Intervista / Laura Magli, giornalista Mediaset: “Il mio impegno professionale sotto i riflettori”

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Laura Magli

Incrociamo la giornalista di Mediaset Laura Magli per porle delle domande, finita la presentazione, ad Acireale, del suo ultimo libro “Un tesoro chiamato fede”.
E’una donna elegante, dolce e semplice; a parlarle non sembra di essere davanti a una professionista nota. E il suo sorriso a pieni denti le conferisce l’aria di una vera e propria star. Si vede che è una donna abituata a stare sotto i riflettori.
Ma quel che più sorprende, nonostante non lo dia a vedere, è l’umiltà e l’essere con i piedi per terra. Cosa che non ci si aspetterebbe da una donna arrivata ad alti livelli.
Conduce l’intervista con un tono di voce affabile e schietto, senza togliere mai il sorriso.

Quando ha iniziato, dottoressa Magli, a muovere i primi passi nel mondo del giornalismo?

Non sono laureata, il titolo non mi appartiene. La mia carriera da giornalista l’ho iniziata che ero una giovane ragazza, nel 2005, a Retebrescia. Lì ho imparato cosa significa essere giornalista: la responsabilità, la serietà e la fatica che comporta fare questo mestiere. E nel 2011, dopo tanta e tanta gavetta sono finalmente diventata giornalista Mediaset, occupandomi anche di fatti di cronaca di una certa importanza. Che è la rete per cui lavoro tuttora.Laura Magli

Corre voce che lei in passato sia stata anche attrice: vero o no?

Sì, ciò che avete letto è giusto.

Quindi, stando cosi le cose, l’amore per le luci della ribalta lo ha avuto da sempre!?

Non capisco; cosa vuole insinuare?

Voglio dire: nella sua professione, segnatamente da giornalista Mediaset, non sono più i riflettori che l’amore per l’informazione la ragione per cui ogni giorno vi date tanto da fare?

L’amore per le luci da “palcoscenico” c’è, sarei ipocrita a dire il contrario. Il fatto che io mi occupi di televisione corrisponde, comunque, a una mia spinta ad essere sulla scena. Anzi le dirò di più: mia mamma racconta sempre, che quando avevo tre anni a una recita dell’asilo, io volevo a tutti i costi salire sul palco.
Il palcoscenico è il mio habitat, avere una telecamera puntata addosso e un microfono tra le mani per me è naturale. Ma questo si sposa benissimo con la serietà e l’impegno professionali.

Laura Magli è pur sempre una giornalista Mediaset !!

Infatti. Mi piace informare e scrivere.

Il suo libro “Un tesoro chiamato fede” parla, come è facilmente intuibile, di fede: qual è il suo rapporto con la religione?

Guardi, la risposta si ricollega alla domanda posta prima. Dal desiderio di avere le telecamere puntate addosso nasce, poi, l’amore per la parola, l’amore per la verità , per arrivare alla verità autentica: la parola di Dio.Laura Magli giornalista Mediaset

Questo “giro” non le sembra forzato?

No, ovviamente ho fatto un percorso aiutata anche da mio marito.

Quindi, in sostanza, era una di quei cattolici: “Credo ma non pratico”?

A esser sincera io sono sempre andata a messa: quindi non è proprio così. Però ho sempre avuto un grande desiderio di saperne e di capirne di più. C’era qualcosa che mi bloccava: mi impediva di vedere le cose per come erano. Il mio padre spirituale, fratello Emanuele, e suor Maria sono stati un aiuto fondamentale. Due figure che mi hanno permesso di cogliere appieno la figura di Gesù.

Tornando al libro, non le sembra di banalizzare un concetto elevato come la fede in quello che è in fin dei conti un racconto per bambini?

Abbiamo svalutato, con gli anni, la capacità di comprensione e di giudizio dei nostri figli. Convincendoci che certe tematiche non dovessero essere affrontate in tenera età. Io credo, invece, nell’esatto opposto: Gesù è lui stesso che dice ai bambini di venire a lui. Bambini che assistono, su Tik tok, a un flusso di video volgari e stupidi, ed è un fenomeno che non accenna a diminuire. Quindi, parlare di coscienza, tra i più piccoli, penso sia di fondamentale importanza oggi più che mai. Il mio libro è un saggio, come da sottotitolo, per cacciatori di felicità.

Lei, Laura Magli, è una donna felice?

Come la intendo io è la pace: sentirsi a posto con la propria coscienza.

Un ultima domanda per smorzare un po’ i toni: qual è il suo peccato mortale?

Direi la gola, e sono anche smemorata.

Di superbia non c’è traccia?

Nella maniera più assoluta. Parto dal presupposto che siamo tutti uguali: vali per ciò che sei e non per ciò che fai.

E noi vogliamo crederle

                                                                                          Giosuè Consoli