Sant’Agata / Il busto reliquiario tesoro dell’arte orafa medievale

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Fra i tesori dell’arte orafa medievale pervenutici, il busto reliquiario di S. Agata è uno dei più belli. Fu realizzato, in argento sbalzato, oro, smalti e gemme  dal senese Giovanni Di Bartolo nelle officine di Limoges nel 1376.
Il procedimento fu quello tradizionale di rivestire di placche metalliche un’anima di legno grossolanamente sbozzata. La maggiore difficoltà risiedette nel procedimento di martellatura e cesellatura che richiese particolare destrezza.

Proprio sulla base del reliquiario si trova una iscrizione in latino che riporto tradotta, dove si legge la data di realizzazione, il nome dell’artefice e quella dei committenti: “Quest’opera nel nome della Vergine Agata iniziata al tempo in cui Marziale era stato nella città di Catania vescovo e il successore Elia portò a termine. Artefice – lo fabbricò Giovanni famoso nell’arte – Bartolo è il genitore, cui è patria la celebre Siena, mille  tre volte cento dal parto della Vergine e settanta e sei sono gli anni che trascorsero”.Busto reliquiario di Sant'Agata

Busto reliquiario di Sant’Agata / gli stemmi

Sotto la scritta frontalmente al reliquiario è lo stemma del  papa francese  Gregorio XI, Pietro Roger dei conti di Beaufort. Fu proprio Gregorio XI a riportare la  sede dei papi a Roma facendo il suo ingresso ufficiale nell’Urbe il 17 gennaio del 1377. Anche se l’anno precedente vi  aveva fatto un breve soggiorno. Lo scrivente avanza l’ipotesi che il reliquiario  di S. Agata sia giunto in Italia proprio con Papa Gregorio XI   per poi raggiungere Catania.

Sopra la scritta invece si trovano gli stemmi di Catania e quello della casa reale  d’Aragona e di Aragona. Ai lati di questi tre  stemmi si trovano due placche dove sono raffigurati i vescovi committenti. A sinistra è il vescovo Elia reggente il pastorale con accanto il suo stemma retto da un angelo. Speculare a questa  placca sull’altro fianco del reliquiario  è quella dove è raffigurato il vescovo Marziale reggente il pastorale con al lato  il suo stemma,  sorretto anche qui da un angelo.

Sul retro del reliquiario sono riprodotti nella fascia centrale sopra la scritta, di nuovo   gli stemmi dei vescovi con al centro uno stemma di incerta attribuzione  che comunque per posizione deve avere importanza  particolare e che secondo l’autore potrebbe essere quello della famiglia Falletti  che ebbe probabilmente  rapporti diretti con l’artefice del reliquiario. Lo stemma Falletti, infatti, si presenta con un campo d’azzurro alla banda a tre file di scacchi d’oro e di rosso ma già si è visto in altri restauri che spesso il rosso  col tempo si perdeva lasciando il fondo grezzo. Nel caso del reliquiario di S. Agata  probabilmente  è stato maldestramente rimpiazzato con l’azzurro del campo.

Stemma Gregorio XI
Stemma Gregorio XI

Busto reliquiario di sant’Agata / la corona

Nel tesoro di S. Agata, esposto sul reliquiario, il prezioso più discusso è proprio la corona che la tradizione vuole donata da re Riccardo Cuor di Leone.
Questa è costituita da tredici piccole placche rettangolari unite da cerniere. Ogni placca è sormontata da un giglio ornato di perle. Si discute circa la datazione e l’attribuzione. Secondo alcuni studiosi è una leggenda che la piccola  corona sia  un dono di re Riccardo Cuor di Leone e che la corona sia  invece da attribuire ad un orafo italiano della fine del XIV sec. Ma non è da escludere una datazione al XIII secolo.

Busto reliquiario di Sant’Agata / gli anelli

L’oggetto  che è comunque  il primo ex voto donato alla Santa  è un anello in rame dorato con una grossa pietra rossa rettangolare. Sull’anello vi sono le chiavi papali e lo stemma dei Visconti, una biscia che ingoia un bambino e le iniziali P.G. riferite probabilmente a papa Gregorio X (Teobaldo Visconti di Piacenza papa dal 1272 al 1276). L’anello è posto alla base del bastone proprio sotto la mano della Santa.

Gli  anelli, in gran numero, furono i primi doni votivi che ricopersero il reliquiario della santa. Fra questi  se ne ricorda uno donato il 12 febbraio 1673: “Un anello con nove smeraldi a quadretto e due altri smeraldi alla punta della verghetta, in tutto numero di undici, presentato alla gloria della Santa nell’ultimo della vita del quoddam D. Prudenzio Perez, Castellano di questo castello Ursino”.

La croce su un bastone di Argentorato che la santa sostiene con la mano destra è in oro e smalti. Su di essa vi sono dieci smeraldi che forse erano appartenuti alla croce vescovile di monsignor Secusio. Alla base della croce sul bastone sono attaccati due anelli: uno con 14 diamanti con al centro uno zaffiro e l’altro con sedici brillanti con un grosso smeraldo al centro.

Al centro Croce Francica Nava
Al centro la croce Francica Nava, a sx, poco nascosta dalla mano, croce Ventimiglia

Busto reliquiario di Sant’Agata / la croce

Campeggia al centro del reliquiario una croce pettorale del XVIII secolo, dono dell’arcivescovo Francica Nava  con 11 grossi smeraldi contornati da brillanti. A sinistra di questa croce si  trova   altra croce pettorale di fattura siciliana in oro, smeraldi e brillanti. Croce donata per atto testamentario redatto a Palermo il 13 ottobre 1793 dal vescovo di Catania Salvatore Ventimiglia: ” …Voglio però che a tenore della consuetudine di suddetta Chiesa di Catania la suddetta mia croce vescovile di smeraldi e di brillanti e l’anello compagno siano posti alla statua d’argento della gloriosa S. Agata  senza che se ne potessero servire li vescovi miei successori. Ordino però, e voglio, che in caso di pubblica necessità e di bisogno del popolo, si debbano vendere la detta croce ed anello col consenso del vescovo e del capitolo, per distribuirsene il prezzo in alimento dei poveri solamente e non in altro modo”.

Sul lato sinistro della croce pettorale dono del Vescovo Francica Nava si trova una spilla del XVI sec. in oro smalti, pietre, gemme e perle che raffigura una vittoria alata che tiene una palma e dei fiori. Il corpo della vittoria è realizzato con una grossa perla scaramazza. Questa particolare spilla fa pendant con un’altra, che appesa sul lato opposto della croce ,  raffigura una sirena  che sostiene un sole. Fra le numerose collane indubbiamente colpisce quella su cui è appeso un Toson d’Oro  simbolo del più prestigioso ordine cavalleresco del rinascimento.

Collare del toson
Collare del Toson, acciarino e toso, anello Papa Gregorio X

Il Toson

La collana è attribuita ad un orafo siciliano del XVII sec. In oro, pietre, gemme e smalti, è citata nell’inventario del 1625. Ed è  ricordata con “struzzo pendente” e non con il “Toson” che però è ricordato (appeso alla collana) nel repertorio del 1829”.
I Toson esistenti, di quel periodo, non sono numerosi, ma quello di S.Agata è l’unico ad essere così riccamente ornato.

Tutti i Toson sono dei semplici  arieti in oro con la schiena  ricurva appesi ad un collare detto del Toson per il tramite  di acciarini in oro, raffigurati sprigionanti fiammelle. Al Toson di S. Agata, dato che al tempo del donante non erano ammessi  differenziazioni, è probabile che i brillanti quindi siano stati aggiunti. Sugli acciarini su cui vengono appesi i Toson era ammesso l’uso di pietre preziose  così come è per quello di S. Agata dove il rosso dei rubini rappresenterebbe  le fiammelle sprigionate dallo strumento.

L’ordine del Toson d’Oro fu istituito il 10 gennaio 1429 da Filippo III di Borgogna a Bruges e ne furono insigniti re, imperatori e grandi principi. Aveva lo scopo di difendere la fede cattolica e per farne parte bisognava dimostrare di essere giusti e colti.

Sul busto della Santa appare anche la medaglia della Legion d’Onore, somma onorificenza francese. Luigi Filippo re dei francesi nominò Vincenzo Bellini Cavaliere della Legion D’onore. Gioacchino Rossini consegnò l’onorificenza all’amico musicista. Alla morte di questi, i familiari donarono la medaglia a S. Agata. Il busto della santa è interamente ricoperto di gioielli; collane, anelli, bracciali, croci sono tutti segni della grande devozione per la Santa. Papi, Re, Regine e Imperatori  hanno mostrato devozione per la Santa, ma soprattutto il popolo che le attribuisce devozione  con grande commozione.

Giuseppe Di Vita