«L’uomo è il culmine e quasi il compendio dell’universo, e la suprema bellezza dell’intera creazione» (S. Ambrogio). «Pochi sono gli avvenimenti di una vita. Le guerre, le feste e tutto ciò che fa chiasso non sono avvenimenti. L’avvenimento è una vita che irrompe in una vita». Così scrive il poeta e scrittore francese Christian Bobin.
Sembra quasi un dialogo fra i due. Ma non è così. Semplicemente hanno visto il mondo nello stesso modo anche se da angolazioni diverse ed in tempi diversi. I due pensieri però ci portano a riflettere ed a porci una domanda: quante volte però una vita che irrompe non porta gioia ma paura, disperazione, angoscia?
Nel 2008, nel messaggio per la 29ª Giornata per la Vita, i vescovi italiani scrivevano “Il nostro tempo, la nostra cultura, la nostra nazione, amano davvero la vita?”. La risposta ce la fornisce Dino Boffo, ex direttore di Avvenire, “La sensazione è che non la amiamo abbastanza. Altrimenti non saremmo tanto arrendevoli, e non da oggi, di fronte all’aborto, e non saremmo tanto smemorati nei confronti della legge 194. Essa non afferma che l’aborto è un bene, semmai il contrario; e invita a rimuovere tutti i possibili ostacoli per evitare l’aborto. Eppure pochissime energie vengono spese in questa direzione; ed anzi si cerca di ostacolare la presenza dei volontari che cerchino il dialogo con le donne, ridicolizzandoli e demonizzandoli, quasi fossero dei subdoli coercitori di coscienze”.
L’analisi di Boffo è, purtroppo, il riflesso di una realtà piuttosto diffusa. Il PRC di Correggio (RE), ad esempio, contestando il protocollo d’intesa tra Comune, servizio sociale, AUSL, Movimento per la Vita, Caritas e Croce Rossa per un progetto sperimentale a sostegno della maternità, sostiene che era prevedibile una “nuova, più arrogante, offensiva sull’aborto” regolamentato dalla legge 194 “che è uno strumento simbolo dell’autodeterminazione femminile in campo procreativo. Cancellare la legge come vorrebbero i settori più oltranzisti, o neutralizzarla definitivamente puntando a snaturare compiti e funzioni dei consultori riempiendoli di associazioni antiaboriste, vorrebbe dire farne degli stessi, luoghi di colpevolizzazione delle donne, anziché di aiuto. La legge 194 ha contribuito fortemente alla civilizzazione delle relazioni umane, (sic!) oltre che sociali e giuridiche, tra i sessi”.
Sul fronte della vita nascente la sfida è diventata ancora più estesa a causa della pretesa di trasformare l’embrione umano in materiale di sperimentazione. Purtroppo è sotto attacco anche la famiglia, che della vita è la culla, il sostegno e la rivelatrice di senso. Certo, la vita è fatta anche di momenti “out” in cui ti viene di gridare “fermate il mondo, voglio scendere!”. Però vivere è bello e non dipende dai ghiribizzi del momento, da ciò di cui “ho voglia”.
Ed allora perché togliere questa possibilità a chi è totalmente indifeso. Lasciamo ad ogni donna, ad ogni mamma, la possibilità di potere affermare che “So che se avessi abortito non sarebbe stato lo stesso. Mi avrebbero guardata con altri occhi. Io anche, perché avrei avuto un peso insopportabile sulla coscienza. E poi, come sarebbe, oggi, la mia vita senza il mio Tommaso? Cosa sarebbe, della felicità che vivo ogni giorno?” (dalle confessioni di una ragazza che ha rinunciato ad abortire).
Leonardo Sorrentino