siciliana dell’Opera dei pupi”.
Sarà intitolato al puparo Isidoro Emanuele Macrì con una cerimonia pubblica in occasione del 3° Festival regionale dell’opera dei pupi del prossimo mese di giugno.teatro di via Alessi

In Giunta abbiamo deliberato l’intitolazione del Teatro Opera dei Pupi al grande Emanuele Macrì – dichiara il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo. Acireale rende così il giusto onore a uno dei suoi figli più illustri, ricordandone la memoria a tutti coloro che si recheranno ad ammirare quello che diventerà il Teatro dell’Opera dei pupi Emanuele Macrì.
Inaugureremo il teatro durante il Festival regionale dell’opera dei pupi, a cui stiamo lavorando consapevoli del grande valore storico culturale e dell’attrattività di questa nostra tradizione. Il Festival celebrerà sia Emanuele Macrì, sia la riapertura del nostro teatro. Dopo l’importante intervento di restauro, si svolgerà nel mese di giugno aprendo la nostra estate”.

Si intitola a Emanuele Macrì il teatro di via Alessi

Finalmente Acireale, nella ricorrenza del cinquantesimo della morte, si appresta ad intitolare lo storico Teatro dell’opera dei pupi di via Alessi ad uno dei più grandi maestri di quest’arte, il puparo Emanuele Macrì, che per decenni è stato l’indiscusso animatore. Si sana – commenta l’assessore alla Cultura Enzo Di Mauro – dopo tanti anni dalla morte del maestro Macrì una lacuna storica per la città.

Per l’occasione l’Amministrazione comunale organizzerà una serie di eventi che culmineranno con il festival dell’Opera dei pupi previsto per i weekend che vanno dal 7 al 9 e dal 14 al 16 giugno. Vi parteciperanno compagnie acesi e dell’intera Sicilia, che si esibiranno nello storico teatro ristrutturato, che verrà così riconsegnato alla città, nell’adiacente piazza Alfio Grassi”. opera dei pupi

Don Mariano Pennisi insegnò l’arte al figlio adottivo

Il Teatro acese ospita le gesta dei paladini sin dal 1928, quando il puparo acese don Mariano Pennisi vi si trasferì a seguito del crescente successo. Gli successe il figlio adottivo Emanuele Isidoro Macrì che lì operò fino al 1974.
Messinese di nascita, Emanuele fu adottato dall’acese Mariano Pennisi che lo raccolse orfano, ancora infante, tra le macerie del terremoto di Messina del 1908. Lo crebbe come figlio suo e gli insegnò il mestiere di puparo.

Macrì apprese da subito l’arte di costruire i pupi, di modulare la voce all’occorrenza. Imparò a manovrare i pupi con naturalezza, a farli parlare attraverso i movimenti della testa. A farli combattere enfatizzando i suoni della battaglia assestando colpi di piede sul ponte di manovra.
Nel dopoguerra la saletta di via Alessi si riempì spesso di turisti che restavano affascinati da quel tipo di spettacolo così vivo e popolare.

Il 1953 segnò per Macrì l’inizio della sua carriera al di fuori della Sicilia. Restarono affascinati dalla sua arte numerosi letterati, scrittori, registi, giornalisti e poeti tra cui Soldati, Zavattini, Vergani, Quasimodo, Bragaglia, Levi, Visconti, Piovene.
Il presidente della Repubblica Antonio Segni lo nominò cavaliere per motivi artistici.

I “pupi di Macrì” ebbero successo anche all’estero: in Germania, in Svizzera, in Francia, in Belgio, dove il re Baldovino lo volle a recitare alla sua corte. Ovunque andasse lasciava il segno.
Il segreto del successo stava tutto nelle sue parole: “Prego credere che i miei pupi non siano fatti di legno e latta. Sono uomini veri, in carne e ossa, che hanno sangue, muscoli e soprattutto cuore”.
Macrì venerava i pupi e li amava come fossero suoi figli. Con lui l’Opera dei pupi acese raggiunse livelli mai più superati da alcuno. Seppe spendere, senza risparmiarsi, la propria vita in favore dell’arte.