Esordirà stasera, martedì 29, al Teatro Massimo Bellini di Catania, “Rigoletto”, la penultima opera del cartellone 2024, con l’allestimento affidato alla regia di Leo Nucci, artista di fama internazionale. “Annoverato tra i maggiori baritoni di tutti i tempi ed interprete di riferimento del ruolo eponimo – ricorda un comunicato stampa -, Nucci si è imposto via via anche come maestro della messinscena, fautore di una visione fedele allo spirito del compositore”.
Il celeberrimo melodramma di Giuseppe Verdi riprende in parte la sontuosa produzione realizzata dall’ente lirico catanese nel 2021 per il Teatro Antico di Taormina. Evento che vide protagonista e regista proprio Leo Nucci e direttore Plàcido Domingo. L’allestimento però è ora profondamente modificato, e non solo per adattarlo alla diversa fisionomia del palcoscenico indoor. Anche per venire incontro ad un ulteriore sviluppo della visione registica.
Nel cast le pluripremiate formazioni del Teatro Massimo Bellini, l’Orchestra e il Coro. Sul podio ritorna lo spagnolo Jordi Bernàcer, bacchetta di fama internazionale, maestro del coro Luigi Petrozziello. Le scene sono di Carlo Centolavigna, costumi di Artemio Cabassi, coreografie di Giuseppe Bonanno, luci di Bruno Ciulli.
Il “Rigoletto” in scena fino al 6 novembre
L’opera verrà presentata per sette giorni, fino al 6 novembre. La stagione lirica in corso si concluderà in dicembre con La Gioconda di Ponchielli.
Prosegue, intanto, la campagna abbonamenti per la nuova e ricca stagione 2024-2025. Il diritto di prelazione scade il 31 ottobre per la concertistica e il 30 novembre per la lirica.
Il cast vocale è di alto livello. Vedrà alternarsi, infatti, i baritoni George Gagnidze, Roman Burdenko e Anooshah Golesorkhi nel ruolo del titolo, i tenori Ivan Magrì e Valerio Borgioni (il duca di Mantova), i soprani Enkeleda Kamani, Alina Tkachuk e Federica Foresta (Gilda); i bassi Ramaz Chikviladze e Valentin Azarenkov (Sparafucile), i mezzosoprani Elena Belfiore e Mariam Baratashvili (Maddalena), i bassi Luca Dall’Amico e Viktor Shevchenko (il conte di Monterone).
Completano il cast Elena Borin (Giovanna), Fabrizio Brancaccio (Marullo), Riccardo Palazzo (Matteo Borsa), Gianluca Failla (il conte di Ceprano) Sonia Fortunato (la contessa di Ceprano), Angelo Nardinocchi (un usciere di corte), Ylenia Iasalvatore (un paggio della duchessa).
Ancora una volta, a Catania si rinnova “il fascino immortale del melodramma musicato da Verdi sul libretto in tre atti di Francesco Maria Piave. Libretto tratto dal dramma storico di Victor Hugo Le Roi s’amuse”.
Un esordio travagliato
Rigoletto esordì al Teatro La Fenice l’11 marzo 1851. “L’opera fu messa in scena – si sottolinea nella nota stampa – dopo travagliate vicissitudini innescate dall’ostracismo della censura austroungarica, che lanciò strali contro la dissolutezza di costumi attribuiti ad un sovrano, il soggetto ritenuto scabroso e l’empietà insita nella maledizione. Verdi non si arrese, esaltato dal lavoro di Hugo che riteneva ‘il più gran soggetto e forse il più gran dramma de’ tempi moderni. Tribolet è creazione degna di Shakespeare!’»
Scrive Leo Nucci nelle note di regia: «Il mio sogno era realizzare un Rigoletto o Triboletto, come lo chiama Verdi nel manoscritto e nelle lettere, il più possibile corrispondente alla fonte letteraria del libretto. Cioè Le Roi s’amuse di Victor Hugo. Sappiamo che fu la censura di allora ad imporre di modificare il titolo e il luogo in cui era ambientata la vicenda”.
“Viviamo un momento storico difficile, dove parlare di ‘bellezza’ a volte suona come un’offesa, parlare di ‘intelligenza’ può sembrare una provocazione, il ‘rispetto’ suona quasi sminuente. Il pubblico non viene all’opera solo per ascoltare i brani più celebri. Sono convinto che desideri apprezzare quello che il compositore, in questo caso Verdi, voleva trasmetterci. Per questa produzione di Rigoletto non ho piegato la drammaturgia a mio piacimento, ma ho cercato di capire, studiandole per anni, le intenzioni dell’autore. Perciò qui cerchiamo di rappresentare Rigoletto come fu pensato, realizzandone quella che Verdi chiamava mise en scène».
Maria Pia Risa