Intervista / Rosa Barbagallo: “Coi mascheroni il centro storico di Acireale diventa museo barocco”

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Gaetana Sciuto, Nellina Ardizzone e Rosa Barbagallo

Ad Acireale, nella sala Pinella Musmeci, si è svolto un incontro curato da Rosa Barbagallo e Gaetana Sciuto dal titolo “Per le strade di Acireale Barocco e Mascheroni”.
L’evento era a cura del Comune di Acireale, del Lions di Acireale, della Fidapa, del club Unesco e dell’UPGC.
Ha introdotto la serata Nellina Ardizzone, presidente del Club per l’Unesco di Acireale. La Ardizzone ha aperto la serata parlando del Barocco in generale, di etimologia, prodromi, quadro storico, nascita, caratteristiche peculiari, sviluppo e diffusione dall’Italia nel resto dell’Europa. Ha inoltre ricordato l’importanza del riconoscimento Unesco di Patrimonio dell’umanità nel 2002.

A Rosa Barbagallo abbiamo chiesto le motivazioni che l’hanno spinta allo studio del nostro Barocco. Da dove è nato l’interesse suo e della dott.ssa Sciuto per il barocco acese?

E’ capitato mentre con Gaetana Sciuto passeggiavamo per le strade di Acireale. Quel giorno, ci siamo soffermate sugli ornamenti di pietra che adornano case, edifici pubblici e chiese. Incuriosite, abbiamo indugiato a guardare più attentamente. Rappresentavano la parte anteriore della testa, erano cioè protomi, dall’aspetto ora terrifico, ora triste, ora spaurito e sembrava che ci osservassero dall’alto. Ci siamo chieste chi fossero gli autori di quelle strane opere, cosa rappresentassero, che significato avessero, a quando risalissero. Quale fosse il significato di quelle smorfie su volti grotteschi di pietra bianca, o nera, di uomini, donne, bambini, animali, mostri di vario genere a volte spaventosi e minacciosi, a volte consolatori.

Acireale, incontro su barocco e mascheroni
Da sx: Gaetana Sciuto, Nellina Ardizzone e Rosa Barbagallo

E’ così che avete iniziato le vostre ricerche?

Si, abbiamo cercato le risposte a queste domande. Ci siamo appassionate sempre di più alla ricerca, risalendo all’epoca del Barocco ad Acireale. Abbiamo appurato che già nel seicento si cominciavano a realizzare ornamenti che si rifacevano chiaramente a forme barocche semplici. Queste si sono in parte conservate, non essendo stata Acireale completamente distrutta dal terremoto del 1693, come è successo a Catania e in tutta la Val di Noto.

Dopo il terremoto del 1693, arrivò a Messina l’influenza michelangiolesca tramite le maestranze e gli artisti messinesi che andavano a formarsi nelle scuole romane. Fu soprattutto dopo il terremoto che la ricostruzione di Acireale, come anche di Catania, si avvalse dell’opera non soltanto dei così detti “lapidum incisores” acesi, ma anche di lapicidi originari di Messina. Questi artisti diedero un nuovo volto alla città, apportando anche quel ricco contributo dovuto al barocco romano.

Cosa portarono di nuovo questi artisti incisori della pietra?

La ricchezza degli ornamenti trasformò le strade e il centro storico in museo a cielo aperto. Così, passeggiando per alcune strade di Acireale, ancora oggi, si ha l’impressione di addentrarsi tra le quinte di un teatro, a volte grottesco.

palazzo Modò
I mascheroni di Palazzo Modò

Ma il “mascherone” e il termine quando nascono?

Il termine “mascherone” ha origine nel XIV secolo, quando, prendendo spunto dalle maschere tragiche del teatro greco, si cominciarono a modellare elementi decorativi. Questi erano costituiti   dalla parte anteriore della testa, aventi di volta in volta sembianze antropomorfe, zoomorfe o teriomorfe, cioè a forma di animale feroce, per decorare porte, finestre e facciate di palazzi e chiese.

L’uso di mascheroni terrifici posti sui portali delle dimore risale a un mondo antico e magico. Aveva un significato apotropaico e scaramantico e serviva per proteggere la città, la dimora e perfino le chiese da forze ostili e negative. Molteplici e variegati sono stati i modi di esprimere il grottesco di una testa o di una faccia: vi sono mascheroni con fauci spalancate e la lingua sporgente. Altri con lo sguardo minaccioso, beffardo o sarcastico, altri con una espressione tragicamente triste.

Da dove è iniziata la vostra ricerca sul barocco di Acireale?

Siamo andate all’Archivio Storico comunale per consultare i documenti originali. Dalla documentazione trovata abbiamo potuto rilevare che tra i lapicidi, che dopo il terremoto hanno lavorato ad Acireale contribuendo all’abbellimento della città, c’erano: Francesco Flavetta, Giuanne Palazzuolo, Giuseppe Ricupero, Francesco Ricupero, Flavetta min  di m° Diego, Paolo Ricupero, Giuanne Flavetta, Paolo Vasta, Mauro Musmeci, Sebastiano Vasta, Tomaso Flavetta di m° Francesco, Matteo Vasta. Praticamente abbiamo avuto la risposta alla domanda che ci ponevamo, cioè conoscere gli autori di questi capolavori.

Ci porta l’esempio di uno dei palazzi in questione?

Parliamo del più famoso, la Loggia Giuratoria, costituita dai locali dove si riunivano i giurati e il sindaco. Distrutta dal terremoto del 1693, fu ricostruita e abbellita con notevoli mascheroni. L’incarico per gli ornamenti in pietra bianca fu dato all’intagliatore Diego Flavetta. Il risultato, ancora oggi, è sotto gli occhi di tutti: mascheroni tutti diversi tra di loro.

La pietra bianca usata arrivava ad Acireale da Siracusa via mare presso il porticciolo di Santa Maria La Scala. Da qui su carri trainati da buoi veniva portata in un capanno, posto forse nella strada delle Maestranze, l’attuale via Romeo, dove il Flavetta, aveva la sua bottega. Certo la Loggia Giuratoria non è l’unico palazzo di pregio. Sono da sottolineare il palazzo Davì, il palazzo Modò dove vi fu ospite la regina Anna d’Orleans a seguito di Vittorio Amedeo II re di Sicilia. Il re, invece, fu ospite nell’attiguo palazzo Costa Grimaldi.

Palazzo Modò fu abbattuto in parte dal terremoto del 1693 e ricostruito nel 1698, . Nei primi anni del Novecento i proprietari adibirono il pianterreno a teatro. Rimane l’insegna “Eldorado” con la maschera rifacentesi al teatro greco, ancora oggi si mostra in tutta la sua ricchezza e opulenza. C’è poi la via Dafnica,  la via Currò, la via Geremia, piazza Grassi,  piazza San Domenico e altri luoghi dove possiamo ammirare balconi riccamente decorati con mascheroni.

Nel Barocco di Acireale qual è la caratteristica specifica dei mascheroni?

La lavorazione della pietra lavica è la caratteristica  rappresentativa del versante orientale dell’Etna. La lava, in tutta la Sicilia orientale, viene usata in lastre, mentre il suo impiego decorativo è circoscritto alle zone etnee. Non tutti i “lapidum incisores” sapevano lavorare la pietra di fuoco, come viene definita la lava da alcuni. La lavorazione della pietra lavica, senza strumenti meccanici era molto faticosa e complessa da incidere, era necessaria forza e particolare abilità per levigarla e modellarla. Nei mascheroni di lava viene espresso l’essenziale. Sentimento dominante ci sembra essere l’atteggiamento apotropaico, terrifico e minaccioso.

Naturalmente, questi citati, sono pochi esempi, ma rendono l’idea della ricchezza e del benessere di cui godeva nel seicento e nel settecento Acireale. I mascheroni e gli ornamenti oltre a rappresentare un decoro fastoso e teatrale, rappresentavano anche la misura del potere e della ricchezza del proprietario del palazzo.

 

Mariella Di Mauro

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