Sulla strada della Quaresima – 46 / Sabato Santo 19 aprile. La speranza è l’attesa di un annuncio

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Dal vangelo di Giovanni (19, 40 – 42)

Essi [Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo] presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.

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Protagonista di questo santo giorno, è una tomba nuova che accoglie il corpo esamine del Signore Gesù.

Ci sono, a volte, degli attimi così densi di mistero, che si ha l’impressione di averli già sperimentati in altre stagioni della vita. E ci sono degli attimi così gonfi di presentimenti, che vengono vissuti come anticipazioni di beatitudini future. Nel giorno del Sabato Santo, di questi attimi, ce n’è più di qualcuno. E come se cadessero all’improvviso gli argini che comprimono il presente. L’anima, allora, si dilata negli spazi retrostanti delle memorie. Oppure, allungandosi in avanti, giunge a lambire le sponde dell’eterno rubandone i segreti, in rapidi acconti di felicità” (don Tonino Bello, Maria donna del Sabato Santo).

L’attesa dell’annuncio

In silenzio e in vigile attesa, sostiamo davanti a quel sepolcro. Abbiamo da udire un annuncio indicibile che fa nuove tutte le cose; un annuncio inaudito che dà fondamento alla nostra speranza e la rinvigorisce; un annuncio che supera la impenetrabile barriera della morte e la distrugge. Un annuncio di vita e di resurrezione.

Peter Paul Rubens, elevazione della croce

Vegliamo insieme con Maria, l’addolorata, che dinanzi a quel sepolcro il piange – come tutte le madri – il figlio morto. A lei, con confidenza di figli, ci rivolgiamo e la preghiamo con queste bellissime, struggenti e pregnanti parole:

Santa Maria, donna del Sabato Santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l’ultimo punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.

Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti del passato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. E ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia.

Attesa della Pasqua

Santa Maria, donna del Sabato Santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com’è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.

Ripetici, insomma, che non c’è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c’è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c’è peccato che non trovi redenzione. Non c’è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell’alleluia pasquale” (Ibidem).

Attendiamo l’annuncio gioioso della Pasqua e, quando si ribalterà la pietra del sepolcro, iniziamo immediatamente il nostro pellegrinaggio per le strade del mondo, diventando così da statici e luttuosi personaggi, pellegrini di speranza.

 

Don Roberto Strano