“La Sardegna è un’altra cosa”, commenta spesso chi, abituato a vivere in altre regioni d’Italia, vi risiede stabilmente per un lungo periodo di tempo. C’è qualche cosa infatti che la rende diversa dagli altri posti, qualcosa di sfuggente ed impalpabile, ma che si sente quando ci stai a lungo ed a cui fai caso nel momento in cui torni nel tuo luogo d’origine. Saranno le grandi estensioni terriere e i piccoli centri, a volte arroccati in cima ai monti; saranno le strade poco trafficate; sarà il modo di fare delle persone che passando per la strada ti salutano anche senza conoscerti; sarà una certa aria che si respira in alcuni contesti e che ti dà talvolta l’impressione di ritrovarti indietro nel tempo di venti/trent’anni?
O sarà il fatto che la Sardegna, con la sua situazione di insularità, è sempre stata lontana da qualunque altra terra abitata (a cominciare dalla penisola italica), il che l’ha portata a crearsi una sua peculiarità e singolarità in tutti i campi, da quello sociale a quello organizzativo, da quello economico a quello comunicativo; per arrivare pure a quello linguistico, con un sistema unico forse in tutta l’Europa. O, per converso, a far sì che si aprisse a tutti gli influssi che venivano dall’esterno, sia che fossero di tipo invasivo e colonizzatore, sia che fossero di tipo esplorativo e conoscitivo. Fatto sta che oggi esiste questa diversità che ne fa un qualcosa di unico, con una identità tipica che non esiste altrove. La storia della Sardegna, se vogliamo, è stata simile a quella dell’altra grande isola del Mediterraneo, la Sicilia. Ma la Sicilia è sempre stata fortemente legata alla penisola italica, fino a farne quasi parte e a condividerne storicamente le vicende e le vicissitudini.
La lingua sarda
Dal punto di vista linguistico, in Sardegna si parlano ben 17 dialetti (pure 19, secondo qualche studioso). Sarebbe giusto parlare di lingua sarda, ma con tutte le varianti che ci sono e che non ne permettono una codifica semantica e strutturale uniforme, l’impresa diventa alquanto difficile. Il sardo, nel suo complesso, trae origine in piccola parte dal latino, ma contiene elementi linguistici ancora più antichi, che si rifanno alle varie popolazioni che (così come è avvenuto pure in Sicilia) si sono stanziate nel corso dei millenni in quest’isola del Mediterraneo: Fenici, Punici, Greci, forse anche Etruschi e, in tempi più moderni, spagnoli (catalani e baschi), bizantini, arabi. Il risultato attuale è una lingua molto complessa che cambia da una contrada all’altra, ed i suoi effetti si ritrovano anche nella toponomastica, nei nomi propri e nei cognomi. Tipici e particolari, ad esempio, i cognomi che finiscono in “-u”: Marrosu, Scanu, Becciu, Porcu, Urru, Garau, Portòlu (tanto per citarne alcuni). I sardi sono orgogliosi della loro lingua e della loro identità, com’è ampiamente dimostrato dall’uso della lingua locale nelle insegne e nelle targhe toponomastiche e stradali, in cui si ricorre anche, a volte, alla doppia trascrizione, in italiano e in sardo.
L’orgoglio sardo
Un altro elemento in cui si manifesta l’orgoglio sardo è nei comportamenti civici. Le strade dei centri urbani sono solitamente abbastanza pulite, e ci sono delle regole alquanto rigide per la raccolta differenziata dei rifiuti. Anche le strade extraurbane sono piuttosto pulite, ma si incontrano a volte delle zone in cui sono stati buttati rifiuti vari da gente di passaggio (cosa alquanto comune in varie parti d’Italia): bottiglie di plastica, cartacce, o altro. Ma – ci dicono – non sono i sardi che fanno questo, perché loro ci tengono a vivere in un contesto pulito e gradevole, e ad offrirlo pure ai turisti. Anzi – ci dicono sempre i nostri informatori – ci sono alcuni che girano con delle buste di plastica e l’attrezzatura adatta allo scopo, i quali quando vedono queste situazioni si fermano a raccogliere i rifiuti per poi depositarli nei luoghi idonei. E, pare, sempre a detta dei nostri informatori, che siano soprattutto i giovani che fanno ciò, il che è davvero encomiabile.
I nuraghi
Un elemento tipico del paesaggio sardo è costituito dai nuraghi. Si tratta di strutture in pietra, costruite a secco, a forma di tronco di cono, realizzate tra l’età del bronzo e l’età del ferro, risalenti quindi, all’incirca, fino a 1800 anni prima di Cristo. Non se ne conosce esattamente la funzione, se fossero costruzioni abitative, difensive, religiose, o fossero delle tombe; o forse tutte queste cose insieme. Pare che siano, in tutta la Sardegna, più di seimila, alcuni in buone condizioni o restaurati (come quello di Santu Antine), alcuni ridotti a un semplice cumulo di pietre; alcuni, nel corso dei secoli, sono stati pure smembrati e utilizzati come cave di pietra per fare altre costruzioni.
La cucina sarda
Anche la cucina e la pasticceria sarde sono degne di nota. Noi non siamo esperti di cucina, ma i malloreddus, i culurgiones e la fregula sono sicuramente dei tipi di pasta conosciuti dovunque. E chi non conosce il pane carasau, con la variante guttiau? Notevoli sono i preparati a base di carne di maiale e d’agnello; ed anche la cucina marinara a base di gamberi e aragoste locali. Famosissima poi, tra i condimenti, la bottarga, ricavata dalle uova di tonno rosso o di muggine, e famosa alla pari del caviale. E come dimenticare la vasta produzione di formaggi tipici, legata alla pastorizia ancora molto diffusa in Sardegna? E che dire dei vini, di cui ogni contrada ha la sua specialità? Pure la produzione di olio riveste una considerevole importanza, data la grande diffusione, in tutto il territorio isolano, di piante di ulivo.
Un discorso a parte meritano i dolci sardi, anch’essi molto variegati e legati alle singole località. Senza entrare nello specifico, citiamo solo le Copuletas e i Gueffus (in italiano Sospiri), oltre a varie tipologie di torroni, amaretti e meringhe.
Nino De Maria
(continua)