(2-11-2013) Ha esortato ciascuno a chiedersi: “Tutti noi avremo un tramonto. Lo guardo con speranza e con la gioia di essere accolto dal Signore?”. Un ricordo speciale per le vittime delle migrazioni: “Abbiamo visto le fotografie, la crudeltà del deserto, abbiamo visto il mare dove tanti sono affogati. Preghiamo per loro e anche per quelli che si sono salvati e che in questo momento sono in tanti posti di accoglienza, ammucchiati”.
Il tramonto e la speranza. La morte e la vita. Il nostro presente e il nostro futuro. La gioia di essere “ancorati” sulla riva giusta. Vent’anni dopo, un altro Papa entra al cimitero del Verano. Papa Francesco, in un pomeriggio insolitamente estivo, attorniato da un fiume di gente che lo attendeva già da oltre un’ora davanti alle transenne che perimetravano l’ingresso al cimitero monumentale più antico di Roma, riprende una consuetudine che si era interrotta esattamente vent’anni fa, il 1° novembre del 1993, con Giovanni Paolo II. E lo fa pronunciando un’intensa omelia interamente a braccio e concludendo la Messa – come aveva fatto poche ore prima, nell’Angelus di Ognissanti – con una speciale preghiera per gli immigrati morti nel “crudele deserto” o annegati in mare. Ai quali augura, come alle migliaia di persone che sono assiepate lungo il viale centrale del Verano, un futuro migliore. All’insegna di quella speranza che “non delude mai”. Perché oggi, ci tiene a sottolineare Papa Francesco nel giorno in cui si è soliti andare a trovare i propri cari che riposano nei cimiteri, “è un giorno di gioia, una gioia serena, tranquilla. Un giorno della gioia, della pace”.
Tutti abbiamo un tramonto. “A quest’ora, prima del tramonto, in questo cimitero, ci raccogliamo e pensiamo al futuro, a tutti quelli che sono andati, che ci hanno preceduto nella vita e sono nel Signore”. Con queste parole Papa Francesco ha cominciato l’omelia. E al tema del tramonto Papa Francesco è tornato alla fine della sua riflessione, quasi chiudendo un cerchio, e sono certamente queste le parole che i presenti si ricorderanno di questa giornata: “In questo pre-tramonto di oggi ognuno può pensare al tramonto della sua vita”. “Tutti noi avremo un tramonto”, ha ricordato il Papa, esortando ciascuno a chiedersi: “Lo guardo con speranza? Lo guardo con quella gioia di essere accolto dal Signore?”. “Oggi è un giorno di gioia, una gioia serena, tranquilla – ha proseguito – un giorno della gioia, della pace”. “Pensiamo al tramonto dei fratelli e delle sorelle che ci hanno preceduto – ha aggiunto – al nostro tramonto, al nostro cuore, e domandiamoci: dove è ancorato il nostro cuore? E se non è ancorato bene, ancoriamolo là, in quella via, sapendo che la speranza non delude, perché il Signore Gesù non delude”.
La speranza che non delude. Ripercorrendo le letture del giorno, il Papa ha citato la “visione del cielo” contenuta nella prima tratta dal libro dell’Apocalisse e ha commentato: “La bellezza, la bontà, la verità, la tenerezza, l’amore pieno: ci aspetta quello, e quelli che ci hanno preceduti sono là e proclamano che sono stati salvati non per le loro opere. Hanno fatto opere buone, ma sono stati salvati dal Signore. La salvezza appartiene al nostro Dio: è lui che ci salva, che ci porta come un papà, che ci dà la sua mano alla fine della nostra vita, proprio in quel cielo dove sono i nostri antenati”. “Se andiamo nella via con il Signore, lui non delude mai!”, ha esclamato il Papa, che sempre seguendo le letture del giorno ha citato la domanda che fa uno degli anziani: “Chi sono questi vestiti di bianco?”. “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione – la risposta – e hanno lavato le loro vesti lavandole con il sangue dell’Agnello”. “Soltanto possiamo entrare in cielo grazie al sangue dell’Agnello, grazie al sangue di Cristo”, ha ricordato il Papa: “Se oggi pensiamo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che ci hanno preceduti – ha aggiunto – è perché sono stati lavati nel sangue di Cristo. È questa la nostra speranza, e questa speranza non delude”. “Vedere Dio, essere simili a Dio: è questa la nostra speranza”, ha detto.
Avere il cuore ancorato là. “Oggi, giorno dei santi, e prima del giorno dei morti, è necessario pensare un po’ alla speranza, a questa speranza che ci accompagna nella vita”. È il tema centrale dell’omelia, e il Papa ci torna a più riprese. “Spesso dipingiamo la speranza come un’ancora”, ha detto soffermandosi su questa immagine: “Come se la vita fosse un’ancora e tutti noi, andando, tenendo la corda…”. “Avere il cuore ancorato là, dove sono i nostri antenati, i santi, dove è Gesù, Dio”, l’invito del Pontefice: “Questa è la speranza che non delude”. La speranza, l’altra immagine, “è un po’ un lievito, perché ti fa allargare l’anima: ci sono momenti difficili nella vita, ma con la speranza l’anima va avanti, guarda quello che ci aspetta”. “Oggi è un giorno di speranza”, ha ripetuto il Papa riferendosi alle festività di questi giorni: “I nostri fratelli e le nostre sorelle sono alla presenza di Dio. Anche noi saremo lì per pura grazia del Signore, se noi camminiamo con Gesù”. “La speranza ci purifica”, ha proseguito, ci “alleggera” (ha detto al posto di “alleggerisce”), “ci fa andare di fretta”.
Una preghiera speciale per i morti nel deserto e in mare. “Vorrei pregare in modo speciale – le sue parole – per quei fratelli e quelle sorelle che in questi giorni sono morti mentre cercavano una liberazione, una vita più degna”. La fine della Messa al Verano è dedicata ai tanti immigrati morti di fame, di sete e di fatica nel deserto o annegati in mare, per i quali poche ore prima al termine dell’Angelus aveva chiesto una preghiera silenziosa. “Abbiamo visto le fotografie – ha detto Papa Francesco – la crudeltà del deserto, abbiamo visto il mare dove tanti sono affogati”. “Preghiamo per loro – ha proseguito – e anche per quelli che si sono salvati e che in questo momento sono in tanti posti di accoglienza, ammucchiati, sperando che le pratiche legali si affrettino per potersene andare in un’altra parte, più comodi, in altri centri di accoglienza”.
M.Michela Nicolais
(Fonte: SIR)