Qualche tempo fa abbiamo intervistato Lionardo Vigo, nipote del protagonista di oggi, Salvatore Vigo Platania (Acireale, 16 settembre 1784 – Palermo, 27 ottobre 1874).
Bentrovato, avvocato. Vostro nipote Lionardo nella corrispondenza col Duca di Serradifalco vi menziona su affari siciliani riguardanti fatti politici ed economici. Ci volete parlare della vostra formazione accademica.
Completo gli studi presso l’Università degli Studi di Palermo, conseguendo nel 1807 la laurea in utroque iure, ovvero in Diritto civile ed ecclesiastico, l’attuale laurea in Giurisprudenza. I miei maestri sono stati Rosario Gregorio, Domenico Scinà e Paolo Balsamo. Dopo la laurea, rientro ad Acireale e nel 1810 sono eletto Deputato delle strade, contribuendo fortemente al congiungimento dei due tronchi del futuro Corso Savoia.
Ma gli interessi e i fatti politici vi richiamano a Palermo.
Assisto agli avvenimenti politici iniziati nel 1811 e si susseguono fino all’emanazione della nuova Costituzione nel 1812, le elezioni della Camera dei Comuni nel 1813 e la conclusione, ahimè, negativa, nel maggio del 1815.
Il 1815 è l’anno del cambiamento, magari voluto dal fallimento politico a livello regionale.
Dopo gli eventi del 1815, decido di recarmi a Napoli dove sono stato ammesso a prestare servizio volontario nella direzione delle contribuzioni dirette. Il praticantato dura fino al 1818. Nel 1819 vengo trasferito a Palermo presso la direzione generale dei dazi diretti dove per quindici anni mi dedico con passione al lavoro ricevendo addirittura due promozioni.
A Palermo iniziate a scrivere saggi su questioni riguardanti la finanza pubblica, la statistica, i censimenti. Ricordiamo la monografia Istoria critica di parecchi censimenti per servire alla rettifica del catasto siciliano, pubblicata dalla Tipografia reale di Guerra nel 1833.
Nel volume sottolineo i gravi difetti dei riveli. In Sicilia si voleva adottare il moderno catasto su modello lombardo-veneto voluto dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria.
Nel febbraio del 1834 siete chiamato a Napoli.
Con decreto reale torno a Napoli per prestare servizio presso il Ministero per gli affari di Sicilia. Ma nel 1848 mi dimetto in seguito al rifiuto di prestare giuramento alla costituzione di Ferdinando II. Quindi, rientro in Sicilia dove erano in corso i moti rivoluzionari.
Avvocato Salvatore Vigo Platania, com’è che ritornate ad Acireale?
Mi ritiro per otto anni nel podere di Santa Tecla. Mi dedico all’agricoltura trasformando il terreno incolto in fiorente agrumeto. Mio nipote Lionardo lo chiamava “il giardino delle Esperidi”. Nel 1856 rientro a Palermo dove trascorro gli ultimi diciotto anni della mia vita.
In quegli anni sono nominato socio dell’Accademia degli Zelanti, di cui anche voi fate parte. Alla Biblioteca Zelantea dono la mia preziosa emeroteca e parte della mia biblioteca.
Sebastiano Catalano, in un articolo pubblicato su Memorie e Rendiconti del 1984, ricorda che eravate appellato per la saggezza il “Plutarco di Sicilia”.
Così è! Concludo la mia vita terrena a Palermo il 27 ottobre 1874 a 90 anni e mi inumano nella chiesa di San Domenico, il Pantheon dei siciliani illustri. I funerali si svolgono nella chiesa della Badia del Monte, dove partecipa pure Vincenzo Fardella, marchese di Torrearsa, presidente del Senato del Regno, che era stato insieme a me uno dei protagonisti delle vicende del 1848-1849.
Qualche giorno fa mi sono recato nel mio cenotafio e ho letto la seguente iscrizione funebre: Vale supremo / All’anima veneranda / Del Cav. Salvatore Vigo / Di vetusta Patrizia famiglia / Di Acireale / Pei meriti suoi / Dichiarato cittadino di Palermo / Che / Pari del Regno / Nel Parlamento siciliano del 1848 / Dopo 33 anni rivendicato / I diritti della patria / Con Sapienza amore e virtù / Propugnò e sostenne / Visse 90 anni / Placidamente si addormentò / Nella pace dei giusti / Il 27 ottobre 1874.
Marcello Proietto