Una calda temperatura estiva rischia di divenire rovente nelle prossime settimane se la Bce (Banca centrale europea) non dovesse proseguire una decisa policy di ribassi al tasso di riferimento, sceso il 16 giugno al 4,25 %. Disattesi gli auspici per un ulteriore congruo ritocco a breve, lo si attende a fine settembre.
Intanto si segnala un indice di indebitamento delle famiglie asceso a circa il 25%. Milioni di nuclei familiari; la metà con mutui accesi per la casa. Numeri che descrivono un disagio sociale al limite del default. Anticamera di una nuova caduta di consumi e investimenti. Da qui il ricorso a interventi per spalmare i rati dei mutui, caldeggiati nelle assemblee dell‘Abi (Associazione bancaria italiana), per sostenere i consumi correnti di famiglie in crisi e evitare la recessione.
La politica restrittiva della BCE e le esigenze dell’economia reale
Le dinamiche prudenziali seguite finora impongono un’analisi sistemica. La discrasia tra la politica restrittiva della Bce e le pressanti esigenze dell’economia reale, rivela infatti un limite, se non proprio un vulnus genetico, nell’analitycal framework di questa Istituzione. Che a differenza della Federal Reserve, che persegue obiettivi congiunti di stabilità dei prezzi e di massima occupazione, è preordinata nel suo impianto fondativo, al mero controllo dell’inflazione.
Il punto nodale oggi è affermare la natura inscindibile e non antitetica di quei due pilastri. E attuarli.
Come, alla luce del quadro odierno, ci viene suggerito dai dettami della Dottrina sociale della Chiesa. Ancora una volta la linea maestra è tracciata dal Magistero. Con tempestività, esaustività e incisività. Nella Gaudium et Spes i Padri Conciliari hanno delineato il duplice compito dei responsabili della organizzazione della vita economica, apicali di enti privati o pubbliche autorità, di loro competenza.
Da un lato vigilare che si provveda ai beni necessari per la vita decorosa dei singoli e della comunità. Dall’altro prevedere gli sviluppi futuri per assicurare il giusto equilibrio tra i bisogni attuali di consumo, individuale e collettivo, e le esigenze d’investimento per le società future. E contribuire alla prosperità del genere umano e nella sua più alta accezione, all’immanente realizzazione del Regno di Cristo.
Il rispetto dell’etica
Coniugare tali ordini di finalità, non antitetiche ma complementari, implica scelte etiche coraggiose e confidenti. A costo di ridisegnare obiettivi programmatici ritenuti a torto o ragione, ormai consolidati.
Riprendendo i principi dell’enciclica Caritas in Veritate, sulle pagine dell’Osservatore Romano Mario Draghi ammoniva come un vero sviluppo di lungo periodo non sia praticabile senza rispetto dell’etica. Sotto tal egida vanno create le condizioni per suffragare aspettative generali favorevoli. E ricostituita la fiducia di imprese e famiglie, dei cittadini tutti, nella capacità di una crescita stabile dell’economia.
Per fronteggiare la crisi finanziaria del 2008 col “whatever it takes” Draghi ha introdotto strumenti straordinari. Accolti in verità con iniziale tiepidezza se non malcelata freddezza dai paesi più rigoristi. Una vera e propria rivoluzione copernicana nel modus operandi adottato fin allora dalla Bce. Esperienza i cui esiti dovrebbero oggi ispirare un definitivo mutamento di prospettiva delle stesse prerogative dell’istituzione bancaria europea. Per cui le timide aperture di Lagarde verso dinamiche di inflation targeting meno rigide e appena un po’ più flessibili, non sembrano allo stato sufficienti.
La BCE riduca i tassi di accesso al credito
Tutto ciò dovrebbe indurre a un complessivo ripensamento dello stesso trattato istitutivo della Bce. Per un riequilibrio delle politiche creditizie di stabilità dei tassi e di modalità di accesso al credito. Garanzie di stabile sostegno a imprese e famiglie. Soprattutto, ma non solo, dei Paesi mediterranei.
L’auspicio è che al di là, e al di sopra, degli opposti schieramenti, esso possa divenire sin dai prossimi mesi il tema del confronto politico in sede europea. In ottica di una convergenza che superi le distinzioni di bandiera verso obiettivi comuni. E riconduca le istituzioni europee alla ragione archetipa dei principi ispiratori dell’Europa delle genti. Da tempo, forse troppo tempo, relegati nell’oblìo.
Giuseppe Longo