Il tema dell’economia carceraria è ancora una realtà poco conosciuta, soprattutto nel contesto italiano. Infatti, per una vita dignitosa e produttiva, in Italia, diverse cooperative sociali sono attive nella creazione di laboratori che permettano al carcerato di rinascere anche in termini di opportunità. Questo sistema punta a non lasciare indietro nessuno, perché una seconda opportunità, al di là dell’aspetto di riscatto umano concesso, significa diminuire i reati e contribuire ad una società più sicura. In Scandinavia, a differenza dell’Italia, i carcerati sviluppano soluzioni di economia carceraria e difficilmente tornano una seconda volta in carcere. Secondo l’ISTAT, infatti, il 90% degli ex carcerati, tramite recuperi ed opportunità offerte dall’economia carceraria, non torna in carcere.
Il tema dell’economia carceraria con i dati dell’ISTAT alla mano
Secondo le rilevazioni ISTAT, negli istituti penitenziali italiani risultano detenute 62.536 persone. Sono diffuse forme di protesta, tra cui il rifiuto ad alimentarsi fino al tentativo di suicidio. All’interno di queste dinamiche, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Proprio per questo vengono attivati dei virtuosi percorsi lavorativi per promuovere l’occupazione e la dignità dei detenuti e ascrivibili all’ambito dell’economia carceraria.
Partendo da ciò, ci si propone finalmente più spesso di comprendere le dimensioni del fenomeno, ovviamente fatto di diverse motivazioni e modalità dal felice esito. Lo scopo è quello di assicurare percorsi lavorativi a fine pena e, così, contrastare episodi di recidiva.
Un progetto di economia carceraria: “Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta”
Nel panorama nazionale sono attivi molti progetti di economia carceraria, ascrivibili a differenti settori produttivi. Come ad esempio il progetto “Banda Biscotti, fatti di un’altra pasta”. Si tratta di un laboratorio dolciario avviato in Piemonte dalla Cooperativa sociale Divieto di Sosta. Ha la particolarità di realizzare prodotti di pasticceria interamente all’interno delle carceri di Verbania e di Saluzzo. L’iniziativa coinvolge carcerati in situazioni di marginalità e svantaggio, ma decisamente motivati, a cui vengono offerti l’opportunità e gli spazi dove esprimere e valorizzare il proprio potenziale. Facendo leva sull’impegno, sulla determinazione e sulla dedizione i detenuti sono resi protagonisti attivi.
Questo progetto si fonda sull’esperienza d’intervento in contesti penali maturata in oltre 30 anni dalla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri Onlus, nonché sulla collaborazione territoriale tra le Direzioni degli istituti penali e gli Enti locali. È inoltre il felice risultato della prima sperimentazione di Simulatori di impresa avviata tra il 2009 e il 2013, per saggiare la possibilità di passare dalle attività di formazione professionale classiche a reali forme di attività di natura lavorativa, economicamente sostenibili e socialmente rilevanti.
Un tema poco conosciuto e controverso
L’economia carceraria è un tema in continua evoluzione, con un acceso dibattito sulle sue implicazioni etiche, sociali ed economiche. È importante sviluppare modelli di economia carceraria sostenibili e rispettosi dei diritti umani, che favoriscano il reinserimento sociale dei detenuti e contribuiscano a una società più giusta e inclusiva.
Con le argomentazioni presentate, complessivamente, in Italia si è soprattutto tentato di comprendere una corretta informazione sull’economia carceraria con l’auspicio che, in un futuro prossimo, sia possibile documentare ed analizzare molti nuovi progetti collaborativi di alto contenuto sociale e registrare tassi di adesione da parte dei consumatori sempre maggiori. Intanto, la progressiva crescita dei progetti di economia carceraria, è misurabile sia nel numero delle iniziative attivate che nell’esistenza di concept store dedicati, costituisce un primo risultato positivo verso un auspicabile futuro di riscatto e di reinserimento lavorativo di categorie a rischio di esclusione e di recidiva.
Giorgia Fichera