La conoscenza, e quindi la scoperta di se stessi non è impresa facile. Il viaggio alla ricerca di quello che è il proprio io, è spesso causato da una crisi, che affrontiamo lungo, appunto, il viaggio che è la vita.
Questo “viaggio” costituisce la trama del romanzo “Per amore, ti lascio” di Antonella Panarello, presentato, domenica venti ottobre, nella sede della “Pro loco” di Acireale. “L’uomo tende a catalogare la realtà – ha esordito la moderatrice Rita Vinciguerra. Ma, spesso, dobbiamo fare il procedimento opposto: ovvero capire il significato di un determinato aspetto della realtà, togliendo tutto ciò che non gli appartiene. Su questa scia mi sono domandata: Che cosa non è l’amore? L’amore non è violenza, a volte, non è tenere qualcuno vicino, ma tenerne il ricordo. L’amore e il dolore non sono contrapposti; perché nell’amore c’è sacrificio, e c’è dolore”.
“Antonella Panarello – continua la moderatrice – dopo essersi laureata in lingue, nel 2015 si trasferisce a Catania. ‘Per amore, ti lascio’ è il suo primo libro.
Il romanzo che presentiamo questa sera ha come protagonista una donna di cinquant’anni, Laila, che, soffrendo di attacchi di panico e ansia, va in psicoterapia di nascosto dall’uomo con cui convive. Il percorso di psicoterapia svelerà a Laila nuovi dubbi; le aprirà un abisso in cui scenderà gradualmente, l’abisso che vuol dire profondità”.
“Per amore ti lascio” romanzo psicologico
“Per amore, ti lascio non è un romanzo d’amore – ha spiegato l’autrice Antonella Panarello. A discapito del titolo sentenzioso che può suggerire un rapporto uomo-donna, l’amore verso se stessi è il volano del romanzo. E’ un romanzo in cui la scoperta di sé è conoscenza del mondo. I personaggi sono sfaccettati; nella vita alcuni riescono a metabolizzare il dolore, e altri no: quest’ultimo è il caso di Laila. In lei non vi è né bene né male. Noi viviamo di contrapposizione del reale; tutto si completa quando si unisce”.
Le letture sono state offerte da Gaetano Lembo e gli intermezzi musicali dal dott. Giuseppe Albano.
Al netto della descrizione dell’autrice a metà fra taoismo e dialettica hegeliana, non si tratta di un romanzo filosofico. Semmai abbiamo davanti un romanzo “psicologico”, nel senso propriamente interiore dell’aggettivo, dove la crisi di una donna di cinquant’anni apre uno spiraglio in quello che è il cielo oscuro della coscienza. Le crisi non si vincono mai, si superano con il coraggio di scendere quell’abisso che abbiamo dentro. Perché non è il sonno, bensì la paura della coscienza a generare mostri.
Giosuè Consoli