Acireale è costellata di intellettuali, come dimostra la carrellata di personaggi che si avvicendano in questa rubrica e come attesta l’intervista odierna a uno storico e fine letterato, acese di adozione, il professore Riccardo Di Maggio (Palermo, 21 marzo 2023-Acireale, 25 maggio 1996).
Bentrovato, professore Di Maggio. L’anno scorso è ricorso il centesimo anniversario della sua nascita. Ci vuole raccontare della sua famiglia di origine e come approdò ad Acireale?
Sono nato a Palermo dal farmacista Salvatore e da Rosa Ragusa. Sono il secondogenito: Gaetano è fratello maggiore, Roberto, il piccolo. Mio padre gestiva una farmacia a Partinico. Quando papà vince il concorso di farmacista a Guardia, si trasferisce con la famiglia andando ad abitare in una casa all’inizio della strada che si inerpica verso la chiesa Madre, dedicata alla Vergine Immacolata, in via Sperlinga.
Quali studi intraprende?
Conseguo la maturità classica presso il Liceo Ginnasio Gulli e Pennisi di Acireale nell’anno scolastico 1939-1940, dopo aver frequentato il biennio ginnasiale a Partinico. Ottengo la laurea in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Catania e nel 1946 la seconda in Storia e Filosofia nel medesimo ateneo. Immediatamente dopo sono introdotto nella ricerca accademica come assistente volontario di Matteo Gaudioso, docente di Storia medievale e moderna all’Università catanese.
Professore Di Maggio, quando inizia la sua carriera di docente?
Nel 1945 sono chiamato all’Istituto Magistrale di San Ginesio, poi al Liceo Classico di Camerino e Tolentino come docente di materie letterarie. Nel 1956, dopo aver superato i corsi abilitanti del 1950, sono nominato docente di ruolo ordinario e presto servizio ininterrotto fino al 1986 nell’Istituto Magistrale Statale Regine Elena di Acireale. Affianco all’insegnamento statale la docenza presso il Collegio Sacro Cuore Santonoceto e quello di San Michele ad Acireale.
Le sue figlie Rossella, Francesca e Antonella sono custodi della sua memoria umana e culturale, custodiscono la sua ricca biblioteca e il suo prezioso archivio. Nel fondo documentale si trova il carteggio Allevi-Di Maggio, da me ordinato qualche anno fa. Ci può parlare della fitta corrispondenza col professore Febo Allevi?
Febo Allevi è stato un grande amico. L’ho conosciuto quando ho iniziato la carriera di docente a San Ginesio. Febo è stato professore di Italiano e Storia all’Istituto Magistrale di Pola e negli anni della seconda guerra mondiale è tornato a Macerata per insegnare Italiano e Latino presso il Liceo Classico. Ha concluso la sua carriera come docente di Storia delle tradizioni popolari e di Storia della critica letteraria all’Università di Macerata.
Ci ha lasciati dopo due anni della mia dipartita, nel 1998. Nel carteggio da me posseduto si trovano ventiquattro lettere a firma di Febo, scritte tra il 1960 e il 1991. Le missive contengono, oltre a brevi accenni di vita privata, principalmente uno scambio culturale sullo stato di avanzamento di ricerche storiche e consigli di lettura su saggi e contributi scientifici. Ho messo in contatto Febo con l’allora presidente dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, il professore Cristoforo Cosentini, e con alcuni docenti dell’Università di Catania, come la professoressa Luigina Fasoli, docente di Storia medievale.
Le sue figlie hanno contattato la figlia di Febo Allevi, Fabia, per poter studiare le lettere inviate da lei al docente universitario. Il corpus epistolare si compone di 114 lettere spalmate in un arco cronologico che va dal 1945 al 1993, in cui emergono la sua partecipazione a convegni, come i Congressi Internazionali di Studi dell’Alto Medioevo, e il progressivo sviluppo di una sua ricerca che riguarda la famiglia Brunforte di Macerata di origini medievali.
Ho saputo che l’articolo da me realizzato a San Ginesio nel 1949 è stato pubblicato postumo pochi mesi fa sotto la sua curatela e per volere delle mie tre figlie. Il contributo è frutto di ricerche storiche documentate presso gli archivi e le biblioteche marchigiane. Brunforte è una famiglia illustre della Marca D’Ancona attestata nei documenti fin dal XIII secolo. I protagonisti della famiglia sono in particolare Rinaldo e il figlio Ugolino.
Nel 2015 la professoressa Pinella Musmeci, sua collega all’Istituto Magistrale Regina Elena di Acireale, nel novantesimo della sua nascita pubblica un breve saggio intitolato Oblitus Obliviscendus. La riscoperta dello studioso e scrittore acese Riccardo Di Maggio. Cos’è Oblitus obliviscendus di cui parla la compianta e illustre studiosa?
Oblitus obliviscendus è il motto che scelgo in occasione della mia partecipazione al Premio Nazionale di Narrativa intitolato al giornalista Gandolin nel 1957. Il racconto è stato pubblicato nel raro e introvabile volume Alta marea. La lingua usata è il latino, perché mi è sempre piaciuto scrivere nell’idioma dei romani. Argomento del testo è la celebrazione della terra di adozione Guardia, frazione di Acireale: un resoconto del recente ritorno ad Acireale dopo aver espletato gli adempimenti di fine anno scolastico a Firenze in occasione degli esami di maturità. Emergono riflessioni sulla mia famiglia, sulla notte di San Giovanni, patrono di Firenze, l’ameno rifugio della casa di Monterosso, concludendosi con l’abbraccio della notte.
Marcello Proietto