Per ben due settimane, da venerdì 7 giugno a domenica 16 giugno, ad Acireale, ha avuto luogo la terza edizione del festival dell’Opera dei pupi. Il programma dell’ultima settimana del festival è stato intenso. Venerdì 14 giugno alle ore 18.30 e alle ore 20.30, presso il cinema “Margherita”, proiezione del film “Turi e i paladini” con la regia di Angelo D’Alessandro. Sabato 15 giugno alle ore 18, presso il teatro “Emanuele Macrì”, ha avuto luogo uno spettacolo a cura della compagnia “I paladini” di Orazio Scalia. Alle 20.30, in piazza Alfio Grassi, la rappresentazione di un’azione teatrale dall’antica compagnia “Opera dei pupi” della famiglia Puglisi. Domenica 16 giugno, giornata conclusiva, alle ore 11 e alle ore 18, presso il teatro “Emanuele Macrì”, si è svolto uno spettacolo curato dalla compagnia “I paladini” di Orazio Scalia. Alle 20.30, in piazza Alfio Grassi, in scena un’azione teatrale approntata dall’associazione “Arte pupi” dei fratelli Napoli.
Nel festival dell’Opera dei pupi il fascino intramontabile delle marionette
Nelle giornate del festival dell’Opera dei pupi, inserito nel cartellone Acireale eventi 2024, il teatro “Emanuele Macrì” è diventato sede espositiva estemporanea con le botteghe artigiane di maestri pupari, pittori e scultori. Nei locali annessi al teatro “Emanuele Macrì, è stata allestita “La mostra della raccolta teatro “Emanuele Macrì” di Acireale, dei pupi e, delle attrezzature di teatri siciliani”. Sempre, nel teatro di via Alessi, allestita anche la mostra fotografica “Emanuele Macrì. L’uomo, l’artista.” Ad arricchire piazza Alfio Grassi un’esposizione di carretti siciliani, parte importante della tradizione artigiana e, del folclore acese.
Nella città dei cento campanili, la tradizione dell’Opera dei pupi risale al 1877, e quindi, all’apertura del primo teatro di marionette. E ad opera del primo puparo acese, il maestro don Mariano Pennisi. Don Pennisi operò una sostanziale innovazione dal punto vista tecnico-stilistico del teatro dei pupi, rispetto alla già consolidata tradizione catanese.
Infatti i pupi acesi erano di dimensioni leggermente più piccole rispetto ai pupi catanesi. Inoltre, egli adottò una tecnica di manovra innovativa che permetteva ai pupi di muoversi longitudinalmente. Apportò un cambiamento fondamentale alla concezione recitativa, modernizzandola da certi vezzi ottocenteschi. Eliminando così una certa platealità, tipica del teatro dei pupi, a favore di un maggiore realismo.
L’arte di don Mariano Puglisi
Nel teatro di Mariano Pennisi vi è un forte contrappunto linguistico fra i paladini che, parlano in lingua italiana e Peppiniu, maschera popolare derivata dalla commedia dell’arte , che fa da scudiero a Orlando e Rinaldo, il quale, invece, è solito esprimersi in vernacolo siciliano. Nel 1928, la crescente fama portò Mariano Pennisi a trasferire la sua attività nel teatro di via Alessi. Alla sua morte, avvenuta nel 1934, gli successe l’allievo e figlio adottivo Emanuele Macrì, da lui salvato durante il terremoto di Messina.
All’attività svolta, prevalentemente nella città di Acireale, Emanuele Macrì affiancò, a partire dal 1943, la partecipazione a diverse manifestazioni, con cui ottenne riconoscimenti, anche di livello internazionale. L’erede di don Mariano Pennisi venne definito nell’ordine : “Attivo, irrequieto, impareggiabile, geniale”.
Emanuele Macrì costruiva da sé le armature delle sue creature, occupandosi pure della stesura dei testi. Il fatto che un’arte vecchia più di duecento anni riesca a trascinare ed entusiasmare ancora oggi, dimostra che l’Opera dei pupi non è morta come dicono. O si augurerebbero tanti vecchi “futuristi.” Forse è morta, perché nessuno è stato capace di rinnovarla. Questo dimostra che la bellezza è universale, non perché trascende il tempo, ma perché viaggia oltre il tempo. Infatti, la bellezza è sempre contemporanea.
Giosuè Consoli