Il 29 Ottobre 2024, il ministro dell’energia Israeliano aveva annunciato la firma di una convenzione con varie società petrolifere tra cui l’italiana Eni. Grazie a questa convenzione, le società avranno la licenza per sfruttare il giacimento di gas che si trova nelle acque di fronte la Striscia di Gaza, insanguinata ormai da mesi. La zona marittima in questione secondo il diritto internazionale appartiene per il 62% alla Palestina. Uno studio di avvocati statunitense ha presentato un avviso per conto di alcune associazioni arabe per i diritti umani, dove invita a non operare nella suddetta zona.
Eni a Gaza / La situazione energetica tra Israele e Palestina
La Palestina affronta una situazione energetica drammatica. Specialmente nella striscia di Gaza l’energia è scarsa e razionata. Una sola centrale elettrica è presente, la quale funziona grazie al diesel che la Israel Electric Corporation esporta, ma che comunque non copre il fabbisogno di tutta la popolazione, dovendo limitarsi a poche ore di elettricità al giorno. Inoltre se l’unico fornitore di elettricità è ostile, potrebbe decidere di utilizzare questa come un’arma. Questa è proprio una delle scelte di Israele, interrompendo la fornitura di energia a Gaza durante le fasi più cruente dell’invasione della striscia. La Palestina detiene risorse di gas e petrolio dal valore di miliardi di dollari, secondo UNCTAD, l’agenzia delle nazioni unite per lo sviluppo e il commercio.
Se sfruttate, non solo potrebbero fornire energia a tutta la popolazione palestinese, ma consentirebbero l’esportazione e la ripresa dell’economia. I maggiori bacini a disposizione sono 2. Nell’area C della Cisgiordania, territorio palestinese occupato da Israele, c’è un grosso giacimento di petrolio che secondo l’autorità nazionale Palestinese si estende per l’80% entro il suo territorio, ma dal 2010 sfruttato esclusivamente da Israele. Il secondo bacino è proprio quello al largo della striscia di Gaza. Al quale è impossibile accedere per i Palestinesi per via del blocco navale imposto da Israele.
Eni a Gaza / La convenzione con Israele
Il Mediterraneo orientale è un’area di esplorazione per la ricerca di risorse naturali. Queste aree vengono denominate Zee (Zone economiche esclusive). La loro esplorazione dovrebbe essere divisa tra gli stati presenti in quell’area. La controversia inizia già nel 2018 quando la Palestina viene estromessa dall’esplorazione dell’area per via delle pressioni del governo Israeliano. L’esplorazione venne divisa tra Israele Cipro ed Egitto in quello che fu il primo East Mediterranean gas forum (Emgf). Nonostante parte di quell’area appartiene allo stato di Palestina secondo una convenzione dell’ONU, le viene negato il diritto di ricercare le risorse naturali insieme agli altri stati dell’area. Nel 2022 Israele lancia delle gare d’appalto per la ricerca di gas naturale nella zona al largo di Gaza nell’est del Mediterraneo.
La notizia esce ufficialmente il 29 ottobre 2023. Le concessioni sono date a due gruppi di società. Il primo con Eni, Dana Petroleum e Ratio Petroleuma. Il secondo con Bp (British petroleum), azera Socar (State oil company of Azerbaigian republic) e NewMed energy azienda Israeliana.
Eni a Gaza / Il diritto internazionale e gli accordi con Israele
La Palestina è un membro osservatore dell’ONU. Ha firmato diverse convenzioni che regolano i propri confini. La convenzione di Montego Bay attesta che fino a 12 miglia dalla costa le acque sono territorio dello stato a cui la costa appartiene. La convenzione del 1994 tra Israele e OLP (organizzazione per la liberazione della Palestina) attesta che fino a 20 miglia dalla costa di Gaza è considerabile territorio palestinese. Queste due convenzioni regolano di fatto la giurisdizione e il possesso di quella zona.
Secondo il diritto internazionale, la zona oggetto della disputa è per il 62% in acque palestinesi e per la restante parte in acque internazionali. Giuridicamente la Palestina ha perciò diritto a decidere su quei giacimenti di gas. Lo sfruttamento di risorse appartenenti ad altri stati non dovrebbe essere consentito. Israele però, non avendo mai riconosciuto ovviamente la Palestina come uno stato, non le riconosce il diritto su tali aree. Il governo italiano tramite Eni (di cui è il maggior azionista) sceglie dunque corresponsabilmente di contravvenire agli accordi internazionali orientandosi a fare prevalere gli interessi economici rispetto al diritto dei popoli di sfruttare in autonomia le proprie risorse.
Carlo Nibali