Nell’ambito del mese Ambiente & Biodiversità, si è tenuto presso la sede del CREA il convegno “Resilienza degli agroecosistemi: metodi di adattamento e mitigazione”. L’incontro, avuto luogo ad Acireale, ha offerto un’importante occasione di confronto tra esperti del settore agricolo e forestale sulle strategie per rafforzare la capacità di adattamento degli agroecosistemi ai cambiamenti ambientali, comprendendo eventuali strategie per il futuro nell’ambito dell’agricoltura.
L’ultimo relatore del convegno è stato Salvatore Bella. Entomologo appassionato, divulgatore instancabile, ha il raro dono di rendere affascinante anche un discorso sugli insetti coniugando il tutto all’interno del contesto dell’agricoltura. Con uno stile a tratti teatrale, ha saputo trasformare una lezione tecnica in un racconto coinvolgente, sottolineando un concetto chiave: “La biodiversità è una ricchezza, ma quando è fuori posto può diventare una bomba biologica”.
Insetti e agricoltura: una globalizzazione biologica?
“Non serve più prendere un aereo per trovarsi in mezzo a un ecosistema esotico. È la biodiversità aliena che ormai viene da noi!” – ha esordito Salvatore Bella nel corso dell’evento. Il fenomeno è noto come biological invasion: insetti, funghi, batteri e altre forme di vita trasportate inavvertitamente dall’uomo attraverso merci, piante ornamentali o frutta importata, si insediano in nuovi territori dove non hanno predatori naturali. Il risultato? Devastazioni colturali, malattie delle piante e squilibri negli ecosistemi locali.
“Trent’anni fa era un problema per pochi addetti ai lavori. Oggi invece tutti conoscono la Xylella o il punteruolo rosso delle palme – ha detto Bella – e non per meriti divulgativi, ma perché ne abbiamo subito le conseguenze economiche e ambientali”.

Quando gli insetti diventano invasori invisibili in agricoltura
Secondo quanto spiegato da Bella, l’Italia è ormai diventata un vero e proprio terreno fertile per l’arrivo e la diffusione di specie aliene invasive, con nuove presenze che si insediano nel nostro ecosistema con conseguenze spesso devastanti. “In media, ogni anno registriamo sette nuove specie. Sembrano insettini insignificanti, ma sono in grado di colpire con una precisione quasi chirurgica”, ha sottolineato con preoccupazione.
Un esempio eclatante è quello del punteruolo rosso, insetto originario dell’Asia, che ha distrutto migliaia di palme lungo la penisola. Le sue incursioni hanno trasformato profondamente il paesaggio urbano di molte città, tra cui Palermo e Napoli, dove i viali un tempo fiancheggiati da maestose palme oggi appaiono svuotati e irriconoscibili. Ma non è l’unico. C’è anche la Drosophila suzukii, un piccolo moscerino proveniente dall’Estremo Oriente. La sua azione è subdola e dannosa: riesce a colpire i frutti proprio a ridosso della raccolta, compromettendone completamente la qualità e rendendoli invendibili. Un problema serio, soprattutto per chi lavora nel settore ortofrutticolo.
Infine, ha voluto accendere i riflettori anche su alcuni imenotteri, insetti meno conosciuti ma particolarmente insidiosi. “Sono letali per colture come il pistacchio e il castagno”, ha spiegato, ricordando che si tratta di due produzioni tipiche – e preziose – per regioni come la Sicilia e l’Appennino centrale. Un patrimonio agricolo e culturale che rischia di essere messo seriamente a rischio.
Agricoltura VS insetti: limoni, fichi, viti e castagni in pericolo
Bella ha portato esempi concreti: limoneti infestati da tisanotteri, ficodindia aggrediti da cocciniglie esotiche, castagneti dell’Etna colpiti da galle legnose provocate da imenotteri orientali.
“Queste specie non vengono fermate da nulla. Non riconoscono confini, leggi, né tantomeno barriere doganali. Basta un insetto nascosto in una pianta ornamentale per scatenare un’epidemia agricola”.
La situazione si complica ulteriormente quando queste specie iniziano a convivere con fitopatogeni: funghi, batteri o virus che sfruttano gli insetti come vettori. È il caso della famigerata Xylella fastidiosa, ma anche di altri agenti poco noti che minacciano vite, ulivi e agrumi.
L’entomologo ha spiegato che il problema non è soltanto riconoscere le specie aliene, ma anche comprenderle a fondo, studiarle e individuare contromisure realmente efficaci. Tuttavia, in molti casi si registra una carenza di specialisti. Le specie invasive sono così numerose e in continua evoluzione che persino gli esperti incontrano difficoltà nel monitorarle tutte.
Alcune di queste nuove specie, ha aggiunto, arrivano da regioni come l’Oriente o il Sudamerica senza essere mai state descritte dalla scienza. Non hanno ancora un nome scientifico ufficiale e occorre quindi classificarle, studiarne il comportamento e testarne l’impatto. Particolarmente delicato è anche il tema del controllo biologico. L’esperto ha evidenziato come l’introduzione di un predatore per contrastare una specie aliena possa essere rischiosa: se non è sufficientemente specifico, potrebbe infatti creare ulteriori squilibri ecologici. Eppure, in alcuni casi – come quello del castagno siciliano – questa strategia rappresenta l’unica via percorribile.
Clima e agricoltura: possono andare d’accordo?
Chiaramente, i cambiamenti climatici stanno modificando profondamente gli equilibri naturali: inverni sempre più miti, estati torride e precipitazioni irregolari alterano i cicli biologici delle piante e creano condizioni favorevoli all’insediamento di insetti che, fino a pochi anni fa, non sarebbero mai riusciti a sopravvivere nel nostro territorio. Infatti, tra i solchi dei campi siciliani oggi si combatte una guerra silenziosa: agricoltura contro insetti alieni!
Egli ha osservato come anche una minima variazione delle temperature minime notturne possa rappresentare la soglia decisiva tra la morte o la sopravvivenza di una specie esotica. Purtroppo, ha aggiunto, le attuali tendenze climatiche sembrano tutte favorire la diffusione di questi organismi invasivi.
Il suo messaggio finale è stato un chiaro appello alla responsabilità collettiva. Non si può più considerare la lotta alle specie aliene un problema marginale o che riguarda solo altri. Si tratta di una sfida che va affrontata con anticipo, prima che gli organismi arrivino e si diffondano.
Secondo l’esperto, è fondamentale rafforzare i sistemi di monitoraggio precoce, investire nella formazione di agricoltori e tecnici, implementare controlli più rigorosi sulle importazioni e destinare maggiori risorse alla ricerca entomologica e fitopatologica.
Ha concluso ricordando che, se è vero che gli insetti sono piccoli, le conseguenze della loro presenza possono essere enormi. Per questo, l’unica vera difesa è conoscere, riconoscere e reagire tempestivamente.
Giorgia Fichera