Sulla strada della Quaresima – 39 / Sabato 12 aprile. La speranza è la nostra salvezza

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vangelo gv11,45-56

Dal Vangelo secondo Giovanni (11,45-56)

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Lazzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».

Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Gesù, dunque, non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

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La frase pronunziata da Caifa: “è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”, di chiaro stampo politico, svela – come annota l’evangelista – il significato vero e profondo dell’ora a cui Gesù va incontro. Egli muore per il popolo, muore per tutti, ma non per evitare che l’Impero Romano allarghi i suoi confini, ma per salvare e redimere l’uomo.

Su Gesù è stata pronunziata la sentenza di morte. Alla prima occasione sarà attuata e, finalmente, sulla vicenda Gesù di Nazareth cadrà il silenzio con l’oblio della morte.

Dio, che scrive sempre dritto sulle righe storte degli uomini, trarrà da quella morte qualcosa di grande e impensabile umanamente. La salvezza del genere umano lavato nel sangue del suo figlio, agnello che lava i peccati del mondo.

Il Figlio di Dio, infatti, giunta la pienezza dei tempi che l’impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14).

Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera ineffabile dell’amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l’umanità nella sua miseria! O carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di noi. «E, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo» (cfr. Ef 2, 5) perché fossimo in lui creatura nuova, nuova opera delle sue mani” (S. Leone Magno, Disc. 1 per il Natale, 1-3; Pl 54, 190-193).

Caifa, tutto questo lo sconosce, ma la sua sentenza di morte sarà fonte di vita, di felicità e di eternità!

Don Roberto Strano