Se c’è una immagine che ci aiuta subito a comprendere la diversità con cui il Signore coglie il senso della grandezza e del potere rispetto al comune sentire, è proprio la presentazione al tempio. Gesto legato alla osservanza della legge di Mosè, che la prevede dopo i quaranta giorni della purificazione. Gesù entra in braccio alla madre, piccolo nella sua grandezza; entra nel modo più semplice possibile, in silenzio. Attorno ai giovani sposi e al neonato è tutto un susseguirsi di preghiere, parole distratte, sguardi rapidi. Anche i sacerdoti del tempio non si rendono conto di quanto sta avvenendo in quel momento: sono guidati, forse, più dall’abitudine che dalla fede. Eppure proprio in quel momento mentre si prega il Signore, lui è proprio lì in carne e ossa: piccolo, stretto tra le braccia di Maria. “Entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate”, leggiamo in Malachia. Va incontro al suo popolo e visita il suo tempio come neonato indifeso. Motivo ricorrente nelle scritture il tema della visita di Dio al suo popolo: “potremmo dire che ‘visita’ è un termine analogo a ‘presenza’, solo che quella sottolinea in modo particolare la condiscendenza dinamica di Dio; questa, invece, la sua condiscendenza permanente, statica”, afferma don Tonino Bello in un suo commento. “La visita infatti è una presenza che si offre in un momento determinato, per comunicare una grazia, una benedizione. Comporta perciò una graduazione di più grande attività: è il tempo di un dono divino più intenso, più efficace”.
Nella pagina del Vangelo, l’incontro con il popolo è rappresentato dai due anziani Simeone e Anna: incontro tra i giovani e gli anziani chiosa Papa Francesco. Ma cosa ci dice Luca di Simeone? È “un uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele, e lo Spirito Santo era su di lui”. Ecco allora l’incontro tra l’anziano frequentatore del tempio e il bambino di soli quaranta giorni, nel quale riconosce colui che porterà a compimento la legge. Bello il cantico di Simeone: “ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo Israele”. Simeone riconosce in quel bambino che accoglie tra le braccia il Signore, cosa che invece i sacerdoti e gli altri frequentatori del tempio non hanno colto. Luca evidenzia così il rischio che nelle nostre preghiere non si cerchi il volto di Dio, ma solo il nostro desiderio e la nostra finta certezza delle cose.
Commenta Francesco: questi due anziani, Simeone e Anna, “sono pieni di vita perché animati dallo Spirito Santo, docili alla sua azione, sensibili ai suoi richiami. Ed ecco l’incontro tra la santa famiglia e questi due rappresentanti del popolo santo di Dio. Al centro c’è Gesù. È lui che muove tutto, che attira gli uni e gli altri al tempio, che è la casa di suo Padre”. Maria e Giuseppe sono due giovani osservanti della legge mosaica e volevano fare ciò che era “scritto nella legge del Signore”.
Singolare incontro, afferma ancora Papa Francesco, “tra osservanza e profezia, dove i giovani sono gli osservanti e gli anziani sono i profetici”. L’episodio evangelico, afferma ancora, “costituisce anche un’icona della donazione della propria vita”, offerta che riguarda “ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a lui mediante il battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia”.
Domenica è anche la giornata della vita consacrata, cioè di coloro che hanno scelto la vita religiosa o monacale, consacrati, anche laici, che “con la professione dei voti appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo”. Lo ricorda il Papa all’Angelus: permette loro di offrire “una testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Totalmente consacrati a Dio, sono totalmente consegnati ai fratelli, per portare la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, profezia di condivisione con i piccoli e i poveri.
Fabio Zavattaro