Sulla strada della Quaresima – 37 / Giovedi 10 aprile.La speranza è osservanza della parola

0
52

Dal vangelo secondo Giovanni ( 8, 51-59)

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».

Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».

Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

************************Vangelo gv 8-51

La parola del Signore non va solamente letta e meditata, va, soprattutto, osservata. Essa deve diventare il codice comportamentale di ognuno di noi, altrimenti cadiamo nell’agire di quelli che “dicono e non fanno” (Mt 23,3).

All’osservanza della parola è legato il nostro destino di felicità eterna: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”, ci ricorda Gesù nel brano del vangelo di oggi.

Ci viene facile rimanere incantati dinanzi ad una pagina della sacra scrittura, ad un commento, difficile risulta – poi – calarlo nella nostra quotidianità, nella nostra vita, nelle azioni. È lì che si gioca la nostra credibilità e autenticità.

La speranza è osservanza della parola

Per questo San Giacomo, nella sua lettera, ci ammonisce dicendo: “Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira. Perché l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime.

Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s’è osservato, se ne va, e subito dimentica com’era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla” (Gc 1, 19-25).

Non ci è data nessuna alternativa per un’eternità beata. Non basteranno i nostri atti di culto, l’osservanza ligia e puntuale dei comandamenti, le pie pratiche e le mortificazioni (spirituali e corporali) a ottenerci la vita eterna, occorre mettere in pratica la parola del Signore e tradurla in gesti e atti concreti di amore.

Don Roberto Strano